sabato 31 luglio 2010

Due milioni di firme per tre referendum Idv ma i verdi contestano

Due milioni di firme per tre referendum Idv ma i verdi contestano

Il Fatto Quotidiano - del 30/07/10

Sono arrivate due milioni e 200 mila firme raccolte dal movimento di Antonio Di Pietro, dal primo maggio e depositate ieri mattina nel sotterraneo della Suprema Corte per poi essere verificate e certificate nel raggiungimento dei quorum delle 500 mila firme necessarie per andare al referendum. L'ldv chiede tre "no": al ritorno all'energia nucleare, al legittimo impedimento, alla privatizzazione dei servizi idrici. "Il quesito referendario presentato dall'onorevole Di Pietro lascia aperta la porta alla privatizzazione dell'acqua", ha commentato il presidente dei Verdi Angelo Bonelli: "Sull'acqua come bene comune I'Idv ha perso un'occasione: per questa ragione chiediamo ai cittadini di sostenere il quesito presentato dal Movimento per l'acqua pubblica, già sottoscritto da un milione e quattrocentomila cittadini". Invece, per i Verdi "il referendum sul nucleare rischia di fornire un assist formidabile alle lobby energetiche e alle grandi multinazionali e a tutti coloro che lavoreranno (anzi stanno già lavorando) affinché non si raggiunga il quorum".

venerdì 16 luglio 2010

«BENEDETTO NUCLEARE» SPOT ATOMICO DALLE DIOCESI

«BENEDETTO NUCLEARE» SPOT ATOMICO DALLE DIOCESI

l'Unità del 6 luglio 2010

Paola Medde

Il nucleare è cosa buona e giusta. L'undicesimo comandamento suonerebbe così, secondo l'opuscolo dal messianico titolo Energia per il futuro: quarantasette pagine di omelia incondizionata, a favore dell'energia dell'atomo, confezionate dalla MAB.q- agenzia che cura la comunicazione dell'Enel - e distribuite urbi et orbi in allegato con i periodici ufficiali di diverse diocesi italiane, da Oristano a Trento, da Agrigento a Padova. La benedizione atomica, si legge nell'opuscolo, arriverebbe proprio dal Pontefice il quale «ha auspicato l'uso pacifico della tecnologia. nucleare». Nessun dubbio: qualche riga più in là emerge ancora più netto l'orientamento della Chiesa, «la cui posizione ufficiale in materia è stata espressa dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: "La Santa Sede è favorevole e sostiene l'uso pacifico dell'energia nucleare, mentre ne avversa l'utilizzo militare"». Seguono quaranta e più pagine di spot cuciti addosso all'idea che l'atomo sia una scelta salvifica: pulita, sicura, poco costosa, capace di rinfilare l'Italia dentro i tetti fissati dal protocollo di Kyoto. Peccato che se e quando si metteranno in moto i reattori nucleari, l'Italia sarà già in ritardo per il rispetto degli accordi sul clima. Ma tant'è: quale sponsor migliore, per l'atomico made in Italy, di un viatico religioso?
SCOPRI LO SPONSOR I giornali delle diocesi prendono le distanze dai contenuti: non sono stati loro a redarre l'opuscolo, si sono limitati a ospitarlo come una, pubblicità, anche se in nessuna pagina sta scritto che si tratta di un'inserzione a pagamento e men che meno da chi è finanziata. Per capire chi in realtà abbia firmato questa operazione di sdoganamento catto-nucleare, facendola passare per un'obiettiva e asettica informazione, bisogna scivolare fino all'ultima pagina. Qui, nel retrocopertina, si scopre che a curare la pubblicazione è stata tale MAB.q, ermetica sigla dietro cui si nasconde l'agenzia di comunicazione di Egidio Maggioni, responsabile del Centro Tv Vaticana, che nel suo portafoglio clienti vanta un intero filone religioso - Radio Vaticana, Fondazione Giovanni Paolo Il per lo Sport, Teleradio Padre Pio, Azione Cattolica, Comune di Lourdes ma anche nomi di peso come Fondazione Cariplo, Regione Lazio ed Enel. Enel, appunto, che della torta nucleare si accaparrerà una fetta consistente: suoi quattro degli otto reattori che sorgeranno in Italia. L'Ente nazionale energia elettrica, nell'opuscolo figura più o meno come una comparsa nei titoli di coda, sfuggente, pressoché invisibile: risulta aver messo a disposizione solo il suo archivio fotografico ed offerto la collaborazione di un suo esperto, ma è intuibile chi abbia ispirato il progetto, attraverso il suo braccio operativo Sviluppo Nucleare Italia. Ed è intuibile che MAB.q sia l'anello di congiunzione tra, l'Enel e la Chiesa. Del resto, quando Radio Vaticana aprì le porte alla pubblicità, è stato proprio il gigante dell'energia elettrica l'inserzionista di punta. Quanto abbia fruttato l'allegato ai periodici diocesani non è dato sapere: alcuni di loro, di fronte alle proteste dei lettori, si sono affrettati a prendere il largo dai contenuti e a giustificare la, scelta con le difficoltà economiche causate dall'abolizione delle tariffe postali agevolate per la stampa. Nessuna smentita o distinguo sono arrivati invece dal Vaticano, a cui non potrebbe essere sfuggita una strumentalizzazione, se di questo si trattasse, delle parole del Papa, a cui viene attribuita una netta posizione pro-nucleare. Singolare, e chissà quanto casuale, è poi notare che nella geografia scomposta della distribuzione del libretto compaiano alcuni fra i territori più accreditati per l'installazione delle centrali come Oristano, che si candida a ospitare un impianto nella piana di Cirras, e Agrigento, dove designato sarebbe il centro di Palma di Montechiaro. Qui, semmai dovessero sorgere, i reattori saranno avviati con tanto di aspersione dell'acqua santa.

martedì 6 luglio 2010

CAORSO EMBLEMA DEL NO AL NUCLEARE

CAORSO EMBLEMA DEL NO AL NUCLEARE

La Gazzetta del Mezzogiorno del 6 luglio 2010

Nella seconda metà di giugno è partito perla F rancia l'ultimo treno contenente gli ultimi elementi di combustibile irraggiato della centrale nucleare di Caorso, a 40 anni dal suo travagliato avvio. Negli anni '60 in Italia erano state costruite tre piccole centrali nucleari di potenza fra 200 e 300 Megawatt, di tre diversi modelli, vissute per alcuni anni con molti inconvenienti e incidenti. Nella seconda metà degli anni '60 il governo decise di autorizzare l'Enel a costruire una centrale più grande, della potenza di 860 megawatt elettrici. Il «combustibile» era costituito da uranio «arricchito» al 3% nell'isotopo fissile uranio-235. Per la localizzazione fu scelto Caorso, un paesino fra Piacenza e Cremona, in una zona agricola poco abitata, nella golena del Po, in modo da utilizzare, per raffreddare il condensatore delle turbine, l'acqua del più grande fiume italiano: 32 metri cubi al secondo, restituita al fiume ad una temperatura di una diecina di gradi superiore.
UNA CENTRALE NATA E VISSUTA MALE -Negli ultimi anni '60 la contestazione ecologica era all'inizio; ci si cominciò ad accorgere dell'esistenza di «Caorso» quando cominciarono i lavori, a partire dal gennaio 1970, con una vivace immigrazione di lavoratori meridionali. Le fondamenta della centrale affondavano nella falda sotterranea di acqua che cominciò a penetrate nell'edificio; fu costruito un muro di impermeabilizzazione, ma, per difetti di costruzione, l'acqua ha continuato a infiltrarsi nei locali più bassi e ha dovuto essere continuamente pompata via. Il reattore della centrale ha cominciato a fornire calore nel dicembre 1977; la prima elettricità è stata immessa nella rete nel maggio 1978; la produzione commerciale è cominciata nel 1981. Mentre era in corso questo faticoso avviamento, nell'aprile 1979 si verificò il primo grave incidente nucleare alla centrale americana di Three Mile Island. Per una interruzione della circolazione dell'acqua di raffreddamento si ebbe un surriscaldamento del reattore, con fusione parziale del nocciolo e formazione di una bolla di gas idrogeno (la centrale è ancora chiusa): l'incidente destò una grande impressione in tutto il mondo. Nonostante le critiche e i dubbi emersi sulle condizioni delle centrali italiane e in particolare di quella di Caorso (il testo della relazione è pubblicato nel «Notiziario Cnen», febbraio 1980) i1 governo italiano decise di far continuare il funzionamento della centrale. La fine del nucleare in Italia si ebbe nel 1986 quando esplose la centrale ucraina di Chernobil; in quel marzo la centrale di Caorso era ferma per manutenzione, e la «grande paura» indusse a sospenderne il funzionamento. Il curriculum di Caorso non è stato molto,brillante: dal 1981 al 1986 ha prodotto circa 29 miliardi di chilowattora di elettricità, meno della metà di quella prevista. Nel novembre 1987, dopo innumerevoli dibattiti, un referendum popolare abrogò gli articoli di legge che consentivano la prosecuzione delle attività nucleari e la povera centrale di Caorso fu chiusa.
SCORIE RADIOATTIVE IN FRANCIA E RITORNO -Nel 1990 fu decisa la disattivazione dell'impianto, un insieme di operazioni complicate perché una centrale nucleare non muore mai, si lascia dietro una coda di sostanze radioattive, velenose e pericolose. I cilindri di «combustibile irraggiato», periodicamente estratti dal reattore, vengono posti per alcuni anni in speciali piscine nelle quali si aspetta che una parte della radioattività diminuisca spontaneamente. Dopo la chiusura di Caorso sono rimaste 1032 barre di combustibile irraggiato, contenenti 187 tonnellate di elementi radioattivi che nessuno sapeva dove mettere. Lentamente la turbina e una parte dei macchinari sono stati smontati e venduti come rottami (in parte radioattivi), e gli elementi di combustibile sono stati avviati in treni sotto altissima protezione (l'ultima spedizione, appunto, pochi giorni fa) nello stabilimento francese di La Hague dove vengono sottoposti a trattamenti chimici per separare il plutonio e gli altri elementi «a lunga vita radioattiva» dal materiale meno pericoloso. Il contratto prevede che i materiali più radioattivi vengano riportati in Italia, entro una ventina di anni, come scorie ad alta attività, da sistemare non si sa dove. Vale la pena ripercorrere questa pagina della storia dell'energia nucleare e dei suoi errori in un momento in cui il governo intende costruire alcune centrali nucleari e in cui sta per aprirsi un dibattito su dove collocarle. Tale storia mostra fra l'altro che in Italia non esistono dei luoghi geologicamente stabili e sicuri da alluvioni, esenti da terremoti, vicini a una grande massa di acqua di raffreddamento, lontani da città e vie di comunicazione, in cui mettere delle centrali nucleari e tanto meno seppellire per secoli e millenni le scorie radioattive esistenti e quelle che torneranno in patria. Non è proprio il caso di produrne delle altre.