giovedì 5 novembre 2009

L'Enel vede l'inciucio sull'atomo. Il Pd no

L'Enel vede l'inciucio sull'atomo. Il Pd no

Europa del 5 novembre 2009

Gianni Del Vecchio

Due ore e mezza. Tanto è durata ieri pomeriggio l’audizione informale di Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, davanti alla commissione attività produttiva della camera. Il tema del resto è più che mai delicato: il ritorno al nucleare dell’Italia, in particolare il progetto di costruzione di quattro reattori da parte della società energetica nazionale assieme ai francesi di Edf. Nonostante la lunga seduta e le tante domande dei deputati, quello uscito dalla sala al secondo piano di Montecitorio è però un Conti carico e soddisfatto.
Il motivo lo si capisce subito, dalle risposte alle domande dei giornalisti. «Mi sembra, con tutti i distinguo, che siamo sulla buona strada. Vedo una condivisione fra governo e opposizione sulla volontà di seguire la strada nucleare».
Insomma ieri, secondo Conti, sarebbe nato l’inciucio fra centrodestra e centrosinistra sull’atomo.
Una notiziona, questa, visto che l’uso del nucleare civile è uno dei punti dove più aspro è lo scontro fra un governo che è pronto a costruire reattori e un’opposizione che del no all’atomo fa una delle sue bandiere. Notizia che però ben presto si trasforma in una semplice speranza da parte dei vertici dell’Enel e nulla più, perché i deputati democratici non ci mettono molto a prendere le distanze dalle affermazioni di Conti. Lo fa senza mezzi termini il capogruppo Pd in commissione, Andrea Lulli, che smorza sul nascere ogni possibilità di intesa bipartisan. «Mi spiace che Conti abbia scambiato i toni pacati e cortesi della discussione con un’improbabile apertura all’energia nucleare da parte nostra». Per Lulli, quindi, è stato il bon ton a portare fuori strada l’ad Enel, anche perché «abbiamo ribadito tutte le perplessità e tutti i no a questo progetto di nucleare già avanzati in aula». A partire dalla militarizzazione dei siti strategici (dove si costruiranno alcune centrali) per finire con l’esproprio della decisione finale alle comunità locali, passando per l’annoso problema della gestione delle scorie radioattive. «Tutti problemi che ci hanno portato a dire no a questo nucleare», taglia corto Lulli.
Brutte notizie per il numero uno di Enel, che sta cercando di trovare un consenso unanime sul progetto. Non senza buone ragioni da parte sua: il ritorno al nucleare è estremamente costoso per quanto riguarda gli investimenti (si parla di circa 5-6 miliardi a centrale) e c’è bisogno di un orizzonte politico certo. Nel senso che sono necessarie garanzie affinché un cambio di maggioranza non metta fine al progetto, bruciando così soldi e lavoro.
Allo stesso modo Conti chiede a gran voce che le comunità locali non siano fondamentali per la costruzione dei reattori: secondo lui bisognerebbe addirittura metter mano alla Costituzione per ridare allo stato la competenza esclusiva in materia energetica, espropriando di fatto le regioni e azzerando il rischio nimby.
Richieste forti, che tuttavia hanno la sfortuna per l’Enel di cadere in un momento poco favorevole. Un po’ perché ci si avvicina alle regionali e il governo non ha intenzione di perdere le elezioni sul nucleare. Un po’ perché proprio in questi giorni si è ritornati a dubitare sulla sicurezza delle centrali. Le agenzie per la sorveglianza sul nucleare di Francia, Finlandia e Gran Bretagna infatti hanno espresso più di un dubbio sul sistema di sicurezza dei nuovi Epr, i reattori che dovranno sorgere in Italia. E a Conti non resta che gettare acqua sul fuoco: «È la dimostrazione che le agenzie sorvegliano i lavori». Magari aspettando tempi migliori.

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