sabato 28 novembre 2009

Niente nucleare in Puglia Legge approvata da tutti

Niente nucleare in Puglia Legge approvata da tutti
Francesco Strippoli
26 novembre 2009, il corriere del Mezzogiorno

Consiglio regionale E’ passata all’unanimità

BARI — In assenza di intese con lo Stato «il territorio della regione Puglia è precluso alla installazione di impianti di produzione di energia elettrica nuclea­re ». Lo prevede una legge approvata al­l’unanimità, quindi sia dalla maggioran­za di centrosinistra sia dai gruppi del­l’opposizione di centrodestra, dal Consi­glio regionale della Puglia. La legge è stata approvata con il voto favorevole di tutti i 43 consiglieri presenti in aula. Il territorio pugliese, in assenza di intese tra Regione e Stato, è inoltre «precluso alla installazione di impianti di fabbrica­zione del combustibile nucleare, di stoc­caggio del combustibile irragiato e dei rifiuti radioattivi, nonchè di depositi de­finitivi di materiali e rifiuti radioattivi». Il testo arrivato in aula, con il contribu­to tecnico-giuridico dell’Ufficio legislati­vo, ha modificato radicalmente quello che era all’esame della commissione.
«Senza intese niente nucleare» La legge votata all’unanimità

Sul territorio niente impianti di produzione, stoccaggio o depositi «Un testo in grado di fronteggiare eventuali impugnazioni»



BARI — Una legge per procla­mare il no della Puglia all’inse­diamento di centrali nucleari sul proprio territorio. Il voto del consiglio regionale, ieri po­meriggio, è stato espresso al­l’unanimità: 43 presenti, 43 vo­ti a favore. Il testo stabilisce che «in assenza di intese con lo Stato», il territorio pugliese «è precluso all’insediamento di impianti di produzione di ener­gia elettrica nucleare, di fabbri­cazione di combustibile nuclea­re, di stoccaggio» anche «solo provvisorio» di rifiuti radioatti­vi. Maggioranza e opposizione hanno votato in maniera con­corde (si sono divisi dopo di­scutendo di beni confiscati ai mafiosi) ma la lettura della de­cisione è divergente. Secondo il centrosinistra si mette la Pu­glia al riparo da decisioni go­vernative assunte senza preven­tivo accordo con la Regione. Se­condo l’opposizione, la legge asseconda gli orientamenti già manifestati («a Bari, dal mini­stro Scajola e dal premier Berlu­sconi ») di non prevedere im­pianti nucleari in Puglia.

La produzione di energia, se­condo la Costituzione, è mate­ria «concorrente», Stato e Re­gione si ripartiscono la legisla­zione sulla base di intese. Il te­sto muove da questo assunto: nessun insediamento «in as­senza di intese». Naturalmente nel rispetto dei principi «leale collaborazione». Come dire: si collabora, ma non si subisce.

Il testo è profondamente di­verso da quello depositato in commissione da Antonio Mani­glio (Pd). La versione origina­ria, ben più severa, vietava l’in­sediamento di centrali, lo stoc­caggio e persino il transito di materiale radioattivo. Più seve­ra, ma a rischio di bocciatura della Corte costituzionale (sul trasporto di merci, la Consulta ha già dato torto alla Puglia in fatto di rifiuti). Se il testo è sta­to ammorbidito, si deve soprat­tutto al capogruppo Rocco Pale­se (Fi). Maggioranza ed opposi­zione hanno lavorato di lima ­con l’aiuto dell’ufficio legislati­vo - fino ad arrivare alla formu­lazione finale. È possibile che Palese volesse evitare due cose: che la normativa passasse a maggioranza (col Pd a sbandie­rare il testo in campagna eletto­rale) e che la legge fosse impu­gnata dal governo (col Pd nel ruolo di vittima). Palese ha an­che presentato, e poi ritirato, un emendamento che sottopo­neva a referendum consultivo l’intesa tra Regione e Stato. Il ri­pensamento è giunto quando gli è stato fatto notare che quel­la norma poteva essere eccepi­ta dal governo, giacché l’intesa non può subire condiziona­menti. L’obiezione è arrivata dal centrodestra, in particolare da Roberto Ruocco (An). Que­sti ha osservato che la normati­va approvata, votata anche da lui, è una «legge manifesto», «un’iniziativa demogogica»: esprime ciò che la Costituzione già prevede. «È vero - ha soste­nuto l’assessore Michele Losap­pio - ma è anche vero che il de­creto 'Sviluppo' di Scajola, in materia di nucleare, riduce il ruolo delle Regioni al solo inter­vento consultivo» (per questo è stato impugnato davanti alla Consulta). Alla fine esultano Maniglio, Mimmo Lomelo (Ver­di) e Aurelio Gianfreda (Sociali­sti). Parlano di demagogia i ca­pigruppo del centrodestra.

Il clima bipartisan è venuto meno quando si è discusso l’or­dine del giorno proposto dal centrosinistra (Vendola primo firmatario). Chiedeva al parla­mento di ritirare quell’emenda­mento alla Finanziaria che con­sente di vendere i beni confi­scati ai mafiosi. Ciò nella con­vinzione che possano essere riacquistati dai clan: meglio de­stinarli a finalità sociali. Il testo ha incontrato l’opposizione del Pdl, Nino Marmo in testa: «Si tratta di beni non richiesti da­gli enti locali e i cui proventi so­no destinati alle forze dell’ordi­ne. Le vendite avvengono con garanzie». Il centrosinistra ha pensato di votare il documento a maggioranza, poi ha desisti­to: la consuetudine vuole che gli ordini del giorno passino con voto bipartisan.

Densità abitativa e terremoti, rischio elevato

Densità abitativa e terremoti, rischio elevato
GIOVANNI VALENTINI
GIOVEDÌ, 26 NOVEMBRE 2009 LA REPUBBLICA - Cronaca

le ragioni del no

Popolosa e a rischio sismico, la nostra penisola non è adatta per l´installazione delle centrali e la conservazione di scorie radioattive

Mettiamo pure da parte le questioni ideologiche: a cominciare dal pregiudizio che il nucleare, nato come energia di distruzione e di morte, non potrebbe mai diventare un´energia pulita, vitale, fonte di sviluppo e di benessere. Concentriamo piuttosto il discorso, in termini più pragmatici, sul rapporto tra costi e benefici. Allo stato degli atti, la produzione di energia nucleare risulta ancora troppo cara e rischiosa: e nel nostro Paese è rischiosa soprattutto sul piano ambientale, nell´impatto con il territorio e con la salute della popolazione. Avete presente la cartina dell´Italia, esibita dagli organismi ufficiali all´indomani del terremoto dell´Aquila, con la penisola quasi interamente coperta da macchie gialle, arancioni e rosse? Ecco, il nostro è scientificamente uno dei paesi a maggiore rischio sismico di tutto il Mediterraneo. Questa caratteristica deriva dalla sua posizione sulla Terra, nella zona di convergenza fra la zolla africana e quella euroasiatica.(segue all´interno dell´inserto)



Qui le forti spinte compressive provocano l´accavallamento dei blocchi di roccia. Tant´è che in 2500 anni è stato interessato da più di 30.000 terremoti di media e forte intensità. Poi c´è l´alta densità abitativa, determinata da una forte antropizzazione del territorio e cioè dalla presenza diffusa dell´uomo e delle sue abitazioni: 194 abitanti per chilometro quadrato contro una media europea di poco superiore ai 69. In una penisola lunga e stretta come la nostra, un incidente nucleare o una fuga radioattiva potrebbe provocare conseguenze molto più gravi che altrove. E comunque, senz´altro più gravi per noi di un incidente che avvenisse al di là delle Alpi: per esempio, nella vicina Francia che peraltro nel mese di ottobre, per la prima volta dopo l´inverno 1982-83, è diventata importatore netto di energia elettrica in seguito ai numerosi stop alle centrali nucleari e dove all´inizio di novembre sono stati chiusi 18 reattori su 58.
Sono proprio questi due fattori ambientali, rischio sismico e densità abitativa, che rendono pericolosa l´installazione di centrali nucleari sul nostro territorio. È vero che, rispetto ai tempi di Chernobyl, la tecnologia si è evoluta e i nuovi impianti sono stati costruiti in modo da resistere ai terremoti. Ma anche qui la sicurezza non è garantita al cento per cento, se è vero che la centrale più grande del mondo - quella giapponese di Kashiwazi-Kariwa, vicino Tokyo - nonostante sia stata progettata secondo le più moderne tecniche antisismiche, dopo l´ultima scossa ha subìto tante e tali lesioni che è stata chiusa ed è ferma da due anni.
Sono rischi che non riguardano solo l´ipotesi di un incidente nucleare o una fuga radioattiva, bensì la stessa conservazione e gestione delle scorie. Una maledizione biblica che, attraverso l´inquinamento delle falde freatiche nel sottosuolo, può protrarsi per millenni e di fronte alla quale il mondo scientifico non è stato in grado di fornire una soluzione rassicurante e definitiva. Al di là del cosiddetto "effetto Nimby", acronimo che sta per not in my back yard (non nel mio giardino) e riassume la contrarietà delle popolazioni locali alle centrali nucleari nel proprio territorio, in Italia l´ultima proposta di collocare un sito per lo smaltimento delle scorie a Scanzano jonico, in Basilicata, ha suscitato la sollevazione degli abitanti e dell´amministrazione cittadina.
Quanto alla tesi che lo sviluppo del nucleare consentirebbe al nostro Paese di ridurre la dipendenza energetica dal petrolio e quindi dall´estero, forse vale la pena ricordare che l´Italia non dispone di "oro nero" come non ha giacimenti di uranio. In compenso, per far funzionare le turbine delle centrali atomiche, occorre consumare un´enorme quantità d´acqua e noi ne abbiamo molto meno della Francia, dove il 40 per cento viene assorbito dal nucleare. Infine, il paesaggio. In un Paese nel quale perfino le energie rinnovabili incontrano qualche ostilità, a causa dell´impatto ambientale delle pale eoliche o dei pannelli fotovoltaici, è singolare che la sagoma inquietante e minacciosa delle centrali nucleari non provochi reazioni analoghe. Non abbiamo acqua, petrolio o uranio. Ma almeno teniamoci stretto il nostro patrimonio di risorse naturali, di beni artistici e culturali, se non altro per difendere la prima industria nazionale: quella del turismo.

venerdì 6 novembre 2009

Nucleare, Zamparutti: Governo sospenda ritorno al nucleare e valuti progetti alternativi

Nucleare, Zamparutti: Governo sospenda ritorno al nucleare e valuti progetti alternativi

5 novembre 2009

Elisabetta Zamparutti, deputata radicale e componente la Commissione Ambiente, ha presentato un’interrogazione parlamentare al Presidente Berlusconi e ai Ministri per lo Sviluppo economico, l’Ambiente e la Salute per chiedere di sospendere la realizzazione del programma nucleare basato su reattori Epr scelti da ENEL e che le autorità di sicurezza di ben tre paesi europei Francia, Finlandia e Inghilterra chiedono di bloccare per problemi di sicurezza.
E. Zamparutti, ha dichiarato: “La scelta di un rientro nel nucleare è stata compiuta nella totale assenza di un dibattito pubblico e, se si è rivelata sconsiderata sul piano economico ed industriale, ora lo è platealmente anche su quello della sicurezza. Scopriamo infatti che il Governo ha deciso di realizzare in Italia reattori francesi Epr, cosiddetti di terza generazione, che autorità di controllo europee hanno messo in serissima discussione a partire dalla concezione dei sistemi di sicurezza. E’ un durissimo colpo inferto al nucleare francese con conseguenze politiche e diplomatiche. L’Italia blocchi un simile progetto, apra un confronto pubblico sui programmi alternativi a partire da quelli sull’efficienza energetica e sappia guardare alla Francia per proposte più di avanguardia, come la carbon tax sul settore non ETS, senza farsi abbindolare rispetto a prodotti vecchi, costosi, pericolosi e quindi fallimentari come i reattori EPR”.

Al Presidente del Consiglio
Al Ministro dello Sviluppo economico
Al Ministro dell’Ambiente
Al Ministro della Salute
Premesso che:
l’Autorità per la Sicurezza Nucleare francese (ASN), alcuni mesi dopo che le autorità inglesi e finlandesi avevano minacciato di bloccare la realizzazione di reattori EPR nei loro paesi a causa dei dubbi sul sistema di comando e di controllo della sicurezza, ha rivolto una lettera ad EDF, in cui si sollevano in modo molto serio questioni di sicurezza legate al sistema EPR in corso di realizzazione a Flamanville;
la pubblicazione della dichiarazione dell’ASN e della consulenza tecnica che le è stata presentata dal Gruppo Permanente di Esperti e dall’Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare (IRSN), è avvenuta al momento della pubblicazione di una dichiarazione congiunta, nella quale le autorità di sicurezza per il nucleare francese ASN, finlandese STUK e la britannica HSE confermano la loro comune preoccupazione;
le tre autorità ritengono che "il disegno dell’EPR, nel modo in cui esso è stato originariamente proposto dai licenziatari e dal produttore AREVA, non osserva il principio di indipendenza” tra i sistemi di sicurezza e quelli di controllo, che costituisce un principio basilare della sicurezza;
nella sua lettera a EDF, l’ASN conclude che "la complessità dell’architettura proposta da EDF rende difficile che possa adeguatamente dimostrarsi la sua sicurezza” e dichiara che la sua accettabilità è soggetta a modifiche del disegno e a dimostrazioni complementari. Inoltre, "l’analisi di questi elementi (forniti da EDF) da parte dell’ASN e il suo supporto tecnico costituirà una condizione preliminare ai fini della valutazione circa l’accettabilità della futura richiesta (presentata da EDF) di una licenza per operare il reattore EPR a Flamanville-3 ";
l’inadeguatezza del disegno sarebbe tanto grave da far manifestare all’ASN persino dubbi sulla possibilità di sanarla, in modo da soddisfare i principi standard in materia di sicurezza. Nella lettera a EDF si conclude sostenendo che "data la vastità e la complessità delle spiegazioni che devono ancora essere fornite affinché si possa affermare che si ritengono soddisfatti i principi dal sistema, l’ASN considera che non esiste certezza provata che sulla base dell’attuale architettura sarà realizzato un sistema di sicurezza dimostrativo accettabile". Pertanto, l’ASN chiede a EDF che, mentre si adopera per fornire questa giustificazione, nel contempo "esamini sin d’ora programmi basati su concezioni alternative";
la società francese si è difesa, sottolineando che le critiche dei tre enti «non mettono in dubbio la sicurezza dell’Epr» e assicurando che il disegno dei sistemi sarà modificato «entro la fine dell’anno» ed Edf ha escluso ritardi,
Areva, però, non è in grado di precisare in quale misura le modifiche, ancora allo studio, potranno incidere sul costo del reattore e alcuni osservatori ritengono che la necessità di tornare al tavolo di disegno possa comportare nuovi ritardi — e maggiori costi — nella realizzazione dell’impianto finlandese di Olkiluoto e di quello francese di Flamanville;
notizie stampa francesi riferiscono inoltre che lunedi 2 novembre si è appreso che un reattore nucleare su tre sarebbe attualmente fermo per manutenzione e che almeno cinque sarebbero chiusi per degli incidenti seri;
i reattori Epr in questione sono quelli che nei piani dell’Enel, dovrebbero essere il cuore delle quattro centrali del futuro piano nucleare italiano;
lo scorso mese di febbraio sono infatti stati siglati accordi tra per un’alleanza, guidata dalle due controllate di Stato Enel e Edf, per costruire quatto centrali nucleari in Italia, la prima delle quali operativa nel 2020 in virtù di un accordo che riguarda tutti gli aspetti del nucleare, dalla collaborazione in sede europea ai temi della sicurezza, dalla cooperazione tecnologica alla formazione dei tecnici, dallo smantellamento degli impianti alla collaborazione industriale in paesi terzi;
si chiede di sapere:
se il Governo sia al corrente dei gravi problemi di sicurezza dei reattori Epr oggetto dell’intesa italo-francese,
se non ritengano di cover immediatamente soprassedere al rientro nel nucleare per meglio valutare programmi basati su concezioni alternative.

dal sito: radicali.it

giovedì 5 novembre 2009

L'Enel vede l'inciucio sull'atomo. Il Pd no

L'Enel vede l'inciucio sull'atomo. Il Pd no

Europa del 5 novembre 2009

Gianni Del Vecchio

Due ore e mezza. Tanto è durata ieri pomeriggio l’audizione informale di Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, davanti alla commissione attività produttiva della camera. Il tema del resto è più che mai delicato: il ritorno al nucleare dell’Italia, in particolare il progetto di costruzione di quattro reattori da parte della società energetica nazionale assieme ai francesi di Edf. Nonostante la lunga seduta e le tante domande dei deputati, quello uscito dalla sala al secondo piano di Montecitorio è però un Conti carico e soddisfatto.
Il motivo lo si capisce subito, dalle risposte alle domande dei giornalisti. «Mi sembra, con tutti i distinguo, che siamo sulla buona strada. Vedo una condivisione fra governo e opposizione sulla volontà di seguire la strada nucleare».
Insomma ieri, secondo Conti, sarebbe nato l’inciucio fra centrodestra e centrosinistra sull’atomo.
Una notiziona, questa, visto che l’uso del nucleare civile è uno dei punti dove più aspro è lo scontro fra un governo che è pronto a costruire reattori e un’opposizione che del no all’atomo fa una delle sue bandiere. Notizia che però ben presto si trasforma in una semplice speranza da parte dei vertici dell’Enel e nulla più, perché i deputati democratici non ci mettono molto a prendere le distanze dalle affermazioni di Conti. Lo fa senza mezzi termini il capogruppo Pd in commissione, Andrea Lulli, che smorza sul nascere ogni possibilità di intesa bipartisan. «Mi spiace che Conti abbia scambiato i toni pacati e cortesi della discussione con un’improbabile apertura all’energia nucleare da parte nostra». Per Lulli, quindi, è stato il bon ton a portare fuori strada l’ad Enel, anche perché «abbiamo ribadito tutte le perplessità e tutti i no a questo progetto di nucleare già avanzati in aula». A partire dalla militarizzazione dei siti strategici (dove si costruiranno alcune centrali) per finire con l’esproprio della decisione finale alle comunità locali, passando per l’annoso problema della gestione delle scorie radioattive. «Tutti problemi che ci hanno portato a dire no a questo nucleare», taglia corto Lulli.
Brutte notizie per il numero uno di Enel, che sta cercando di trovare un consenso unanime sul progetto. Non senza buone ragioni da parte sua: il ritorno al nucleare è estremamente costoso per quanto riguarda gli investimenti (si parla di circa 5-6 miliardi a centrale) e c’è bisogno di un orizzonte politico certo. Nel senso che sono necessarie garanzie affinché un cambio di maggioranza non metta fine al progetto, bruciando così soldi e lavoro.
Allo stesso modo Conti chiede a gran voce che le comunità locali non siano fondamentali per la costruzione dei reattori: secondo lui bisognerebbe addirittura metter mano alla Costituzione per ridare allo stato la competenza esclusiva in materia energetica, espropriando di fatto le regioni e azzerando il rischio nimby.
Richieste forti, che tuttavia hanno la sfortuna per l’Enel di cadere in un momento poco favorevole. Un po’ perché ci si avvicina alle regionali e il governo non ha intenzione di perdere le elezioni sul nucleare. Un po’ perché proprio in questi giorni si è ritornati a dubitare sulla sicurezza delle centrali. Le agenzie per la sorveglianza sul nucleare di Francia, Finlandia e Gran Bretagna infatti hanno espresso più di un dubbio sul sistema di sicurezza dei nuovi Epr, i reattori che dovranno sorgere in Italia. E a Conti non resta che gettare acqua sul fuoco: «È la dimostrazione che le agenzie sorvegliano i lavori». Magari aspettando tempi migliori.

le autorità di controllo hanno rivelato l'esistenza di apprendisti stregoni pure nella casa madre francese.

da radicali.it
Nucleare, Mellano e Manfredi: le autorità di controllo hanno rivelato l'esistenza di apprendisti stregoni pure nella casa madre francese.

4 novembre 2009
Dichiarazione di Bruno Mellano (presidente di Radicali Italiani) e Giulio Manfredi (vice-presidente Comitato nazionale Radicali Italiani)

Finora i radicali, in 33 anni di iniziativa antinucleare, si sono confrontati unicamente con gli apprendisti stregoni “made in Italy”; per citarne uno per tutti, il generale Carlo Jean, presidente della Società Gestione degli Impianti Nucleari (Sogin) dal 2002 al 2006, quel signore che esattamente sei anni fa fece approvare dal governo Berlusconi un decreto-legge per sistemare tutti i rifiuti radioattivi presenti sul territorio italiano nel comune di Scanzano Ionico (Matera), passando completamente sulla testa della popolazione locale, che, giustamente, insorse e non se ne fece nulla. Ora la Sogin è commissariata ma pare che il generale Jean sia in corsa per la presidenza dell’Agenzia per il nucleare … della serie, al peggio non c’è mai fine.

Ieri abbiamo appreso che gli apprendisti stregoni sono presenti in gran numero anche presso la “madre di tutti i nuclearisti”, la società francese AREVA. Non era mai successo che le autorità sulla sicurezza nucleare di tre stati diversi (Francia, Finlandia e Gran Bretagna), dopo aver compiuto accertamenti autonomi, giungessero a una stessa conclusione (troppe interconnessioni fra i due sistemi di controllo, quello normale e quello d’emergenza, del reattore EPR, in corso di costruzione in Francia e Finlandia) e decidessero di renderla pubblica, causando alle azioni AREVA una perdita del 5%; segno evidente che il problema sollevato è grande e che non è facilmente risolvibile come si sono affrettate a dichiarare EDF ed AREVA, e nonostante le rassicurazioni odierne dell’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti.

Quello che sconcerta di più è che stiamo parlando di un reattore-pilota che abbisogna, dopo le indicazioni delle autorità di controllo, di importanti modifiche; eppure, tale reattore è già stato praticamente venduto al governo italiano (vedi conferenza stampa Berlusconi-Sarkozy del 24 febbraio 2009), che lo ha già indicato quale fulcro del rilancio nucleare.

Ministro Scajola, urge maggiore cautela e magari un’integrazione di informazione.