giovedì 19 marzo 2009

Morire per l’Enel. Centrali nucleari: il Governo ha nascosto la verità

Gianfranco Ballardin

Morire per l’Enel. Centrali nucleari: il Governo ha nascosto la verità
Sugarco Edizioni, Milano, 1979

li Governo ha nascosto la verità al Parlamento e al Paese. « Le centrali nucleari sono arcisicure “, ripetono in coro gli esperti di regime, con la complicità pressoché totale dell’establishment scientifico, Invece, anche in Italia, incidenti ce ne sono stati, ma sono stati occultati all’opinione pubblica. L’energia nucleare è, beninteso, una realtà. Su questo non c’è alcun dubbio. Negli Stati Uniti le centrali nucleari in funzione forniscono già 40.000 megawatt di energia elettrica (pari a 40 centrali da 1000 megawatt, come quella che l’Enel vuole installare a Montalto di Castro), ossia circa l’8% del consumo globale.
Negli altri paesi del mondo l’energia nucleare produce circa 35.000 megawatt di energia elettrica.
Mentre gli attivisti del PCI e i “ tecnici del consenso” nobilitati da Ippolito e Barca battono le campagne per spiegare agli italiani che l’energia nucleare è arcisicura, i più autorevoli rapporti americani spiegano invece con ben altra autorevolezza scientifica che nel caso di un grosso incidente occorrerebbe evacuare un’area di 750 chilometri quadrati. Per fare un esempio, se scoppiasse un grosso incidente nucleare nella centrale che l’Enel ha incominciato a costruire a Montalto di Castro, in Maremma, occorrerebbe evacuare nel giro di poche ore tutta Roma. Se invece dovesse scoppiare un grosso incidente nella centrale nucleare di Caorso, in provincia di Piacenza, ai confini con la Lombardia, entrata da poco in funzione, Occorrerebbe evacuare l’intera popolazione di Milano.
In un paese disastrato come l’italia con quali camion, con quali mezzi, con quali criteri verrebbe evacuato, nel giro di poche ore, qualche milione di persone? Rendendosi conto della enormità dl questi rischi gli amministratori comunali dl Caorso, anche alla luce dei fatti di Seveso, si sono pentiti amaramente dl avere accettato, sia pure obtorto collo, di ospitare le centrali dell’Enel.
Ad esempio ben pochi amministratori comunali italiani sanno che una centrale elettronucleare da 1000 megawatt (che è la taglia prescelta per le centrali italiane, come quella di Montalto di Castro) produce in un anno la radioattività dl 1000 bombe atomiche tipo Hiroshima. Finché tutto va a gonfie vele, non c’è nessun rischio. Ma nel caso di un grosso incidente, è la catastrofe. Un disastro capace di cancellare dalla mappa delle regioni abitate intere zone come il Lazio o la Lombardia.

Dalla quarta di copertina.

Il governo ha nascosto la verità al Parlamento e al Paese. « Le centrali nucleari sono arcisicure “‘, ripetono in coro gli esperti di regime, con la complicità pressoché generale dell’establishment scientifico. Invece, anche in Italia, incidenti ce ne sono stati, ma sono stati occultati all’opinione pubblica dalla grande stampa, che dopo alcuni sprazzi di spregiudicatezza e di indipendenza è tornata ad essere sensibile alle veline e alle telefonate da Roma. Nella centrale nucleare del Garigliano (provincia di Caserta) scoppia un filtro, seminando radioattività nelle campagne circostanti. Silenzio assoluto. L’opinione pubblica viene tenuta all’oscuro. La centrale di Trino Vercellese (provincia di Vercelli) resta ferma per tre anni per un guasto che avrebbe potuto trasformarsi in una catastrofe. Segreto assoluto. A Saluggia, in provincia di Vercelli, dove opera un impianto pilota di «riprocessamento» (che è considerata una delle operazioni più complesse e pericolose della tecnologia moderna, tanto è vero che impianti del genere operanti nel mondo si contano sulla punta delle dita) prende fuoco l’edificio dell’ex reattore «Avogadro », che stanno trasformando in deposito di combustibile. La popolazione viene tenuta completamente all’oscuro, e non scatta nemmeno il piano di emergenza. L’avvio della centrale nucleare di Caorso, in provincia di Piacenza, è stato caratterizzato da una serie di difetti negli impianti del circuito di raffreddamento (se durante il funzionamento di una centrale nucleare si ferma il circuito di raffreddamento è la catastrofe, temuta dai filonucleari di tutto il mondo), mentre in precedenza c’erano state delle infiltrazioni di acqua: silenzio assoluto, mentre ognuno di questi episodi, se non fosse stato scoperto in tempo, avrebbe potuto provocare una tragedia. Alla Trisaia, situata nella piana del Metaponto, in Basilicata, tutto è pronto per creare un deposito nazionale di scorie radioattive ad alta attività, che dovranno essere difese dall’esercito o dalla polizia per migliaia di anni. Le scorie radioattive ad alta attività, come ben sanno tutti gli esperti, restano estremamente pericolose per moltissimi secoli.

Da pagina 7




Nucleare governativo e militarizzato

Il Manifesto, 6 marzo 2009
* OPINIONI | di Daniele Rovai *
Nucleare governativo e militarizzato
L'Italia rientra nel club dei paesi nucleari. Lo aveva promesso il centro destra se avesse vinto le elezioni. Sembra non disdegnarlo il centro sinistra che quelle elezioni le ha perse. L'unica cosa certa è che sarà un nucleare governativo e militarizzato.
Proprio quando la nuova presidenza statunitense intende farsi carico del surriscaldamento del globo favorendo lo sviluppo delle energie rinnovabili, tanto da aver promesso in campagna elettorale di creare nel giro di dieci anni 5 milioni di posti di lavoro nel settore dell'energia pulita e di arrivare a un taglio delle emissioni di C02 dell'80 per cento entro il 2050, l'Italia sta studiando come far ripartire l'avventura nucleare interrotta nel 1987 per volontà popolare con un referendum.
Proprio nei giorni che il presidente Barack Obama taglia l'aumento di cinquecento milioni di dollari, fortemente voluto dalla lobby nucleare per finanziare i suoi progetti di rinascita, al piano da cinquanta miliardi destinato a garantire i prestiti per i progetti a basse emissioni di gas serra, l'Italia ripartirà con una seconda avventura atomica senza aver ancora smaltito le scorie ereditate dalla prima. Si tratta di ventotto mila metri cubi di rifiuti radiaottivi (che diventeranno centomila mila metri cubi con lo smantellmento delle vecchie centrali) e di duecentoottantasette tonnellate di combustibile nucleare irraggiato. Rifiuti nucleri stoccati da vent'anni nei nove siti (quattro centrali e cinque laboratori) costruiti tra gli anni Sessanta e Settanta lungo la penisola. Rifiuti radioattivi che ancora non si sa come smaltire e che si è preferito dimenticare per anni in vecchi depositi ormai obsoleti e non più a norma costruiti a pochi metri dagli argini dei fiumi.
L'avventura ripartità grazie a un Disegno di legge dal titolo: «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» che il 3 ottobre scorso è arrivato al Senato dopo essere stato discusso e approvato in prima lettura alla Camera. Disegno di legge che dopo l'accordo «nucleare» raggiunto martedì 24 febbraio da Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy il governo vorrebbe porter far diventare legge al più presto. E' grazie a questo Disegno di legge, nato per aiutare le imprese a uscire dalla crisi economica, che la maggioranza potrà far rientrare l'Italia nel club dei paesi nucleari. Un'insalata russa di articoli che mettono sullo stesso piano la disciplina dei consorzi agrari (art. 4), l'incentivazione per l'internazionalizzazione delle imprese (art. 6) e la delega al governo per la scrittura della normativa nucleare (art. 14); una sarabanda di norme che serviranno a contrastare la contraffazione (art. 10), a favorire l'emittenza locale (art. 13) e a far nascere l'Agenzia di sicurezza nazionale (art. 17), chiaramente governativa.
Un Disegno di legge che permetterà anche all'Esercito di avere propri impianti nucleari per la «valorizzazione ambientale» dei suoi terreni e per «soddisfare le proprie esigenze energetiche» (art. 22, comma 1). E' vero che si parla di impianti energetici in genere ma in un contesto che tratta solo impianti nucleari il passo è breve. Nello specifico: l'esercito potrà affidare in concessione o in locazione le sue infrastrutture e i beni del demanio (militare) a quei privati che vorranno costruirci impianti energetici (art. 22, comma 1) potendo partecipare alla costruzione di quegli stessi impianti stipulando «accordi con imprese a partecipazione pubblica o privata» (art. 22, comma 3). Avremo il primo esercito nucleare al mondo! Un nucleare governativo, prevaricatore e militarizzato perché se anche dice come la scelta dei siti nucleari sarà fatta con il parere degli enti locali e del Parlamento (art. 15, comma 1) il governo potrà, a suo insindacabile giudizio, dichiarare quei siti «area di interesse strategico nazionale» assoggettandoli «a speciali forme di vigilanza e di protezione» (art. 14, comma2, lettera a) e «in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese» sostituire nella decisione gli enti locali grazie all'articolo 120 della Costituzione (art. 14, comma 2, lettera f).
Poco importa se l'articolo 120 della Costituzione prevede che questa possibilità si possa usare solo in «caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali» oppure quando «lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali». Troverà sicuramente un modo «creativo» per ovviare al problema.
E l'opposizione come ha reagito a questa particolare rinascita atomica voluta dal centro destra? Nel modo peggiore: dividendosi tra chi accetta di discutere di nuclere e chi al nucleare chiude la porta.
Dice «sì» al nucleare Matteo Colaninno che alla fine della discussione del Disegno di legge alla Camera afferma come il suo partito, il Partito democratico, sia «risultato essenziale per l'istituzione dell'agenzia, originariamente non prevista dal governo senza la quale nessuna discussione seria sull'uso dell'energia nucleare sarebbe credibile».
Dice invece «ni» Ermete Realacci che durante quella discussione al momento di votare sull'Agenzia dichiarerà l'astensione del suo partito, il Partito democratico, spiegando come «un grande paese industrializzato come l'Italia deve avere una Agenzia nucleare degna di questo nome» ma che questa volontà non deve essere spacciata «per un consenso al tipo di scelta nucleare che il governo vuole fare».
L'unico «no» netto e deciso lo ha detto la delegazione radicale nel Partito democratico che ha reputato l'Agenzia e quel Disegno di legge lo «smantellamento di quanto si era prodotto di buono dopo il referendum sul nucleare».
* fisico

venerdì 13 marzo 2009

il nucleare francese e’ un fallimento

da: radicali.it
Nucleare, Zamparutti: il nucleare francese e’ un fallimento

Roma, 12 marzo 2009

Elisabetta Zamparutti, deputata radicale eletta nelle liste del PD, sull’accelerazione del progetto italo-francese per il nucleare in Italia annunciato dal Ministro Scajola, ha presentato un’interrogazione parlamentare - firmata anche da tutti i componenti la delegazione radicale - sulle gravi difficoltà industriale e finanziaria in cui versa il nucleare francese.

E. Zamparutti ha dichiarato:



“Indubbiamente la crisi ha provocato perdite generalizzate ma se il nucleare fosse realmente il faro dell’avvenire le società del settore dovrebbero trarne comunque positivi effetti. Il caso francese dimostra invece l’esatto contrario, in un settore sostenuto tutto da denaro pubblico. Il cantiere EPR di Areva in Finlandia, che dovrebbe servire da modello per il nucleare italiano di terza generazione, è un vero e proprio disastro.

Se il Piano di rilancio economico di Obama non stanzia nemmeno un centesimo per il nucleare, mentre l’industria atomica, francese compresa, si aspettava 50 miliardi di dollari di investimenti, mi chiedo perché mai dobbiamo andare noi in soccorso dei dissesti finanziari ed industriali d’oltralpe invece di puntare ad un grande piano di efficienza energetica.”



Segue testo dell’interrogazione



Al Presidente del Consiglio e

Al Ministro dello Sviluppo economico





Premesso che:



il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il Presidente francese, Nicolas Sarkozy, hanno firmato un accordo di cooperazione che prevede lo sviluppo di centrali nucleari in Italia e in Francia;



il Presidente Sarkozy ha dichiarato nel corso della conferenza stampa che: "Il nucleare ci permetterà di collaborare attivamente con l'Italia, è qualcosa di storico per i due Paesi, quindi per il 2020 bisognerà sviluppare in maniera massiccia centrali nucleari e nessuna persona deve assolutamente porre veti a una decisione che è molto importante, è fondamentale per Italia e la Francia";



EDF e Areva si trovano in una grande difficoltà industriale e finanziaria: secondo la rete ambientalista “Sortir du nucléaire” Areva è alla ricerca di circa 3 miliardi di euro per cercare di tenere in equilibrio il bilancio 2009 dopo che lo scorso 25 novembre è stata costretta ad annullare il suo progetto di sfruttamento della miniera di uranio Midwest; il cantiere EPR di Areva in Finlandia, avviato nel febbraio 2005, che dovrebbe servire da modello per il nucleare italiano di terza generazione, è un vero e proprio disastro: 38 mesi di ritardo nella costruzione, 2,4 miliardi di euro di penalità richieste dai finlandesi ai francesi per un reattore venduto a 3 miliardi di euro e che in realtà ne costa già ora 5,4.. in attesa che i lavori proseguano; a gennaio la Siemens ha annunciato che abbandonerà il progetto, prendendo alla sprovvista Areva che ora deve trovare altri 2 miliardi di euro per rimpiazzare le quote detenute dal suo vecchio partner;


Areva è stata rovinosamente colpita anche sul mercato americano: il Piano di rilancio economico di Obama non stanzia nemmeno un centesimo per il nucleare, mentre l’industria atomica si aspettava 50 miliardi di dollari. La stragrande maggioranza dei progetti nucleari Usa era già congelata e per quelli che restano Areva dovrà affrontare una concorrenza all’ultimo sangue, visto che ci si gioca la sopravvivenza, con la concorrenza nippo-americana di Westinghouse/Toshiba e di General Electric/Hitachi. Puntando tutto sul “rinascimento” nucleare propagandato da Bush, Areva aveva investito su un mercato nucleare Usa che si sta rivelando

giovedì 12 marzo 2009

PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO RELATIVO ALLA COSTRUZIONE DI CENTRALI NUCLEARI SUL TERRITORIO

PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO RELATIVO ALLA COSTRUZIONE DI CENTRALI NUCLEARI SUL TERRITORIO

IL CONSIGLIO COMUNALE DI REGGIO EMILIA

Premesso che:

- in occasione del recente accordo Italia-Francia sul nucleare il governo Italiano ha dichiarato la volontà di avviare iniziative finalizzate al ritorno dell’Italia al nucleare, con la costruzione di ben 10 centrali nucleari sul territorio nazionale;

- i siti di queste eventuali centrali, 5 delle quali al Nord, non sono ancora stati individuati.

Ricordato:

- che l’otto novembre 1987 la volontà delle cittadine e dei cittadini italiani contro il nucleare si espresse con il voto referendario;

- che come conseguenza del referendum citato, a partire dal 1989 l’Italia chiuse tutti i propri impianti nucleari;

- che l’Italia conserva ancora oltre 23.000 metri cubi di materiale radioattivo proveniente dalle vecchie centrali disattivate;

- che in Europa esistono ancora 148 impianti nucleari funzionanti (e una parte di esse nell’ex Unione Sovietica) e oltre 1000 siti con materiali radioattivi;

- che l’energia nucleare soddisfa solo una percentuale ridotta dal fabbisogno energetico mondiale: il 6% dell’energia commerciale nell’Unione Europea e circa il 2% nel resto del mondo;

- che l’energia nucleare non riduce la dipendenza dell’Unione Europea dall’importazione di energia, poiché tutto l’uranio necessario alla fabbricazione del combustibile nucleare deve essere importato;

- che l’uranio con cui sono alimentate le centrali nucleari, è presente in poche aree del mondo in quantità appena sufficienti ad alimentare le attuali 440 centrali per i prossimi 70-80 anni.


Considerato:

- che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha calcolato che l’esplosione del reattore nucleare n.4 della centrale di Chernobyl, nel 1986 ha prodotto un livello di radioattività 200 volte superiore a quello dell’effetto combinato dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki;

- come a tutt’oggi non si siano realizzati nel mondo livelli accettabili di sicurezza per le popolazioni, come dimostrano i numerosi gravissimi incidenti, che dal disastro di Chernobyl in poi si sono ripetuti;

- che se è vero che nel 2005, per la prima volta in 15 anni, è stato avviato un
unico cantiere per la costruzione di un nuovo impianto in Finlandia, nello stesso anno due centrali sono state chiuse in Germania e in Svezia;

- che l’Inghilterra, negli ultimi anni, ha privatizzato 5 centrali nucleari ritenendole antieconomiche;

- che le centrali nucleari producono ingenti quantità di scorie altamente radioattive il cui smaltimento non ha ancora trovato soluzione poiché non esiste un sistema in grado di garantire lo stoccaggio sicuro e definitivo dei rifiuti altamente radioattivi;

- che le centrali nucleari rappresentano obiettivi sensibili per attacchi terroristici;

- che allo stato attuale il rilancio del nucleare non è realistico in quanto non intrinsecamente sicuro, economicamente redditizio e, soprattutto, non se ne possono governare gli esiti e in ogni caso i tempi di realizzazione di eventuali strutture non risulterebbero comunque compatibili con le esigenze attuali del Paese;

- che le centrali nucleari sono straordinariamente consumatrici di acqua potabile che verrebbe così sottratta al consumo civile.


Ribadito:

che il nostro Paese sconta un grave ritardo sia nella pianificazione di interventi tesi a renderlo autonomo in termini di produzione dal punto di vista del fabbisogno energetico sia nello sviluppo delle energie rinnovabili e pulite come su politiche di risparmio e di efficienza energetica.

IL CONSIGLIO COMUNALE DI REGGIO EMILIA


Ritenendo:

inopportuno che si investa su una fonte di energia obsoleta e altamente pericolosa e dai costi elevatissimi nelle diverse fasi di costruzioni degli impianti, di produzione di energia e di messa in sicurezza delle scorie radioattive


invita in Governo ed il Parlamento italiano

- a rispettare la volontà espressa sull’elettorato con il Referendum dell’8 novembre 1987, di non intendere percorrere alcuna strada che preveda un ritorno a forme di utilizzo del nucleare per la produzione di energia in Italia;

- a proseguire le politiche di sviluppo dell’utilizzo delle fonti rinnovabili, avviate dal Governo Prodi, fino a raggiungere entro i prossimi cinque anni almeno il raddoppio dell’attuale produzione ottenuta oggi e le iniziative per il risparmio e l’efficienza energetica;

- a partecipare anche in sede internazionale alla ricerca sulla produzione di energia sostenibile, al fine di ottenere una riduzione degli impianti sull’ecosistema nelle diverse matrici ambientali (terra, acqua, aria e suolo) della produzione di energia;

- a mantenere l’impegno nella ricerca come previsto in alcuni recenti accordi internazionali sottoscritti dal precedente Governo con numerosi Paesi che propone studi sul nucleare di quarta generazione sull’idrogeno;

- ad adottare decisioni chiare, concertate e condivise con le popolazioni locali su come gestire le scorie radioattive e il combustibile nucleare italiano riprocessato all’estero. Attuando prioritariamente, con tempi certi, la messa in sicurezza dei siti nucleari italiani.




Dichiara

IL TERRITORIO DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA INDISPONIBILE PER LA COSTRUZIONE DI CENTRALI NUCLEARI

Reggio Emilia, 09 marzo 2009


Rovacchi Giuliano
Capogruppo Consiliare dei Verdi di Reggio Emilia

martedì 10 marzo 2009

Il grande inganno dell'energia nucleare

Il grande inganno dell'energia nucleare

Corriere della Sera del 10 marzo 2009, pag. 34

Dacia Maraini

Si torna al nucleare. Decidendo per le scelte monumentali, contro scelte meno pompose ma più concrete e razionali: il grandioso ponte di Messina anziché le strade, gli acquedotti e le ferrovie che in Sicilia sono mostruosamente in ritardo e in condizioni pietose. Le centrali nucleari che comportano spese immense e mastodontiche costruzioni contro i più modesti ma sicuri investimenti sul solare o sull`eolico. Un argomento poco dibattuto, su cui si sofferma Angelo Baracca nel suo bel libro L`Italia torna al nucleare? è che le centrali producono solo energia elettrica. Ma l`elettricità costituisce un quinto dei consumi totali. Più dell`80% dell`energia che serve per trasporti e agricoltura non è elettrica. Quindi, anche costruendo venti centrali nucleari saremmo sempre costretti a importare petrolio e uranio. Anche la Francia, il paese d`Europa più nuclearizzato, importa petrolio, ancora più che l`Italia. Quindi chi dice che costruiamo centrali per renderci indipendenti dalle importazioni di combustibile fossile, mente, o dà fumo negli occhi. L`argomento cardine è che comunque le energie alternative non sarebbero sufficienti. La risposta è che se non si investe non c`è ricavo. La Spagna in un anno ha creato impianti eolici per 3500 megawatt, pari a due centrali nucleari e mezzo. E la Germania a sua volta produce più del 30% della sua energia attraverso il solare. Andiamo ai tempi di costruzione, che sono lunghi e ai costi che sono altissimi. Proprio nel nostro Paese, dove per costruire un pezzo di autostrada ci si mette dieci anni, cosa succederà con le centrali di cui ancora non sappiamo nemmeno dove dovrebbero essere impiantate? Si parla di 15 0 20 anni. Questo significa che quando sarà pronta la prima delle tante annunciate le tecnologie nucleari saranno già obsolete. Inoltre le centrali hanno bisogno di materiale (cemento e acciaio) raffinato e di grande qualità. In un Paese come il nostro in cui si scoprono continuamente imbrogli sul materiale per costruire case e scuole, dove la mano delle organizzazioni criminali si infila con tanta disinvoltura nei lavori pubblici, possiamo stare sicuri? Per non parlare delle scorie che nessuno sa dove seppellire, soprattutto in un Paese ad alto rischio sismico e geologico, ad alta densità di popolazione come il nostro. Ricordando che il plutonio per uso civile ha una durata di contaminazione che dura 24.360 anni. Se si osserva una carta delle centrali nucleari in costruzione si vede che solo la Bulgaria, l`Ucraina, la Finlandia e la Russia sono in procinto di costruirne di nuove. Tutti gli altri paesi, fra cui Germania, Belgio, Olanda, Gran Bretagna, Spagna, Svizzera, Svezia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca stanno intelligentemente investendo su energie rinnovabili e pulite. «La tecnologia nucleare francese, che da qualche anno ha difficoltà a scovare nuovi mercati - dice Emma Bonino - ha trovato l`Eldorado in Italia con la commessa di ben 4 nuovi-vecchi impianti». E ragionevole spendere venti miliardi di euro per produrre il 5% di energia del Paese?

lunedì 9 marzo 2009

Dal sole più luce e costi ridotti

Dal sole più luce e costi ridotti

Il Sole 24 Ore del 9 marzo 2009, pag. 13

Paolo Migliavacca

Mentre l`Europa riscopre in massa il nucleare - dall`Italia che ha appena deciso di realizzare quattro centrali di modello francese di terza generazione, a Gran Bretagna, Germania e Svezia, che tornano sui loro passi ripensando alla costruzione di nuovi impianti o dilazionando ulteriormente la chiusura dei vecchi - c`è una fonte di produzione di elettricità che sembra destinata a un futuro più che brillante: l`energia solare. In attesa che si renda disponibile il fotovoltaico spaziale (negli Usa si sta pensando a satelliti capaci di reinviare sulla Terra l`energia solare), alla fine dell`anno scorso questo tipo di energia ha superato per la prima volta la fatidica barriera dei lomila MW di capacità installata su scala mondiale, per un giro d`affari di circa 15 miliardi di dollari. L`Agenzia internazionale per l`Energia (lea) stima però che, nel 2030, il 9% di tutta l`elettricità mondiale sarà generata dal sole, quota che Greenpeace Europe eleva addirittura al 13,8. Sempre per quella data, la Iea prevede che la capacità installata salirà a 1.864 GW, con una produzione di 2.646 TWh distribuita a 1.280, milioni di utenti, un giro d`affari totale di 454 miliardi di dollari e un potenziale di 10 milioni di posti di lavoro creati. Un futuro tutto roseo, dunque, per l`energia solare? Il sospetto che le cifre previsionali possano essere gonfiate dall`ottimismo è compensato dal fatto che i progressi tecnologici del settore risultano molto rapidi, con margini di miglioramento ancora amplissimi. E ciò vale sia per il solare fotovoltaico destinato a ridurre a fondo la domanda delle utenze domestiche - sia per il termico. Grazie alla diffusione di centrali produttive di taglia comparabile a quelle di altri impianti termoelettrici o elettronucleari ma, soprattutto, all`adozione dapprima dell`olio e poi di soluzioni di sali fusi come liquido termoconvettore, quelli che fino agli anni 90 apparivano impianti confinati alla produzione di acqua calda per abitazioni si stanno rivelando un`ottima soluzione per generare elettricità.

Le maggiori centrali in corso di costruzione nel mondo hanno una capacità installata di 300-600 MW. Inoltre, il continuo miglioramento delle tecnologie adottate sta cancellando uno dei principali ostacoli che ne ha finora confinato la collocazione in zone scarsamente abitate: la superficie molto vasta a lungo richiesta dagli specchi che catturano la luce solare è in via di costante riduzione e l`area interessata da queste centrali è ormai paragonabile a quella di un impianto a combustibili fossili o nucleari. La maggiore taglia degli impianti sta inoltre riducendo il divario, finora cospicuo, nei costi di produzione. Se già oggi un impianto solare termico è competitivo là ove mancano le strutture di produzione e trasmissione tradizionali (in sostanza, la situazione di molti Paesi della riva sud del Mediterraneo), la Epia (European Photovoltaic Industry Association) stima che entro il 2015 tutta l`Europa meridionale potrà produrre energia a costi competitivi con le altre fonti. E previsione analoga vale per la California, stato leader negli Usa per quanto riguarda il solare termodinamico: dagli attuali 10-13 centesimi/kWh si pensa di poter scendere a 5 entro il 2012-2015. Il tema dei costi di produzione e delle agevolazioni tariffarie è cruciale anche in Italia per lo sviluppo del settore. Le norme attualmente in vigore riconoscono per 25 anni una tariffa che incentiva la generazione di elettricità da impianti solari termici. L`obiettivo nazionale è di raggiungere una potenza nominale installata di 200 MW entro il 2016, con una superficie totale di 2 milioni di metri quadrati di pannelli. La grande speranza per l`Italia è però il "Progetto Archimede", ideato dal premio Nobel Carlo Rubbia, che prevede la costruzione, presso la centrale Enel di Priolo Gargallo (Siracusa), di un impianto sperimentale da 28 MW (la prima tranche del quale, da 5 MW, sarà ultimata l`anno venturo), realizzato da Enel ed Enea, che utilizza il solare termodinamico integrato con un ciclo combinato di gas. Il potenziale produttivo di questa centrale è stimato in 114 GW/h per chilometro quadrato, valore che raddoppia a 275 GW/h sulla riva sud del Mediterraneo.

Lettera - No al nucleare, meglio le energie rinnovabili

Lettera - No al nucleare, meglio le energie rinnovabili

il Gazzettino del 9 marzo 2009, pag. 9

Michele Boato

Berlusconi ha firmato con Sarkozy un`intesa pesantissima sia dal punto di vista economico che ambientale, con l`assurda idea di un ritorno al nucleare in Italia, proprio all`indomani del voto del suo definitivo abbandono anche negli Stati Uniti. Attualmente sono ancora in costruzione le prime 2 centrali nucleari Epr una in Finlandia, dove i costi sono schizzati dai 3 miliardi di euro preventivati a 5,5 miliardi, con 38 mesi di ritardo nei lavori, ed una in Francia,dove la centrale di Flamandville (con partecipazione Enel) ha subìto ripetute interruzioni perla scarsa qualità nei lavori. Ci raccontano che, grazie alla tecnologia Epr, il volume delle scorie radioattive (uno dei problemi irrisolti del nucleare) si dovrebbe ridurre del 30%. Ma non si precisa che le scorie prodotte dà queste centrali sono molto più radiattive di quelle degli impianti classici, e pongono insormontabili problemi tecnici per il loro smaltimento, come risulta dal rapporto 2008 dell`azienda di trattamento delle scorie radioattive, la finlandese Posiva. Naturalmente saranno i cittadini a sostenerne i costi economici ed ambientali. Ci si chiede: cosa aspetta il governo italiano, invece di continuare a sperperare denaro pubblico in tecnologie obsolete e pericolose, ad imboccare la via dell`efficienza e delle energie rinnovabili?

lunedì 2 marzo 2009

Nucleare: ciò che stiamo decidendo è adeguato alle grandi strategie e ai livelli della ricerca internazionale o è già un sistema di retroguardia

Nucleare: ciò che stiamo decidendo è adeguato alle grandi strategie e ai livelli della ricerca internazionale o è già un sistema di retroguardia?

Corriere adriatico del 2 marzo 2009, pag. 1

Fulvio Cammarano

Sulla questione del “ritorno” al tema delle centrali nucleari, come soluzione al fabbisogno energetico del Paese, si possono fare mille considerazioni di merito, ma sarebbe prima opportuno farne una, preliminare, di metodo. Come ci apprestiamo ad affrontare un simile decisivo argomento? Come si formerà, a ventidue anni dalla consultazione referendaria, che disse “no” al nucleare in Italia con oltre l’80% dei favorevoli, una nuova opinione pubblica sul tema? All’epoca la scelta venne influenzata emotivamente dal clima di paura sorto dopo l’incidente di Chernobil, a fronte di un’informazione carente e di conflitti tra grandi interessi economici di cui i cittadini non ebbero alcun sentore. Oggi si rischia, sia pur in senso opposto, di scegliere secondo gli stessi parametri: scarsa informazione, pressione emotiva (per le costanti difficoltà nell’approvvigionamento del gas russo) e affari colossali su cui sarebbe opportuno saperne di più.



E come allora, “non si fanno prigionieri”: non c’è spazio per il dubbio, come conferma il ministro per le attività produttive Scajola che in un’intervista ha definito “sciagurato” il referendum del 1987 confermando però indirettamente, con l’elogio alla sicurezza delle attuali centrali di nuova generazione, che quelle di allora non erano poi così sicure. Sappiamo che il “discorso” politico, in generale, procede per spot, manifestando solo grandi certezze che non di rado si trasformano in triste sicumera. Ci sono però questioni su cui anche le esigenze della retorica politica dovrebbero fare un passo indietro. Una di queste riguarda il modo di far fronte al problema dell’approvvigionamento energetico. Ecco dunque perché, prima ancora del merito, è importante accordarci sul metodo per orientarci in una realtà, quella dell’energia nucleare, dove chi cerca di semplificare e parlare per slogan apocalittici, in un senso o nell’altro, sta già disinformando. Sarebbe invece necessaria una seria campagna d’informazione a partire dai programmi Tv. Se la dirigenza televisiva è riuscita, come sembra, nel difficile compito di rianimare Sanremo, dovrebbe, senza difficoltà, essere in grado di gestire una efficace informazione su un tema appassionante e drammaticamente importante per tutti noi come quello dell’energia. Come cittadini vorremmo sapere di più sulle scelte di politica energetica, sulla lotta politica che le determina, sui centri di potere che stanno dietro affari miliardari. Vorremmo sapere i pro e i contro del metodo in auge, quello della fissione nucleare, ma anche come funzionano gli altri sistemi, a cominciare da quello della fusione nucleare, e sulle ragioni per cui non se ne parla più. Si tratta di riflessioni importanti perché la scelta che stiamo per compiere, oltre a incidere sulla sicurezza dell’ambiente, determinerà una linea di politica economica e un modello di sviluppo che influenzeranno per decenni la nostra società. Ciò che stiamo decidendo in nome del nucleare è adeguato alle grandi strategie e ai livelli della ricerca internazionale o è già un sistema di retroguardia? E soprattutto, a che punto siamo con la sicurezza che in ambito nucleare, ormai lo sanno tutti, non significa solo produzione senza incidenti, ma anche smaltimento delle scorie radioattive? Insomma i temi sarebbero tanti e tanti sarebbero anche i competenti in materia. Perché allora non si costruisce una vera politica dell’informazione, una serie televisiva sul nucleare, sul format “Report”-“Quark”, tanto per intenderci? Perché non far intervenire scienziati che sanno di cosa parlano? Nessuno di noi, ovviamente, crede nella “neutralità” della scienza, tuttavia dati fattuali presentati da competenti, per quanto controvertibili, rappresentano un buon punto di partenza per farsi un’opinione.



Quello che andrebbe invece evitato è il dibattito tra politici travestiti da tecnici sul modello di quanto accaduto a “Porta a porta” poche sere fa, in cui il confronto tra il ministro Scajola e l’esponente di Rifondazione Ferrero si è risolto in una sorta di sagra paesana delle opinioni “un tanto al chilo”. Eccone un passaggio emblematico. Ferrero: “…la centrale nucleare dura una ventina d’anni”; Scajola: “di più”; F.: “no, no stiamo a una ventina d’anni di attività”; S.: “Ma no”; F.: “mi spiace, tutte le statistiche lo dimostrano”; S.: “Non sarebbero economiche”; F.: “Infatti, non sono economiche”; S.: “Lo dice solo lei”; F.: “Solo l’intervento dello stato…”; S.: “Ma se tutti i paesi del mondo le stanno costruendo ci sarà un motivo e non saranno tutti fessi”; F.: “Non è vero che tutti i paesi del mondo le stanno costruendo”; S.: “ci sono 45 centrali in costruzione nel mondo in questo momento”; F.: “C’è il problema di come smaltire le centrali dopo 20-25 anni che sono anch’esse radioattive”. A questo punto, Vespa passa la parola al presidente dell’Autorità per l’energia che cambia discorso. Ecco fatto: l’informazione è servita. Dormite pure tranquilli.