sabato 26 giugno 2010

E sul nucleare la sfida resta aperta "Il governo dia la lista dei siti"

E sul nucleare la sfida resta aperta "Il governo dia la lista dei siti"
VENERDÌ, 25 GIUGNO 2010 LA REPUBBLICA - BARI

La Consulta deve esaminare altri due ricorsi

Contestato il giudizio del ministro Fitto soddisfatto dalla decisione

La battaglia sul nucleare non è persa del tutto. Ne sono convinti alla Regione Puglia dopo la bocciatura dei ricorsi delle Regioni contro la legge delega. Davanti alla Corte costituzionale, intanto, ci sono ancora altre due sfide che vedranno contrapposti governo e Regione Puglia: quella sul ricorso della Regione contro il decreto Scajola del 15 febbraio che fissa i criteri per individuare i siti e l´altra che nasce dal ricorso del governo contro la legge regionale che attribuisce alla Regione l´ultima parola in caso di contrasto con il governo sull´individuazione di un impianto nucleare.
I partiti e i gruppi regionali legati a filo doppio con il governatore Nichi Vendola, Sinistra Ecologia e Libertà, "La Puglia per Vendola" e Verdi, blindano il no al nucleare. Michele Losappio, capogruppo di Sel, incassa e rilancia: «Sfidiamo il governo a comunicare l´elenco dei siti che ospiteranno le centrali e i depositi di scorie nucleari». Sfida aperta soprattutto a Raffaele Fitto, il ministro pugliese degli Affari regionali, che aveva espresso soddisfazione per la sentenza dei giudici costituzionali. «Abbia il coraggio di chiarire senza ulteriori indugi dove dovranno sorgere gli impianti ponendo fine a tattiche dilatorie e a presunte furbizie - attacca Losappio - vedremo allora se e quanto la nostra Regione sarà coinvolta in questa avventura sciagurata».
Per Angelo Disabato a capo del gruppo "La Puglia per Vendola", «chi oggi volesse il nucleare in Puglia lo farebbe contro il buon senso e le giuste ragioni delle comunità pugliesi. La nostra dignità, la nostra salute, la nostra qualità della vita, il nostro turismo, non sono in vendita e non hanno prezzo».
Angelo Bonelli, il leader dei Verdi, ieri a Bari per presentare con il coordinatore pugliese del movimento ambientalista, Mimmo Lomelo, la campagna per promuovere la raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sull´efficienza energetica delle fonti rinnovabili, non è convinto che la sentenza della Consulta sia troppo penalizzante per le dieci Regioni che hanno sfidato il governo: «Bisogna essere molto cauti e attendere le motivazioni. La partita sul nucleare è tutt´altro che chiusa. Anche perché il nucleare costa e lo si vuole realizzare con soldi pubblici con l´aggravante - insiste Bonelli - che i costi di queste centrali ricadrebbero inevitabilmente sui cittadini le cui bollette aumenterebbero del 15%». Lomelo, che era nella giunta Vendola nella passata legislatura, ha ricordato che «la Puglia ha scelto di puntare sulle energie rinnovabili e ha ribadito all´unanimità la propria scelta di dire no al nucleare nè a Mola nè a Nardò nè in qualsiasi località».
(p. r.)

venerdì 25 giugno 2010

"SUL NUCLEARE DAREMO BATTAGLIA"

"SUL NUCLEARE DAREMO BATTAGLIA"

La Discussione del 18 giugno 2010

«Siamo pronti a fare questa battaglia dinanzi alla Corte Costituzionale perché pensiamo che in questo caso si mescoli la competenza sulle materie energetiche a quelle sulla materia sanitaria. Contestiamo una legge i cui effetti possono essere catastrofici sulla salute dei cittadini». Così il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, rispondendo ai cronisti a margine di un convegno in corso a Roma, a Palazzo Valentini, dedicato al tema del nucleare, al quale hanno preso parte, tra gli altri, Emma Bonino e il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti. «Finché non c’é alcuna sicurezza sul tema dello smaltimento delle scorie nucleari - ha chiarito il Governatore - finché ci troviamo di fronte ad atteggiamenti da ciarlatani che immaginano un nucleare sicuro che non esiste in alcuna parte del mondo, credo che abbiamo il diritto di reagire con estrema durezza su quello che consideriamo un rischio, tanto più perché nel caso specifico della Puglia parliamo di una Regione che già produce energia sovrabbondante che viene regalata al sistema Paese: la Puglia regala 1’83% dell’energia che produce trattenendo per sé il 17% Vendola ha sottolineato che «la Puglia è disponibile a continuare ad implementare la propria forza produttiva di energia, ma non è disponibile a beccarsi né un rigassificatore, né le centrali nucleari».

Cade l’ultimo ostacolo per il ritorno al nucleare

Cade l’ultimo ostacolo per il ritorno al nucleare
Opinione.it, 24 giugno 2010

RIGETTATI I RICORSI

di redazione opinione

Dopo che la Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili cade anche l’ultimo ostacolo di rilievo per il ripristino dell’atomo in Italia. Ora, il primo passo necessario ad avviare la fase di ritorno dell’Italia al nucleare sarà quello di scegliere i siti che ospiteranno le centrali. Operazione per la quale, secondo il governo, ci vorranno circa tre anni. I criteri per la scelta sono stati dettagliati più volte: l’European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese - quello che sbarcherà in Italia - richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate. Non a caso il decreto legislativo varato dal Consiglio dei ministri a dicembre, che mira a indicare le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari, indica una serie di parametri ambientali, fra cui popolazione e fattori socio-economici, qualità dell’aria, risorse idriche, fattori climatici, valore paesaggistico e architettonico-storico. Secondo il decreto, i siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, intorno ai 10 milioni di euro l’anno, destinati sia agli enti locali che ai residenti nelle zone in questione. Fra i nomi che puntualmente ritornano, al di là delle dichiarazioni contrarie di alcuni presidenti di Regione, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti, poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume. Fra i luoghi più papabili, anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell’acqua di mare.

Nucleare, cinque aree per le centrali. Da Pianosa a Follonica: la mappa toscana delle zone indicate dal Cnen

Nucleare, cinque aree per le centrali. Da Pianosa a Follonica: la mappa toscana delle zone indicate dal Cnen
MAURIZIO BOLOGNI
VENERDÌ, 25 GIUGNO 2010 LA REPUBBLICA - FIRENZE

Resta ancora valida la valutazione sui requisiti realizzata negli anni Settanta dagli scienziati

La mappa, vecchia di 31 anni, è sempre la stessa. L´ha disegnata nel 1979 il Cnen, il Comitato nazionale per l´energia nucleare. Indica le aree idonee a ospitare le centrali nucleari. Quelle zone hanno infatti i requisiti minimi richiesti dagli scienziati per poter ospitare gli impianti: scarsa densità abitativa, abbondante presenza di acqua, basso rischio sismico. E in quella mappa, riportata d´attualità dal verdetto della Corte Costituzionale che mercoledì ha bocciato i ricorsi di dieci Regioni tra cui la Toscana contro il decreto legislativo del governo per il nucleare in Italia, ci sono cinque aree all´interno della Toscana. Aree a forte vocazione turistica, di pregio ambientale, sottoposte a vincoli naturalistici. Lì potrebbero sorgere le nuove centrali nucleari.
C´è, neppure a dirlo, l´isola di Pianosa, nel cuore del Parco nazionale dell´arcipelago, eppure da anni al centro di svariati progetti che non vanno propriamente nel segno di svilupparne i forti connotati naturalistici. Se n´è parlato per riaprirvi un carcere. Se n´è parlato perché al centro delle pericolose rotte del petrolio. E persino perché al largo della costa c´è chi chiede di poter cercare l´oro nero. Ora viene indicata come possibile sito di centrale nucleare. Altre zone indicate dalla mappa del 1979 sono la zona costiera a nord di Piombino fino a Cecina e quella a sud di Piombino fino a Follonica. Quarta zona possibile: quella costiera di Grosseto. Quinta: la zona a nord e sud del Monte Argentario.
Il governo Berlusconi, che dalla fine dell´anno scorso ha riaperto la partita per la costruzione in Italia delle centrali nucleari, non ha mai smentito che quella mappa sia ancora oggi la bussola che orienterà la scelta dei siti. Ci hanno provato in molti a schiodare il governo per cercare di sapere. Invano. «Ho idea di quali siano i possibili siti ma non li rivelerò nemmeno sotto tortura» ha detto l´amministratore dell´Enel Fulvio Conti, che anche in Toscana svolge un´azione di promozione della bontà della scelta nucleare. A gennaio, poi, Ermete Realacci, il parlamentare del Pd che ha tirato fuori dal cassetto la mappa del 1979, ci ha provato con un´interrogazione a scalzare il governo. «La risposta è stata imbarazzata, evasiva» dice Realacci. «Ma i requisiti richiesti ai territori per ospitare le centrali sono quelli di 31 anni fa, c´è quindi motivo di temere che il governo ritenga ancora valido il lavoro svolto dal Cnen nel 1979. Oltretutto - aggiunge Realacci, contrario al nucleare - per costruire le centrali servono tempi lunghi e i costi sono alti. Gli italiani pagano ancora in bolletta ogni anno 400 milioni di euro per smaltire le scorie del vecchio nucleare».
Sulla sentenza della Corte Costituzionale, ieri è intervenuto l´assessore all´ambiente, alla tutela e all´energia della Regione. «Ci riserviamo una valutazione approfondita, che sarà possibile quando saranno rese note le motivazioni della sentenza. Mi sembra però una occasione mancata» ha detto Anna Rita Bramerini. «La Consulta - ha aggiunto - riconosce alle Regioni le competenze in materia di governo del territorio. Sarà questo il terreno su cui potremo lavorare e confrontarci, come ha affermato Adolfo Urso, vice ministro allo Sviluppo economico, in uno spirito di leale e fattiva collaborazione tra le istituzioni. Verificheremo la volontà del governo alla prova dei fatti. Ritengo inoltre che il tema debba essere portato all´attenzione della Conferenza Stato-Regioni. Il quadro politico-istituzionale infatti è in questi mesi molto cambiato».

giovedì 24 giugno 2010

NUCLEARE, REGIONI RESPINTE. LA CONSULTA DICE NO AI RICORSI.

NUCLEARE, REGIONI RESPINTE. LA CONSULTA DICE NO AI RICORSI.

Il manifesto del 24 giugno 2010

Claudio Magliulo

E così il nucleare si farà. Lo ha deciso ieri la Corte costituzionale, respingendo i ricorsi presentati
da dieci regioni sulla legge delega del 2009 che sanciva il ritorno al nucleare italiano. Lazio, Umbria, Basilicata, Toscana, Calabria, Marche, Molise, Puglia, Liguria ed Emilia-Romagna avevano sollevato profili di incostituzionalità per alcuni elementi della legge. In particolare i ricorsi si concentravano sull’assenza di un’intesa con le regioni interessate dalla scelta dei siti, sulla possibilità per il governo di dichiarare i siti «aree di interesse strategico nazionale» e sulla procedura che prevedeva un’autorizzazione unica ministeriale per la costruzione, l’esercizio e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, senza consultare la regione interessata. La Consulta ha però ritenuto che i quesiti fossero in parte «inammissibili» e in
parte «infondati».
«Mi sembra strano - commenta a caldo l’avvocato Manzi, che ha discusso la causa giusto l’altro ieri - Il poco tempo che hanno impiegato per decidere potrebbe indicare non un rifiuto nella sostanza. Almeno per i questi dichiarati inammissibili, la Consulta potrebbe aver indicato un’interpretazione costituzionalmente orientata’ che salvaguardi la legge, imponendo di applicarla in un certo modo, per esempio estendendo i momenti di consultazione delle regioni. Ma siamo nel campo delle ipotesi. Aspettiamo che la sentenza sia depositata».
Dopo il referendum del 1987 con il quale i cittadini italiani hanno deciso di interrompere l’esperienza nucleare appena iniziata, più volte si era sfiorato l’argomento, considerato ancora «tabù» da molti. Silvio Berlusconi e il suo allora ministro Claudio Scajola non hanno avuto dubbi, invece, e pochi mesi dopo le elezioni del 2008 hanno rilanciato l’opzione nucleare. Con la sponda dell’amministratore delegato di Enel, Paolo Scaroni, all’epoca in giro per l’est Europa a fare shopping di vecchie centrali sovietiche. La legge delega del febbraio 2009, però, aveva scatenato l’accesa reazione di quasi tutti i presidenti di regione, oltre alle proteste dei comitati no-nucleare e delle associazioni ambientaliste, Greenpeace in testa Nichi Vendola aveva dichiarato: «Se vogliono piazzare una centrale in Puglia, dovranno venire coni carrarmati». Non è stato necessario: gli è bastata una pronuncia della Corte costituzionale. Le reazioni non si sono fatte attendere. Il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, in visita al reattore di Flamanville, Francia, ha espresso soddisfazione: «La decisione della Corte Costituzionale di rigettare l’impugnativa delle regioni sulla legge delega per il nucleare fuga ogni dubbio sulla legittimità dell’impostazione del governo su questo tema chiave per lo sviluppo del paese». Prestigiacomo ha spiegato di aver già parlato con Berlusconi, chiedendo di accelerare sull’avvio dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, e che avrebbe incontrato Umberto Veronesi ed Emma Bonino per «un franco
confronto sul questa sfida». Esprime apprezzamento anche il ministro degli affari regionali Raffaele Fitto, due volte battuto da Nichi Vendola in Puglia, e chiaramente felice di poter ricambiare con una bella centrale nucleare nel Tavoliere.
«La sentenza della Corte costituzionale - ha dichiarato- conferma il principio della competenza nazionale su questioni dalle quali dipende il futuro del paese nel suo complesso oltre che dei singoli territori. E’ evidente che le prese di posizione, inutilmente polemiche, di alcuni presidenti di regione si dimostrano finalizzate solo a strumentalizzazioni politiche». I Verdi prendono atto della decisione della Consulta, ma ritengono che la partita sia aperta: resta ancora in campo il ricorso contro il decreto attuativo della
legge. «Intanto - ha aggiunto il presidente Angelo Bonelli - il governo non ha ancora avuto il coraggio di dire agli italiani i siti dove intende costruire le centrali atomiche. Ma non riuscirà a farle perché la mobilitazione popolare glielo impedirà». E alla società civile si appella anche l’Italia dei Valori: «Come volevasi dimostrare il referendum è l’unica arma per bloccare la costruzione delle centrali nucleari. Al di là della sentenza della Consulta, questo progetto del governo rimane un obbrobrio».
Ma il Pd, neanche a dirlo, già sì dichiara «pronto a discutere».

Chi imparerà ad amare la bomba?
La domanda adesso è: dove le faranno queste centrali? Da mesi circolano voci molteplici, ma una certezza c’é: i requisiti della tecnologia scelta, il cosiddetto nucleare di terza generazione, al secolo Epr, reattore pressurizzato europeo. La tecnologia francese richiede, infatti, zone poco sismiche, vicinanza
a grandi bacini d’acqua per il raffreddamento dei reattore, e preferibilmente la lontananza da zone
densamente abitate. Di posti che incontrino almeno i primi due requisiti in Italia non ce ne sono molti. Il toto-siti è angosciante, e il dito viene puntato innanzitutto sui luoghi che già ospitarono le centrali pre-referendum: Caorso (provincia di Piacenza) e Trino Vercellese (Vercelli). Ma tra le scelte possibili ci sono anche Montalto di Castro (Viterbo), per la sua disponibilità di acqua salata e le reti elettriche già installate per la megacentrale. Secondo altri sarebbero papabili anche Monfalcone (Gorizia), Porto Tolle (Rovigo) e Chioggia (Venezia) sul delta del Po, Scanzano fonico (Matera) e Oristano. Un boccone amaro per qualunque sito sarà scelto nella «provincia denuclearizzata», dove si affilano da tempo armi e denti. Anche là dove il centro-destra governa ed è egemone. Secondo il governo ci vorranno almeno tre anni per operare una scelta difficile: meglio comunicare ai condannati la sentenza prima o dopo le elezioni?

martedì 22 giugno 2010

"DEVONO MANDARE I CARRI ARMATI PER FARE LE CENTRALI NUCLEARI"

"DEVONO MANDARE I CARRI ARMATI PER FARE LE CENTRALI NUCLEARI"

La Gazzetta del Mezzogiorno del 18 giugno 2010

Alessandra Flavetta

«Il nucleare è la carta vincente?». Se lo chiedono l’Associazione «Luca Coscioni» e i radicali, che ieri ne
hanno discusso a Roma in un convegno. Il presidente della Puglia Nichi Vendola, a margine del convegno, è stato perentorio: «Il nucleare in Italia si può fare solo con i carri armati, cioè con un modello di militarizzazione del territorio».
Un «no» secco, quindi, alle ipotesi di una centrale nucleare e di un rigassificatore in Puglia. Ha specificato di considerare meno dispendioso intervenire sulla dispersione di energia nella rete, «pari al 18% in Italia, più dell’energia che possono produrre due o tre centrali nucleari». Puntare sull’uranio è «la danza macabra delle lobby mondiali». Il governatore pugliese ha fatto esplicito riferimento al solare («voglio creare un habitat urbano che sia fornito direttamente dall’energia solare»). «Siamo disponibili - ha aggiunto - a aumentare la produzione di energia ma non siamo disponibili a beccarci nè un rigassificatore nè una centrale nucleare».
La Puglia - ha specificato Vendola - «già regala l’83% dell’energia al sistema Italia e ne trattiene per sè soltanto il 17%». Una legge, quella del governo, che il presidente pugliese considera dagli «effetti catastrofici sulla salute dei cittadini». Per questo «siamo pronti a fare battaglia di fronte alla Corte costituzionale», e per questo «abbiamo diritto a una reazione di estrema durezza». Le centrali pugliesi, ha aggiunto Vendola, sarebbero «idealmente collocate nell’area salentina», per la disponibilità d’acqua. Sulla sindrome Nimby (non nel giardino di casa mia, n.d.r.) afferma che «dopo la vicenda di Scanzano, abbiamo scoperto che la Sogin e l’allora suo presidente avevano interessi nella flottiglia russa e abbiamo capito la finalità del deposito di scorie nucleari». Il vicepresidente del Senato Emma Bonino, domanda se
«esiste una alternativa più moderna rispetto al ritorno al nucleare e più adeguata al nostro sistema produttivo», dal momento che il programma del governo prevede un investimento di «25 miliardi di euro per avere il primo chilowattora nel 2020». Per il governo parla il viceministro allo Sviluppo Economico
Adolfo Urso: «II nucleare non è nè di destra nè di sinistra, ma è un fatto che tutti i Paesi del G8 hanno il nucleare civile».

lunedì 21 giugno 2010

DALLA BONINO A ZINGARETTI IL FRONTE DEL NO AL NUCLEARE

DALLA BONINO A ZINGARETTI IL FRONTE DEL NO AL NUCLEARE

La Repubblica - ed. Roma del 18 giugno 2010

Anna Rita Cillis

E’ un argomento, il nucleare, che conosce bene la vicepresidente del Senato, Emma Bonino. E ieri è tornata a parlarne al convegno "Il nucleare è la carta vincente?" promosso dall’associazione Luca Coscioni a Palazzo Valentini. Un palco affollato sul quale si sono alternati anche Adolfo Urso, viceministro allo Sviluppo economico, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti e quello della regione Puglia Nichi Vendola. Sulla proposta dal governo Bonino ha fatto un ragionamento preciso: «Stiamo parlando di un programma da 25 miliardi di euro per avere il primo chilowattora nel 2020, dopo sette anni dalla costruzione della prima centrale- ha spiegato - tutto questo per realizzare il 4,5% del totale del fabbisogno energetico nazionale. Forse esiste un’alternativa». Come a dire: fatica e costi non valgono il risultato. In più per Zingaretti «il ritorno al nucleare richiederebbe una grande organizzazione. Ho la
sensazione che questo non avverrà mai. Un suo ritorno rischia di essere come quando arrivarono i cellulari in Italia, abbiamo milioni di consumatori ma ci manca il know-how per costruirli».
Un no deciso arriva da Vendola che è «pronto a dare battaglia» perché, dice, si tratta anche di una questione legata alla salute dei cittadini. Pro-nucleare, il viceministro Urso, per il quale occorre «puntare al mix energetico».