domenica 24 gennaio 2010

Benedizione nucleare

Benedizione nucleare
Elio Di Bella
il manifesto 24 gennaio 2010, p. 15

altra italia Il settimanale cattolico «L'Amico del Popolo» ha distribuito ad Agrigento un opuscolo favorevole all'energia nucleare. Proprio mentre nella provincia siciliana è polemica sulla notizia che il governo intende costruire una centrale nucleare a Palma di Montechiaro

Benedizione NUCLEARE

AGRIGENTO
Con il primo numero dell'anno il settimanale della Chiesa agrigentina «L'Amico del Popolo» ha regalato ai suoi lettori un allegato pubblicitario che ha destato molte perplessità. Non si tratta infatti del testo di una enciclica del Papa, né di una lettera pastorale dell'arcivescovo, né della biografia di un santo, ma di uno «spot» di 47 pagine, dal titolo «Energia per il Futuro». Intende convincere i lettori che le centrali nucleari sono buone, belle, economiche e non danneggiano la salute (neppure le loro scorie radioattive).
Questo testo viene diffuso nel momento in cui nella provincia siciliana monta la polemica dopo la notizia che una delle nuove centrali nucleari italiane sorgerà con tutta probabilità a trenta chilometri dalla Valle dei Templi, nel territorio di Palma Montechiaro.
Sin dalle prime pagine il testo offre ai lettori ampie rassicurazioni sul pensiero della Chiesa intorno al nucleare. Cardinali responsabili di importanti dicasteri della Santa Sede e persino lo stesso Papa sono favorevoli all'uso pacifico del nucleare, si sostiene nel coloratissimo opuscolo. Nel capitolo «La Chiesa e il nucleare» si sottolinea che il Vaticano fa parte dell'agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) e si ribadisce che in varie circostanze la Chiesa si è espressa favorevolmente, attraverso suoi autorevoli rappresentanti, per una ipotetica politica nucleare.
Nelle altre pagine l'opuscolo diffuso insieme al settimanale della Chiesa agrigentina spiega anche che le centrali nucleari sono più efficaci delle pale eoliche che il maggiore imprenditore agrigentino, Salvatore Moncada, re dell'eolico siciliano, sta piazzando per tutto il territorio della provincia. Le centrali poi secondo gli esperti sarebbero pure più efficaci nei risultati dei pannelli solari che tutti i siciliani vorrebbero avere per produrre energia pulita approfittando delle tante giornate di sole che il Creatore manda nell'Isola, dove si sta anche realizzando la più grande industria italiana per la costruzione di pannelli fotovoltaici.
Vuol dire che la Chiesa agrigentina è favorevole alla centrale a Palma piuttosto che agli impianti di energia pulita ? E' quanto si sono chiesti molti lettori che hanno ricevuto l'opuscolo. In genere anche la Chiesa è molto prudente su tali questioni. A suo tempo il comitato che ha promosso nel capoluogo siciliano la consultazione popolare sulla costruzione di un rigassificatore vicino la casa natale di Luigi Pirandello ha ripetutamente chiesto all'arcivescovo di Agrigento, Franco Montenegro, di prendere posizione sulla vicenda, senza mai avere una risposta chiara. E intanto i lavori dell'impianto di rigassificazione stanno iniziando e probabilmente l'arcivescovo manderà qualcuno a benedire l'inaugurazione.
Adesso, dopo la pubblicazione di questo opuscolo sembra chiaro che sui campanili delle chiese agrigentine sventolerà la bandiera gialla del nucleare. La Chiesa, infatti, è oggi con tale operazione commerciale e propagandista diventa il primo sponsor della centrale nucleare a Palma di Montechiaro. Qualcuno ha pagato trenta denari alla Chiesa per realizzare questa operazione pro nucleare ? La vicenda non ha amareggiato solo il sindaco di Palma di Montechiaro, Rosario Gallo, ma ha destato molte perplessità anche tra le comunità parrocchiali che conoscono il dramma dei bambini di Chernobyl, perché anche ad Agrigento molte famiglie ed associazioni li hanno ospitati.
Qualche lettore del settimanale ha ricordato che lo stesso pontefice Benedetto XVI il 26 aprile del 2006, in occasione del ventesimo anniversario di Chernobyl, così disse: «Mentre ancora una volta preghiamo per le vittime di una calamità di così vasta portata e per quanti ne portano nel loro corpo i segni, invochiamo dal Signore luce per coloro che sono responsabili delle sorti dell'umanità, perché con uno sforzo corale si ponga ogni energia al servizio della pace, nel rispetto delle esigenze dell'uomo e della natura». Ma queste considerazioni mancano nell'opuscolo diffuso dal settimanale cattolico di Agrigento. Il direttore dell'«Amico del Popolo», don Carmelo Petrone, si è affrettato a dichiarare innanzitutto che l'arcivescovo della diocesi agrigentina, Franco Montenegro, non era al corrente della diffusione del testo «Energia per il futuro». Inoltre ha precisato: «Pensavamo semplicemente che l'opuscolo potesse contribuire al dibattito sulla scelta del governo Berlusconi di riprendere gli investimenti sul nucleare, i cui programmi si erano bruscamente interrotti in Italia dopo il referendum del 1987. Tutto qua». Ma non è affatto tutto qua. Il fascicolo è stato realizzato dalla società Mab.q. che è anche la concessionaria pubblicitaria di radio Vaticana, da qualche tempo «convertita» agli spot pubblicitari. Guarda caso, poi, il primo inserzionista di radio Vaticana è l'Enel.
Quale patto intorno alla questione delle centrali nucleari si sta realizzando tra Enel e Vaticano attraverso la mediazione di Mab.q ? La domanda sembra legittima anche perché a detta di Maggioni la Mab.q «non fa altro che sfruttare i consolidati contatti che ha costruito nel tempo in ambito cattolico, ponendosi come tramite privilegiato tra aziende e realtà del mondo cattolico (oratori, onlus, parrocchie, diocesi), e presentando loro le varie possibilità di interazione e cooperazione». Nel nostro caso la Mab.q intende far interagire il mondo cattolico agrigentino con Sviluppo Nucleare Italia, ossia con Enel ? E' evidente il tentativo di convincere l'opinione pubblica cattolica agrigentina che anche la Chiesa condivide tali scelte industriali.
Intano però l'assemblea regionale siciliana (e lo stesso governatore Raffaele Lombardo) hanno approvato una mozione del parlamentare dell'Ars Giacomo Di Benedetto, del Pd, con cui si esprime netta contrarietà intorno alla possibilità di realizzare una centrale nucleare in contrada di Montegrande nel territorio del Comune di Palma di Montechiaro e confinante con quello di Agrigento.

mercoledì 20 gennaio 2010

Nucleare, il Pd sfida l'esecutivo "dica quale sceglie tra questi siti"

Nucleare, il Pd sfida l'esecutivo "dica quale sceglie tra questi siti"

la Repubblica, 14 gennaio 2010

Antonio Cianciullo

«E´ questa la mappa all´interno della quale si sceglieranno i luoghi in cui costruire le centrali nucleari. Il governo non lo dice perché vuole continuare a mentire agli elettori assicurando in ogni regione, fino all´appuntamento con le urne, che gli impianti verranno collocati altrove. Ma l´elenco è qui, perché non discuterne adesso? Se non parliamo di energia, di lavoro e di sicurezza di cosa vogliamo parlare in campagna elettorale?» Ermete Realacci, del coordinamento del Pd, mostra una cartina dell´Italia con 45 località cerchiate: i punti in cui è possibile collare un reattore. E´ un documento preparato dal Cnen (Comitato nazionale per l´energia nucleare) nel 1979 incrociando i dati sul rischio sismico, sulla popolazione e sulla disponibilità di acqua.
«Da allora poco è cambiato: è questa la rosa entro cui scegliere», continua Realacci. «In Sardegna ci sono 5 siti, ma prima delle ultime elezioni il presidente del Consiglio ha assicurato che l´atomo non sbarcherà sull´isola. In Veneto ci sono 4 siti ma il presidente della Regione Galan ha messo le mani avanti parlando di pericolo subsidenza. La stessa scenetta si è ripetuta in Puglia e in altre regioni. E´ un gioco delle tre carte in cui rientrano anche i conti economici che non tornano».
Nel giugno scorso è uscito un rapporto del Massachusetts Institute of Technology di Boston in cui si sostiene che in un´economia di mercato il nucleare non è competitivo rispetto al gas. Dal 2003 i costi di costruzione delle centrali atomiche sono aumentati in media del 15 per cento all´anno: nel 2007, secondo il Mit, realizzare una centrale nucleare costava 4.000 dollari per chilowattora contro i 2.000 di quattro anni prima. E i dati di mercato confermano l´analisi. A luglio la società francese Areva ha chiesto al Canada 4.500 euro per chilowattora - più della stima del Mit - per realizzare una centrale: il progetto è stato sospeso.
In tutto l´Occidente sono in costruzione due soli impianti nucleari, uno in Francia a Flamanville e uno in Finladia a Oikiluoto. La centrale di Oikiluoto, la più avanzata, ha già subito un aumento dei costi del 60 per cento e le cifre continuano a salire trainate dai continui ritardi. Il 22 ottobre è stata resa ufficiale una pesante critica all´impianto firmata da tre agenzie per la sicurezza nucleare: la francese Asn, la britannica HSE´sND, e la finlandese Stuk.
«Continuiamo a pagare una tassa di 400 milioni di euro sulle bollette elettriche per smaltire le scorie del vecchio nucleare: andarsi a cercare altri debiti è una follia», conclude Realacci. «Meglio seguire il mercato che sta premiando chi punta sull´innovazione, l´efficienza e le fonti rinnovabili: la spinta della green economy può produrre in Italia un milione di posti di lavoro. Mentre la maggioranza votava in Senato una mozione di critica al solare a concentrazione, una tecnologia perfezionata da Carlo Rubbia, Germania e Francia, con il sostegno Ue, decidevano di investire 400 miliardi di euro nell´operazione Desertec che prevede proprio l´uso delle tecnologie che non piacciono al centrodestra».

Nuclearisti e opportunisti

Nuclearisti e opportunisti

Europa, 14 gennaio 2010

Francesco Ferrante, Roberto Della Seta

Più si avvicina la scadenza delle elezioni amministrative di marzo e più il centrodestra fa melina rispetto all’indicazione di quali saranno i cinque, otto, dieci siti, destinati a ospitare i nuovi impianti nucleari nel nostro paese.
Non solo il numero esatto è ancora scritto sulla sabbia, ma l’approccio nuclearista del centrodestra sembra scemare approssimandosi il confronto diretto col territorio. Il candidato del Pdl alla regione Lazio, Renata Polverini ha esordito sul tema con una dichiarazione di disarmante vaghezza, trincerandosi dietro un bartaliano «va tutto rivisto». Comunque, come ha sottolineato Ermete Realacci ieri durante il question time alla camera, dietro la cortina fumogena innalzata dal governo ci sono gli stessi identici siti di cui si parla dagli anni ‘70, perché la morfologia del nostro paese è sostanzialmente identica ed è noto che il nucleare ha bisogno di acqua in abbondanza, dunque di un grande fiume o del mare.
Per Scajola, che non si stanca mai di ripeterlo, l’atomo fa bene. Non deve però esserne così convinto se il governo è stato costretto a predisporre un complicato sistema di incentivi per gli enti locali affinché qualcuno accetti di portarsi un bel reattore francese vicino alla propria abitazione.
E del resto non si spiegherebbe altrimenti perché le procedure elaborate dal governo in materia di impianti nucleari siano così ipercentraliste, prevedendo addirittura l’equiparazione delle aree prescelte ai siti militari, per operare nella massima segretezza. A dicembre l’ad dell’Enel Fulvio Conti ha affermato che i siti dove sorgeranno le centrali nucleari in Italia sono già stati individuati. Dunque, se è vero quel che dice Conti, e riteniamo fortemente che lo sia, il governo aspetterà il 30 marzo per annunciare quali sono i siti, mentendo nel frattempo agli italiani nel fondato timore che gli irrisolti problemi di sicurezza del nucleare spaventino gli elettori. Non è questa l’unica panzana che il centrodestra racconta agli italiani, perché nessun esponente del governo ha mai risposto su quale sarebbe l’effettivo ritorno economico per i cittadini, a fronte di un investimento di non meno di 25 miliardi di euro per cinque centrali nucleari. Una grossa parte di questa somma sarebbe a carico dei contribuenti, sottraendo le risorse per sviluppare delle politiche energetiche realmente preziose per l’Italia, sia in termini di sostenibilità ambientale e di modernizzazione tecnologica, sia per l’adozione di politiche anticicliche per uscire prima e meglio dalla crisi.
Impegnare cifre abnormi in una tecnologia obsoleta vuol dire distogliere i fondi per incrementare l’efficienza energetica, che consentirebbe una riduzione dei costi per famiglie e imprese, e per sviluppare compiutamente l’uso delle fonti rinnovabili, in primis l’energia solare.
Il governo col nucleare fa un clamoroso salto all’indietro frenando sulla ricerca e sullo sviluppo delle nuove tecnologie energetiche. È necessario che il no al nucleare proposto dal governo e il sì convinto ad una svolta nelle politiche energetiche abbiano un posto di rilievo nella campagna elettorale del Pd per le elezioni regionali, tanto più che in molte regioni governate dal centrosinistra si sono realizzate esperienze positive in questo ambito. Ed è decisamente incoraggiante che nelle regioni dove con più probabilità verranno localizzati i nuovi siti nucleari i candidati governatori del centrosinistra – così Mercedes Bresso, così Emma Bonino – abbiano già ripetutamente assunto su questo tema posizioni chiare e impegnate.

Nucleare: L'Epr francese è un fiasco industriale

da radicali.it
Nucleare, Zamparutti: L'Epr francese è un fiasco industriale

19 gennaio 2010

Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in Commissione Ambiente, sulle dichiarazioni di Emma Marcegalia, Presidente di Confindustria e Fulvio Conti, Ad di Enel, ha dichiarato:

“Marcegalia e Conti guardano al nucleare francese in maniera parziale perché non dicono che i costi dell’EPR francese sono esorbitanti, con EDF che parla di cifre per la costruzione di un singolo reattore che possono addirittura raddoppiare (dai 3,5 miliardi ai 7), non parlano delle ammissioni di Areva sui ritardi nei tempi di realizzazione: tre anni per il reattore in costruzione in Finlandia, due per quello a Flamanville. Senza contare la durissima critica mossa dalle tre agenzia per la sicurezza nucleare di Francia, Finlandia e Svezia a questa tecnologia.
Né dicono chi metterà il denaro per un nucleare sonoramente bocciato dal mercato. Ha senso che lo Stato, vale a dire i cittadini, sborsino almeno 25/30 miliardi per soddisfare, ben che vada a partire dal 2020, il 25% dei consumi elettrici attuali che corrispondono solo a circa il 4,5% di energia?
Per noi Radicali no, soprattutto perché sappiamo dall’ENEA che investimenti in l’efficienza energetica produrrebbero risultati analoghi a costi nettamente inferiori.
Per questo serve urgentemente la definizione di una strategia energetica nazionale dove confrontare opzioni possibili e relativi costi e benefici”.

martedì 19 gennaio 2010

No al nucleare da 15 Regioni. «Incostituzionale la legge sull’atomo»: anche Firenze la impugna

No al nucleare da 15 Regioni. «Incostituzionale la legge sull’atomo»: anche Firenze la impugna
16 gennaio 2010. IL TIRRENO

Non è stato preso in considerazione il parere degli enti locali e manca un piano energetico

ROMA. In un documento anti-centrale nucleare, quindici regioni italiane lamentano, rispetto alla delega del governo per la localizzazione dei siti «l’ennesimo vulnus al principio di leale collaborazione» e chiedono «intese più forti». Questo il risultato raggiunto da una riunione degli assessori regionali all’Ambiente, che si è svolta ieri a Roma.
La legge (approvata a fine luglio, la 99/2009) sul ritorno al nucleare è stata impugnata da 11 regioni per «incostituzionalità». E - riferiscono gli assessori - «da una lettera che il ministro Fitto ha inviato alla presidenza del Senato il 28 dicembre scorso» per accompagnare lo schema di decreto attuativo del provvedimento, si evince come «non venga preso in considerazione» il parere degli enti locali.
Il documento anti-centrale è stato formulato dalle stesse 11 Regioni (oltre alla Toscana, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Liguria, Marche, Piemonte, Molise) che hanno impugnato la legge sul ritorno al nucleare ma il documento ha poi ricevuto il sostegno anche da parte di Veneto, Campania, Sardegna e Sicilia, arrivando così a un totale di 15 regioni. Per gli assessori «il decreto non è assolutamente coordinato con la normativa vigente».
Eccesso di delega. Le Regioni lamentano che per l’autorizzazione, la localizzazione e la realizzazione degli impianti nucleari si ricorra a «una mera intesa di Conferenza unificata invece di intese più forti con le Regioni interessate territorialmente». Si parla anche di «un eccesso di delega» relativamente «alle procedure autorizzative oltre che al quadro pianificatorio strategico nazionale che esclude le Regioni e il loro piani energetici». Inoltre, il Consiglio dei ministri potrebbe superare «il diniego regionale all’intesa mediante una deliberazione motivata».
Piano energetico. Il Piano energetico serve, si dice, «a capire dove si vuole andare e in che modo». Secondo l’assessore del Lazio, Filiberto Baratti, è «folle procedere verso il nucleare senza un Piano».
Deposito scorie. Si parla delle «scorie che ci saranno senza pensare a quelle pregresse presenti sul territorio dall’86» che avrebbero bisogno dell’individuazione di un deposito nazionale.
Vas. In quanto alle procedure di impatto ambientale e strategico, «si nota che la procedura Vas prevista dal decreto, non tiene conto della localizzazione degli impianti, limitandosi a essere una procedura autorizzativa solo su parametri».
Agenzia nucleare. Il ruolo dell’Agenzia risulta «ambiguo, essendo di fatto l’unico ente cui tutti i diversi enti competenti rilasciano le singole autorizzazioni.
Misure compensative. Lo schema, si legge nel documento, «non individua le Regioni tra i destinatari delle misure compensative né prevede che le Regioni abbiano la competenza a effettuare l’attività programmatoria, di indirizzo e di verifica. Questo, rivelano gli assessori, crea «un corto circuito istituzionale» in cui non solo «non si rispettano più le regole ma il governo non rispetta nemmeno le sue stesse leggi».

martedì 5 gennaio 2010

Nucleare, no della Campania alle centrali

Nucleare, no della Campania alle centrali

la Repubblica del 4 gennaio 2010

Roberto Fuccillo

Anche la Campania alza il suo muro contro gli impianti nucleari rilanciati dal ministro Claudio Scajola. La Regione governata da Antonio Bassolino ha provveduto a inserire il suo «no, grazie» all´interno di una manovra finanziaria di bilancio votata a fine anno. Nel testo si stabilisce che «in assenza di intese con lo Stato in merito alla loro localizzazione», il territorio campano viene precluso a impianti di produzione di energia nucleare, ma anche di fabbricazione e stoccaggio di combustibile nucleare, nonché a depositi di materiali radioattivi».
In attesa che i siti vengano definiti, la Campania dichiara dunque off-limits il nucleare, in tutte le sue versioni. Anche se dalle tante voci ufficiose non era emersa finora l´ipotesi di un sito in Campania, fatta eccezione forse per la tentazione di utilizzare la dismessa centrale di Sessa Aurunca sul Garigliano come deposito. La norma ricalca quasi letteralmente quella varata circa un mese fa dalla Puglia di Nichi Vendola. E si aggiunge alla battaglia già intrapresa da altre Regioni con il ricorso avanzato alla Corte costituzionale contro il piano energetico nazionale. Proprio quel piano diventa ora il terreno di battaglia, dato che è lì che si individua il carattere strategico degli impianti e quindi anche la competenza dello Stato centrale.
Non a caso, passato il capodanno, in Campania è scoppiata immediata le polemica da parte di esponenti del Pdl. Il fuoco alle polveri lo ha dato il consigliere regionale Fulvio Martusciello: «È un polverone su una materia non delegabile alle regioni. Abbiamo già provveduto a segnalare l´incostituzionalità al ministro competente. La verità è che c´è chi vorrebbe una Campania anni ´50». È d´accordo Franco D´Ercole, leader dell´opposizione in Consiglio regionale: «Quella parte della Finanziaria potrebbe essere impugnata dal governo in quanto il nucleare risponde ad una scelta strategica nazionale che è sottratta alla competenza regionale. Noi non diciamo che in Campania debbano necessariamente farsi le centrali, ma affermare il principio che la Campania non può autorizzare l´installazione di centrali nucleari può comportare il rischio di rimanere a secco di energia».
Si profila dunque un braccio di ferro sul nucleare presso la Consulta. I partiti del centrosinistra campano comunque difendono la norma. Nicola Marrazzo di Italia dei valori non ha dubbi: «Abbiamo salvato la Campania da un piano scellerato. Ora il governo deve concordare le sue scelte con la Regione». Tonino Scala di Sinistra e Libertà sancisce che «il piano di Scajola è inapplicabile». E la notizia viene accolta con favore da Alfiero Grandi, presidente del «comitato per le energie rinnovabili-no al nucleare». Grandi rileva che «ben 13 Regioni hanno già fatto ricorso alla Corte Costituzionale e molte hanno adottato atti che concordano ad escludere il nucleare nel loro territorio. Purtroppo ancora troppo poco si è capito che il Governo ha fatto approvare una legge che non solo è uno schiaffo al referendum del 1987 ma prevede una procedura autoritaria e impositiva». Il che fa augurare a Grandi che «nelle prossime elezioni regionali la questione nucleare venga affrontata esplicitamente».