sabato 24 maggio 2008

Ritorno al nucleare? Indietro tutta

Liberazione, 24 maggio 2008
Storie false e vecchie. Nessuna novità reale
Ritorno al nucleare? Indietro tutta

Gianni Mattioli e Massimo Scalia
Del programma nucleare del governo lanciato con gran clamore di media dal ministro Scajola una cosa positiva si può dire: ha rinunciato a pensare di fare le centrali in Albania, come invece durante la campagna elettorale un fronte bipartisan aveva "virilmente" proposto.
Il programma segue quasi pedissequamente quanto aveva proposto pochi giorni fa l'ad di Edison, Quadrino, in un intervento al Politecnico di Milano. Scontato quindi il plauso di Confindustria, ma l'emozione di Marcegaglia per la sua prima uscita ufficiale non ci fa dimenticare l'ipocrisia di un sistema produttivo che per bocca dei padroni ha pianto per anni gli elevati costi dell'energia, mentre poco o nulla faceva per migliorare l'efficienza energetica di prodotto e di processo.
Come valutare nel merito il programma proposto? Purtroppo il dibattito sul nucleare è ripetitivo, gli argomenti sono sempre gli stessi da oltre vent'anni. E una ragione c'è. Se la Fisica non si inventa qualche cosa di veramente nuovo che rivoluzioni i concetti che stanno alla base del funzionamento di un reattore e investano tutto il ciclo del combustibile nucleare fino alle scorie radioattive, l'ingegneria degli impianti nucleari può apportare solo qualche miglioramento che non sarà in grado di risolvere i problemi che il nucleare ha dalla sua nascita: sicurezza, contaminazione radioattiva, gestione delle scorie più pericolose e di tempi lunghissimi. Ah già, la piccola questione della proliferazione delle armi atomiche, quale ci viene quotidianamente ricordata da Ahmadinejad alle cui spalle sorride sornione Putin.
Questo era bene metterlo subito in chiaro, perché nel linguaggio accomodante o plaudente della grande stampa si finge di prendere per buono, o si prende proprio per buono, che il programma di Scajola-Quadrino abbia a che vedere con reattori innovativi e più sicuri, con il mitico consorzio Generation IV , nel suo porre la "prima pietra" al 2013 per centrali nucleari funzionanti nel 2019.
Allora bisognerà ancora una volta ricordare che questo consorzio, costituitosi nel 2000 per il rilancio del nucleare e al quale il precedente governo Berlusconi non trovò in cinque anni il tempo di aderire, prevede un prototipo industriale non prima del 2025 per una commercializzazione al 2030. Quindi i reattori nucleari di Scajola-Quadrino sono, se va bene, quelli di terza generazione (gli europei Epr). L'unico in costruzione di questa filiera è Olkiluoto 3 in Finlandia e sui primi due anni ha già accumulato il ritardo di un anno, imposto dai doverosi controlli dell'ente di sicurezza, e fruisce di finanziamenti agevolati francesi e di un prestito a tassi di favore di circa tre miliardi di euro dalla Deutsche Bank. Agevolazioni, incentivi pubblici e ritardi nella costruzione: è il dejà vu delle centrali nucleari.
In ogni caso che siano gli europei Epr o gli americani Ap1000, le innovazioni di questi reattori consistono essenzialmente nel tener conto, con circa trent'anni di ritardo, dell'incidente di Three Miles Island. Ma sono anche sufficienti a rivedere in meglio le stime di probabilità sull'incidente catastrofico che i convegni dell'Agenzia delle Nazioni Unite per l'Energia Atomica di Roma e di Columbus (Ohio) del 1985? Lasciamo perdere quello che con compiacente eufemismo viene chiamato "rischio residuo". Per la terza generazione i problemi restano quelli che abbiamo già elencati. E per la quarta generazione è il premio Nobel Carlo Rubbia a giudicare insufficiente il programma. Del resto lui ci aveva provato negli anni 90 con il suo " energy amplifier ", un reattore sottocritico al Torio che affrontava in modo nuovo la questione della sicurezza, si presentava come non proliferante e riduceva il problema delle scorie a "solo" varie centinaia di anni. Ma non si è andati mai al di là di qualche articolo di ricerca scientifica.
E torniamo nel regno della ripetitività. Quanto dura l'Uranio? Lo studio ad hoc dell'Aiea presentato nel 2001 valutava in 35 anni le riserve di Uranio fissile. E dopo? E prima, quando dovrebbero vagire i reattori della quarta generazione, guerre per l'Uranio come quelle per il petrolio?
Quanto costa il kWh nucleare? Anche non contabilizzando gli incentivi, i 5,3 cent di euro dichiarati dalla Francia o i 6,1 stimati dal DoE (Usa) al 2010 la rendono un'energia così a buon mercato? A meno che Marcegaglia e Quadrino non abbiano come consulente Piero Angela, che in un suo Superquark sparava per il kWh nucleare un vergognoso 2 cent. Quadrino poi giurava in un'intervista a Repubblica che i suoi cinque reattori non avrebbero richiesto denaro pubblico. Un vero mago! Pensare che quel pezzente di Crane, l'ad dell'azienda elettrica americana Exelon, affermava che i due reattori che rompono il lungo digiuno di ordinativi interni degli States (dal 1978!) non vedrebbero la luce senza gli incentivi varati da Bush nel 2005 per il nucleare.
Il nucleare si ripropone con tutti i suoi argomenti, invecchiati oltre che falsi. In un Paese in cui il bassissimo livello medio di cultura scientifica può far pensare al trentenne o quarantenne di oggi che il nucleare sia una scelta di progresso, come gli "atomi per la pace" che negli anni '50 cercavano di far dimenticare, e con successo, il fungo atomico di Hiroshima. Così mentre la potenza degli impianti eolici sta decollando in tutto il mondo a ritmi vertiginosi seguita dalle varie tecnologie solari, governo Berlusconi e Confindustria ci vorrebbero regalare un ulteriore ritardo rispetto alla "rivoluzione energetica" dei tre 20% - riduzione della CO2, riduzione dei consumi energetici in virtù di una maggiore efficienza, copertura del fabbisogno con fonti rinnovabili - che sono obiettivi vincolanti per tutta l'Europa. Qualcuno vorrebbe fare affari e soldi su qualche appalto che poi non avrebbe seguito e noi dovremmo continuare a importare le tecnologie della sfida del XXI secolo da Germania, Spagna, Francia e Danimarca?
C'è spazio per una grande battaglia, quella della sostenibilità e di un modello economico, sociale e culturale diverso, proprio a partire dalle scelte energetiche. Una battaglia che si può vincere.


24/05/2008

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