mercoledì 19 maggio 2010

"Catena umana contro il nucleare nel Lazio"

"Catena umana contro il nucleare nel Lazio"

La Repubblica - ed. Roma del 19 maggio 2010

Una catena umana contro il nucleare nel Lazio. L’idea, lanciata sul social network Facebook, ha già raccolto cinquemila iscritti, che hanno deciso di aderire al gruppo nato sulla scia della catena umana,
con 120 mila persone, messa in piedi a fine aprile in Germania tra le centrali di Brunsbuettel e Kruemmel. «Bisogna innescare anche nel Lazio una reazione a catena per fermare la follia nucleare spiega Guglielmo Abbondati, fondatore del gruppo di Facebook- dove ben due sarebbero i siti previsti nella lista stilata dall’Enel, per ora ancora tenuta riservata.
Chiediamo a tutti di aderire al gruppo di facebook per costruire insieme, unendo le nostre braccia, una catena umana da Borgo sabotino a Montalto di Castro».

lunedì 10 maggio 2010

Il risiko delle nomine attorno all'atomo

Il risiko delle nomine attorno all'atomo

Affari & Finanza (La Repubblica) del 10 maggio 2010

Massimo Minella

Il primo tassello è andato a posto. Ma ne restano altri cinque per completare il mosaico del nucleare pubblico italiano. Perché il ritorno italiano all’atomo è ancora tutto da discutere, al di là delle dichiarate volontà del governo Berlusconi, ma le poltrone, quelle, sono già pronte. E sono tutte pesanti e strategiche per chi vuole governare la complessa partita energetica, anche dopo l’uscita di scena del ministro allo Sviluppo Economico Claudio Scajola, grande sostenitore del ritorno tricolore al business nucleare. In gioco, infatti, ci sono i vertici dell’Authority per l’Energia, in scadenza a fine anno, ma anche quelli dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, ancora da costituire ma già contesa per la sede e per la politica
che ne rivendica la leadership.
E poi restano sempre aperte le grande partite dell’Enea e della Sogin, commissariate dallo scorso anno, per chiudere con la Siet, controllata Enea e anch’essa con il consiglio in scadenza. Ma andiamo per ordine, perché qualcosa si è già spostato sullo scacchiere pubblico. La prima mossa, infatti, è stata fatta nei giorni con il rinnovo dell’intero consiglio di amministrazione della "Nucleco", società che fa capo a Sogin (per il 60%) e all’Enea (per il restante 40%) specializzata nella gestione dei rifiuti radioattivi. Una decina di giorni fa, il consiglio in scadenza, guidato dal presidente Francesco Troiani e dall’amministratore delegato Lamberto D’Andrea, si era presentato all’assemblea dei soci, consegnando un bilancio inutile per 1,3 milioni di euro.
Gli azionisti avevano ringraziato, ben contenti della cedola, ma avevano evitato di fornire indicazioni sul nuovo consiglio. Tutto faceva pensare a una proroga, in attesa delle decisioni. E le dimissioni di Scajola dal dicastero che sovrintende alla nomina degli amministratori (il Tesoro ha le azioni, ma è lo Sviluppo Economico il referente operativo di queste società) non faceva che corroborare questa tesi. E invece, a sorpresa, giovedì mattina i rappresentanti in assemblea di Sogin ed Enea hanno presentato la lista dei consiglieri: tutti nuovi, tranne uno, Pietro Canepa, docente di Chimica all’Università di Genova, ex sindaco forzista del piccolo comune di Bogliasco, nella Riviera di Levante, fedelissimo di Claudio Scajola, promosso da consigliere a presidente. L’amministratore delegato, invece, è un uomo di provata fede leghista, Paolo Mancioppi. Nel consiglio ha trovato spazio anche Stanislao Chimenti, avvocato, titolare di uno studio insieme al parlamentare pidiellino Donato Bruno, che già difese Stefano Ricucci, nella vicenda Magiste, e Mediaset nella causa civile che il gruppo sostenne contro la Rai per la trasmissione Satyricon. Un consiglio blindato politicamente, insomma, per la guida di una società di medie dimensioni (ricavi per 17 milioni di euro, 164 dipendenti), ma considerata uno snodo centrale per il rientro dell’Italia nel nucleare, anche per il suo patrimonio professionale e perla sua capacità di competere nel difficile mercato del’ decommissioning" italiano.
Si tratta adesso di sistemare le altre caselle, a cominciare dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas. E’ qui che il confronto è più serrato e che si tenterà una mediazione politica fra maggioranza e opposizione. L’Authority, al momento, è retta dalla coppia Alessandro Ortis (presidente) Tullio Fanelli (consigliere), con tre posti vacanti, proprio per l’incapacità di trovare una mediazione su come completare un consiglio che dev’essere votato dalle commissioni parlamentari competenti con una maggioranza dei due terzi.
Tradotto: visto che la scadenza naturale del consiglio è a fine anno, senza l’accordo fra centrodestra e Pd non si combina nulla. Nelle mani del centrosinistra c’è quindi una carta non certo di poco conto, che si può far valere per arrivare a soluzioni condivise ed estese, a questo punto, anche alle altre società del nucleare pubblico italiano. Nella partita entrano così le due realtà commissariate, Sogin ed Enea, le controllate più piccole (Siete Fn) i cui consigli scadono a fine mese con l’approvazione del bilancio 2009, e l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare. Proprio quest’ultima giocherà un ruolo da protagonista nella ripartenza (annunciata) del nucleare nostrano.
Da mesi, ormai, slitta l’annuncio del governo sulla sede dell’agenzia e sulla composizione del vertice che sarà formato da un presidente più quattro consiglieri e un direttore generale. L’indicazione dev’essere condivisa fra i ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, ma l’uscita di scena di Scajola rischia di allungare ancora i tempi delle decisioni. Oltretutto, la Liguria, con Genova sede di realtà come Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare, coltivava legittime ambizioni per diventare sede dell’Agenzia, forte anche del sostegno promesso da Scajola, in alternativa a Milano e a Venezia (sostenuta in campagna elettorale dal ministro Renato Brunetta).
Per quanto riguarda la presidenza, invece, proprio nella logica di una scelta condivisa, nelle scorse settimane era circolato con insistenza il nome del professor Maurizio Cumo, un luminare della materia, già nominato due volte in passato dai governi di centrosinistra alla presidenza della Sogin. Ma proprio su quest’ultima società la politica si trova a fare i conti con una situazione di quasi totale empasse. Fra il commissario Francesco Mazzuca ed il suo vice Giuseppe Nucci, infatti, non parrebbe esserci grande sintonia e la questione sarebbe già al vaglio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
Altrettanto complessa la situazione in casa Enea, anch’essa commissariata e affidata a Giovanni Lelli, ex direttore generale, considerato anch’esso vicino all’ex ministro Scajola.
Chiudono la partita due altre aziende, piccole ma molto interessanti dal punto di vista tecnologico: la Siet e la Fn. La prima è una società di Piacenza che ha l’Enea come azionista di riferimento (ma nel capitale ci sono anche Enel, Ansaldo Energia, Politecnico di Milano e fallimento Belleli Holding), che ha in mano lo sviluppo di un vero e proprio "gioiellino" tecnologico, il reattore Iris, di nuova generazione e di piccola taglia, invidiato da tutti, ma per il quale, per uno dei tanti paradossi italiani, non si riescono a trovare i fondi per completare le ricerche.
La seconda è la Fn, ex Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo, ora riconvertita ad altre tecnologie energetiche.

domenica 2 maggio 2010

Il problema nucleare di Zaia

Il problema nucleare di Zaia

Il Fatto Quotidiano del 28 aprile 2010

Nicola Brillo

Sul tavolo del nuovo governatore del Veneto Luca Zaia finiranno presto due grane energetiche. Ed entrambe portano dirette in Polesine. Qui infatti prosegue la battaglia tra i comitati ed Enel, a colpi di proteste e azioni legali, contro la riconversione della centrale da olio a carbone, simile a quella di Civitavecchia fermata nei giorni scorsi. La centrale di Polesine Camerini (Rovigo) è anche al centro della nuova inchiesta della magistratura rodigina che ha indagato i vertici dell’Enel, passati e attuali. Proprio queste zone sono maggiormente indiziate per ospitare una delle cinque centrali nucleari promesse dal governo Berlusconi. Durante la campagna elettorale della Lega Nord in Veneto la parola "nucleare" è stata bandita: tutti gli annunci parlavano di "autonomia energetica" ed "energia pulita". E anche il governatore Zaia, che a Roma aveva dato via libera al ritorno in Italia del nucleare, in Veneto è stato perentorio: "La regione la sua parte l’ha già fatta. Con il rigassificatore al largo delle sue coste, e con la riconversione al carbone di Porto Tolle". Ma in molti sembrano non credergli. Per primi i Verdi che avevano reso nota la lista dei possibili siti nucleari, con la zona di Rosolina-Chioggia (dove Venezia confina con Rovigo) tra le prescelte. La lista è stata smentita da Enel che, con i francesi di Edf, si occuperà della costruzione delle centrali.
Ma in un recente incontro organizzato dai Radicali a Padova, gli amministratori delegati delle più importanti multiutility del Nord Est, interessate al business, hanno dato per scontato la realizzazione di due centrali: una in Veneto e l’altra in Friuli-Venezia Giulia. "Se il governatore Zaia non manterrà le promesse elettorali di un Veneto senza centrali nucleari spiega Michele Bortoluzzi (Radicali) -qui sarà rivolta". Dal Polesine "potremmo togliere definitivamente il cartello ‘Parco regionale del Delta del Po’ e
mettere quello di ‘Parco Energetico Nazionale’, vista la presenza di 28 centrali energetiche", commentano dai comitati del Polesine riunitisi di recente in un network. Intanto le aziende del Nord Est legate al business nucleare si preparano.
Venticinque società, per la maggior parte vicentine, hanno preso parte al "Supply chain meeting", l’incontro organizzato da Enel e Confindustria a Roma per le aziende interessate al programma nucleare. Berlusconi prevede di accendere la prima centrale già nel 2020. E l’ex governatore Giancarlo Galan ha messo l’ultima firma importante, prima di lasciare Palazzo Balbi, al via libera al programma per la riconversione a carbone "pulito" della centrale di Polesine Camerini. L’impianto, che attende ora l’approvazione della Conferenza dei servizi, comporterà investimenti pari a circa 2,5 miliardi di euro per la produzione di 1.980 Mw Enel verserà decine di milioni di euro agli enti locali per l’”ospitalità”: Nella centrale, che sarà riattivata nel 2016, lavoreranno 750 persone, tra dipendenti diretti e indotto.
I cittadini che abitano a ridosso della centrale lamentano però altri numeri. La centrale Enel mangerà 3,750 milioni di tonnellate di carbone all’anno, più calcare per 13 mila tonnellate. Sarà rifornita da 60 navi carbonifere l’anno provenienti dall’Istria. Una nave-deposito in Adriatico da 100 mila tonnellate sarà ancorata a 4 miglia dalla costa e sarà attivato un sistema di chiatte che rifornirà i forni della centrale. Il viaggio inverso lo farà invece il calcare di risulta, impiegato nei filtri desolforatori dopo il processo di filtraggio dei fumi, per un totale di 225 mila tonnellate l’anno di gesso che verrà poi mandato
nei cementifici. Per far funzionare la centrale serviranno inoltre 2,8 milioni di metri cubi d’acqua per il raffreddamento dei condensatori. Poi c’è la produzione di ceneri derivanti dalla combustione del carbone,
stimata in circa 412 mila tonnellate l’anno.