sabato 18 dicembre 2010

Nucleare, in Regione vince il no

Nucleare, in Regione vince il no

Francesco Di Frischia, Corriere della Sera - ed. Roma, il 25/11/10

Il Lazio dice «no al nucleare». È questo il risultato dell’approvazione di una mozione in Consiglio regionale ieri pomeriggio. A sorpresa, l’Udc, l’Mpa e «La Destra» di Francesco Storace si sono astenuti e il centrodestra è andato sotto. Così è stato approvato un documento proposto dai Verdi per «d’indisponibilità della Regione a realizzare centrali nucleari nel suo territorio». È stata invece bocciata un’altra mozione proposta dal centrodestra. Francesco Pasquali, consigliere Pdl e coordinatore del movimento giovanile del partito - che aveva presentato un testo pro nucleare, poi ritirato - si è autosospeso dal gruppo alla Pisana: gli insider sostengono che Pasquali starebbe meditando di passare con i finiani di Fli. Soddisfatto Angelo Bonelli (Verdi), primo firmatario della mozione: «Questo risultato non è significativo solo per il Lazio, ma per tutta l’Italia perché contribuirà a bloccare i programmi nucleari del governo Berlusconi». La presidente della Regione,. Renata Polverini, non si scompone: «Mozione contro il nucleare? Diciamo che la mozione che è passata risponde al mio programma elettorale». Poi aggiunge: «Probabilmente in Consiglio non si sono resi conto che c’è stata una sentenza della Corte Costituzionale che dice con chiarezza che le Regioni non hanno competenza in materia». Ma perché l’Udc si è astenuto? «L’Udc a livello nazionale ha votato a favore del ritorno del nucleare - ricorda Luciano Ciocchetti (Udc), vicepresidente della giunta -. Altra cosa sono, invece, le mozioni strumentali presentate dall’opposizione in Consiglio che sono fuori luogo. Comunque per la Corte Costituzionale il nucleare non spetta alle Regioni». E Roberto Buonasorte (La Destra) aggiunge: «Anziché confrontarsi in modo sereno e senza pregiudizi, sono state presentate 4 mozioni, nessuna delle quali soddisfacenti».
Il centrosinistra, invece, esulta. «Sul primo appuntamento vero, di sostanza di questo Consiglio la maggioranza si è spaccata», commenta Esterino Montino (Pd). Parole condivise da Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo (Lista Bonino Pannella): «Siamo convinti che il nucleare sia una scelta economicamente non conveniente». Vincenzo Maniecio (Idv) guarda avanti: «La Polverini e il governo dovranno tenere conto di questa mozione». Luigi Nieri e Filiberto Zaratti (Sel) ricordano: «Il ritorno all’atomo è osteggiato da un ampio fronte politico e contrastato da un vasto movimento popolare». Ivano Peduzzi e Fabio Nobile (Fsd) aggiungono: «La maggioranza si è liquefatta».

domenica 12 dicembre 2010

No del Lazio al ritorno del nucleare

No del Lazio al ritorno del nucleare

Vincenzo Mulè, Terra, il 25/11/10

«Indisponibile». La Regione Lazio, a sorpresa, chiude le porte al nucleare. Il consiglio regionale ha approvato una mozione, primo firmatario il capogruppo dei Verdi Angelo Bonelli, con la quale si dichiara «l’indisponibilità» del territorio del Lazio all’insediamento «di impianti di produzione di energia elettrica nucleare». Il testo approvato con 28 voti a favore, 16 contrari e 3 astenuti impegna «il presidente della Giunta regionale a dichiarare l’indisponibilità del territorio della Regione per l’insediamento di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del materiale combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché di depositi di materiali e rifiuti radioattivi, a partire dal sito di Montalto di Castro dove il governo prevede la realizzazione della nuova centrale termonucleare».
Soddifatto, Bonelli ha dichiarato: «Oggi si ferma il programma nucleare italiano. La votazione favorevole nel Consiglio Regionale, da noi richiesto, della mozione che blocca il nucleare, presentata dai Verdi e sottoscritta da tutta l’opposizione, è storica e straordinaria allo stesso tempo». Nel documento approvato su proposta anche di Pd, Sel, Federazione della Sinistra e Lista Bonino-Pannella, si sostiene che «il sistema elettrico regionale è in grado di coprire la richiesta di energia elettrica prevista al 2020 e di assicurare un esubero di circa il 13 per cento, mediante l’incremento della produzione da fonti rinnovabili, da risparmi nei settori finali di consumo e dall’ammodernamento con tecnologia eco-compatibile degli impianti in esercizio». Secondo il presidente dei Verdi per la Costituente ecologista «ora il piano nucleare in Italia si ferma perché il parere obbligatorio richiesto alle regioni dal Dlgs 31/2010 nella Regione Lazio è negativo».
Nessuna reazione da parte del Centrodestra a parte quella del consigliere regionale Francesco Pasquali, noto "falco’ filonucleare che si è autosospeso dal Pdl, in polemica con i consiglieri del centrodestra che hanno votato per la mozione dei Verdi, tra i quali si è distinta la consigliera Chiara Colosimo (Pdl) che è stata netta, durante il suo intervento in aula nell’esprimersi contro il nucleare. Ad inizio seduta, ricordando la recente sentenza della Corte costituzionale, Carlo De Romanis, a nome del Pdl come gruppo, aveva annunciato voto contrario: «Questa materia è di competenza nazionale ha detto - come sentenziato dalla Corte Costituzionale, e noi non ci opporremo alle decisioni del Governo. Poi, all’interno dei gruppi, ognuno voterà secondo coscienza». In realtà, la Consulta aveva dichiarato illegittime le leggi regionali emanate da Puglia, Basilicata e Campania con le quali avevano vietato l’installazione (sul loro territorio regionale) di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. Quella approvata dal consiglio è invece un documento politico che impegna la giunta.
L’Udc aveva dichiarato, attraverso il capogruppo Francesco Carducci, la propria astensione. Non esistono, secondo l’Udc, decisioni per la localizzazione di reattori termonucleari a Montalto e, viste le ingenti risorse necessarie, su questo tema serve un patto tra Governo nazionale e opposizione. Nel corso della seduta straordinaria, convocata dal presidente del Consiglio Mario Abbruzzese, su richiesta dell’opposizione, sono state discusse, in un lungo dibattito con posizioni articolate, due mozioni. Quella a firma di Bonelli e quella proposta da Francesco Pasquali (Pdl), poi ritirata, che impegnava la presidente Polverini a dichiarare la disponibilità della Regione al nucleare. «Sarebbe una scelta importante anche per la ripresa occupazionale» aveva sostenuto Pasquali prima che abbandonasse aula e partito in segno di protesta.

mercoledì 8 dicembre 2010

Centrali nucleari, oltre ventimila aborti negli ultimi quarant’anni

Centrali nucleari, oltre ventimila aborti negli ultimi quarant’anni
Andrea Bertaglio

L'allarme è stato lanciato da uno studio tedesco. I numeri riguardano soprattutto bambine. Tante non ne sono nate attorno ai 35 chilometri delle 31 centrali europee analizzate
Gravidanza a rischio se la madre abita nelle vicinanze di una centrale nucleare. In numeri: ventimila aborti spontanei negli ultimi 40 anni. Il tutto attorno a 31 impianti di energia atomica, 27 tedeschi e 4 svizzeri. Senza contare un netto aumento di deformità e tumori infantili. Questo si legge in uno studio pubblicato dal Centro di ricerca tedesco per la salute ambientale di Monaco.

Effetti collaterali

Negli scorsi giorni i ricercatori Ralf Kusmierz, Kristina Voigt e Hagen Scherb hanno pubblicato un report tra nascite e prossimità alle centrali nucleari in Germania e Svizzera, in modo da capire se la sola vicinanza delle centrali ha effetto sulla salute dei cittadini, anche in mancanza di grandi incidenti. Lo studio è partito dai dati sugli effetti della catastrofe di Cernobyl, sulle nascite in Ucraina (si stima che un milione di bambine e bambini non siano mai nati in tutta Europa a causa del disastro di Cernobyl) e nelle regioni toccate dalla nuvola radioattiva. Luoghi in cui già in passato si erano riscontrate significative anomalie sia nel numero delle nascite che nel rapporto di nascite fra maschi e femmine.

L’obiettivo degli studiosi era quindi di verificare gli effetti delle centrali nucleari sulle nascite, e i risultati sono stati sconcertanti: secondo loro, nei 35 chilometri attorno alle centrali, negli ultimi quarant’anni sono mancate all’appello ventimila bambine. Normalmente nascono 105/106 femmine per ogni 100 maschi, mentre nelle regioni in questione le nascite di bambine, appunto, sono state molto inferiori. Questo perché gli embrioni femminili sono ancora più sensibili alla radioattività rispetto a quelli maschili. Non solo, gli studiosi tedeschi hanno anche evidenziato un netto aumento dei casi di tumore infantile nelle vicinanze delle centrali nucleari.

Disguidi nucleari

Ma come si spiegano questi 20.000 aborti spontanei “in eccesso”, in assenza di incidenti conclamati presso le centrali di queste zone? Con il fatto che gli impianti, sostengono i ricercatori, rilasciano nell’ambiente sostanze tossiche o radioattive. E lo fanno in occasione di incidenti ritenuti di “basso livello”, quei numerosissimi “disguidi” (in Francia se ne verifica circa uno ogni tre giorni) che portano a una esposizione alla radioattività della popolazione “entro i limiti di sicurezza”. Limiti stabiliti dalle autorità nazionali, ma che per la loro frequenza e i loro effetti cumulati possono nuocere alla salute ben più di quanto i produttori di energia e le stesse autorità siano disposti ad ammettere.

Anche le sole attività legate alla produzione di energia, sostiene la ricerca, hanno effetti sull’ecosistema e sulle popolazioni circostanti, e la lista dei possibili “incidenti di basso livello” è lunga: si va dalle perdite nel trasporto e nello smaltimento delle scorie, agli scarichi di acque contaminate nei corsi d’acqua, fino alla presenza di agenti tossici nel vapore rilasciato in atmosfera che, è vero, non contiene CO2, ma non è certo il più salubre, in quanto proveniente da acqua evaporata entrando in contatto con un nucleo radioattivo.

Rassicurazioni o inganni?

Eppure, al di là di questo, è impossibile ignorare che senza l’energia nucleare molti sistemi-Paese rischierebbero di fermarsi, con effetti gravissimi sulle loro economie. È anche comprensibile, di conseguenza, l’enorme impegno di questi Paesi nel rassicurare le popolazioni sulla sicurezza degli impianti. Recentemente nella regione inglese del Somerset EDF energy ha diffuso la notizia sul consenso della popolazione locale relativo all’ampliamento della centrale di Hinkley Point (la cui chiusura è prevista nel 2016). Un consenso ottenuto non con la forza, ma con un sondaggio, commissionato dalla stessa EDF. Anche la Bbc ci era cascata, diffondendo insieme alla stampa locale la notizia che sei persone su dieci, nelle zone di Sedgemoor, Taunton Deane e West Somerset supportano l’ampliamento della centrale di Hinkley, nel sud ovest dell’Inghilterra.

Un sondaggio considerato però da più parti ambiguo. Secondo Leo Barasi di Climate Sock domande quali: “Fino a che punto è d’accordo con la seguente affermazione: l’energia nucleare ha degli svantaggi, ma la nazione ha bisogno di energia nucleare come parte di un bilanciamento energetico con carbone, gas ed energia eolica”, sono poste in modo da rendere difficile un disaccordo (calcolato infatti nel 13% dei rispondenti a questa domanda), e chi oggi vede i risultati è portato a pensare che le persone intervistate nella zona in questione ritengano necessaria l’energia nucleare. Lo stesso vale per domande in cui, mentre si chiede di pensare agli aspetti positivi e negativi di un nuovo reattore ad Hinkley Point, rientrano sempre in qualche modo i benefici che un nuovo reattore avrebbe sull’economia e l’occupazione locali.

“A me sembra chiaro che questa lunga serie di domande guidi le persone verso un percorso mentale che le porta a pensare ad una centrale nucleare in modo ben diverso da quanto esse normalmente farebbero”, accusa Ben Goldacre dalle pagine del quotidiano The Guardian. Secondo il giornalista inglese ha infatti un effetto ben diverso chiedere: “Volete che i vostri figli restino disoccupati?”, invece che: “Siete tutti segretamente terrorizzati all’idea che potremmo farvi prendere il cancro?”. Gli statistici sanno bene che il diverso ordine dato a certe domande potrebbe far variare l’andamento di un questionario, e per Goldacre quello di EDF contravviene a molte delle regole di base da tenere in considerazione nella compilazione di un questionario statistico. In particolare quella che consiglia di “stare attenti a non influenzare le risposte”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/26/centrali-nucleari-oltre-ventimila-aborti-negli-ultimi-quarantanni/78974/

lunedì 18 ottobre 2010

Oltre metà degli italiani è contro il nucleare

Oltre metà degli italiani è contro il nucleare

Luca Palmieri, Affari&Finanza inserto de La Repubblica, 18/ 10/ 2010

Da sempre l'Italia è considerato un paese con una scarsa sensibilità nei confronti dell'ambiente. Le cose però stanno cambiando, ed in maniera anche piuttosto rapida. Lo conferma l'Ecobarometro, osservatorio permanente sulle tematiche ambientali: per gli italiani infatti la preoccupazione per l'ambiente, espressa dal settanta per cento degli intervistati, è seconda solamente a quella per il lavoro. La ricerca, realizzata da Lorien Consulting e dal mensile La Nuova Ecologia, è stata presentata a inizio ottobre al Forum Qual Energia di Firenze, giunto al suo terzo appuntamento.
L'indicazione più interessante è proprio quella legata alle preoccupazioni degli italiani, convinti a stragrande maggioranza che l'inquinamento e lo spreco di risorse sono un argomento da affrontare con grande attenzione e senza alcuna perdita di tempo. Le risposte degli intervistati danno anche risultati significativi per quanto riguarda le priorità ambientali: a livello nazionale vengono infatti considerati fondamentali lo smaltimento dei rifiuti e lo sviluppo delle energie rinnovabili (per il 58,6% degli intervistati) mentre su scala lo cale la priorità è rappresentata dalla mobilità e dai mezzi di trasporto, dei quali deve sempre più essere ridotto l'impatto ambientale (46.5%).
La ricerca fa anche emergere una sostanziale critica nei confronti delle politiche sostenute dal governo italiano sotto il profilo della tutela dell'ambiente. Oltre il 75% degli intervistati ritiene infatti che potrebbe fare molto di più, mentre il giudizio negativo riguardo all'operato delle amministrazioni locali sull'argomento è leggermente meno forte (vengono bocciate dal61,5% degli italiani). Un altro argomento di contrasto con il governo è quello legato allo sfruttamento dell'energia nucleare. La volontà politica è infatti di tornare a servirsi di questa forma di energia ma l'opinione pubblica si dimostra ancora molto perplessa e preoccupata in proposito. La conoscenza spontanea del nucleare è di per sé molto bassa, dal momento che è citata solamente da due intervistati su dieci, ma soprattutto è scarso il gradimento nei confronti di una politica di sviluppo dell'energia atomica (il 58% è infatti contrario) la percentuale di sfiducia cresce sensibilmente quando il pensiero è rivolto a centrali nucleari presenti nella regione dove si abita, bocciate dal 66% degli intervistati.
Tra le fonti rinnovabili più conosciute restano al primo posto il solare e il fotovoltaico, (65%); a seguire vengono l'eolico, l'idroelettrico e il gas. Per quanto riguarda l'attenzione personale al fattore energia, è davvero molto alta la percentuale di chi utilizza lampadine a risparmio energetico (1198%), notevole anche la risposta su pannelli solari termici (47,5%) e fotovoltaici (47,3%). Considerazioni interessanti anche per quanto riguarda direttamente la green economy, dal momento che solamente il 42% la conosce, il60%invece ritiene comunque un piano di questo tipo attuabile nel nostro paese. Per risolvere la crisi si ritiene comunque fondamentale ridurre la pressione fiscale per i lavoratori dipendenti, investire sulla formazione giovanile e sulle aziende impegnate nel settore delle fonti rinnovabili, considerate in maniera quasi unanime le aziende del futuro. Lo conferma chiaramente la risposta alla provocatoria domanda su cosa gli intervistati avrebbero fatto se avessero avuto un milione di euro da spendere: ben il 77%li investirebbe infatti in un'azienda eco-sostenibile. Risultati forse sorprendenti ma che hanno dato nuovi spunti per il futuro.
«I dati emersi sottolineano come gli italiani abbiano raggiunto una certa maturità in termini di risposta ad una crisi che attraversa trasversalmente molti settori dell'economia - sottolinea l'amministratore delegato di Lorien Consulting Antonio Valente e l'economia sostenibile è vista come un'ancora di salvezza. Il fatto che oltre la metà degli italiani consideri le problematiche ambientali ai primissimi posti può essere il segnale di svolta, perché questa consapevolezza può consentire alla green economy di crescere indipendentemente dalle distinzioni politiche, di classe o di generazioni. Per gli italiani si può uscire dalla crisi se si imposta una nuova governance del sistema in cui tutti sono responsabili e partecipano attivamente ad un cambio di passo, che non può essere più rimandato».

domenica 5 settembre 2010

Nucleare, a gennaio i primi due siti

Nucleare, a gennaio i primi due siti

R.E.F. Il Messaggero, il 24/08/10

A gennaio 2011, quando arriveranno le prime domande per la costruzione delle centrali nucleari, si conosceranno anche i siti, almeno i primi due, dove saranno realizzate. Lo ha annunciato al Meeting di Rimini il sottosegretario allo Sviluppo, Stefano Saglia.
Ad ottobre arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri un «decreto per la strategia nucleare», di concerto tra i ministeri dello Sviluppo, dell'Ambiente e delle Infrastrutture. E nel testo saranno previste anche le «garanzie per le aziende», cioè gli indennizzi a tutela di chi investe dal rischio che, per un cambio di governo o «qualsiasi altro intoppo» il progetto si arresti. Misure per evitare che i danni, dopo forti investimenti, si scarichino sulle stesse imprese. Sui siti il governo vuole scelte di intesa con le Regioni: «Il percorso con i territori deve essere di condivisione e non di impostazione militaresca», garantisce Saglia. Il governo potrà comunque avvalersi dei poteri sostitutivi, «ma è un'evenienza che vorremmo scongiurare». Bisogna, ha sottolineato il sottosegretario, rispondere «all'esigenza che sul fronte energia ci sia una politica di buon senso e una strategia a lungo termine». Che si deve andare avanti lo dicono anche le aziende.
Per l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti non si può continuare a pensare che «uno sviluppo ordinato e sostenibile» sia possibile «senza ricorrere a tecnologie che in maniera infondata vengono considerate in maniera invasive, nocive». Nell'interesse generale del Paese è necessario che il progetto venga supportato «da un governo centralmente molto forte» che tracci linee guida solide a lungo termine. Anche per il presidente del consiglio di gestione di A2A Giuliano Zuccoli «non è più tempo per guerre ideologiche», il Paese non può rinunciare anche al nucleare in un mix di fonti. «Ai cittadini vanno spiegate le cose come stanno, così potranno farsi una loro idea consapevole». E la scelta dei siti, aggiunge Zuccoli, «sarà il momento nodale, il punto critico, un passaggio importante». Che deve fare il governo, non le amministrazioni locali. Intanto il numero uno di Enel, a margine del Meeting, ha anche parlato della previsto collocamento sul mercato di una quota della società del gruppo per le energie rinnovabili, Enel Green Power, destinata alla quotazione in Borsa e ad un eventuale private placement.
«Andiamo avanti con l'obiettivo di chiudere la cosa entro ottobre -ha indicato Conti - vogliamo raccogliere almeno 3 miliardi, questo è l'obiettivo, non abbiamo mai detto quale è la percentuale da cedere. Sono indiscrezioni», ha concluso l'a.d. di Enel, in merito alla quota di Green Power che verrà dismessa, come anche quelle sul riparto tra investitori istituzionali e mercato retail.

venerdì 20 agosto 2010

La Germania minacciata dalle sue scorie nucleari

La Germania minacciata dalle sue scorie nucleari

Italia Oggi - 15/07/10

La Germania minacciata dalle sue scorie nucleari. Tra il 1967 e il 1978 nella miniera di sale ormai in disuso di Asse, nel cuore del paese, è stato immagazzinato un volume di materiale radioattivo pari a 60 edifici. Queste 126 mila fusti di scorie radioattive avrebbero dovuto giacere lì per l'eternità. Ma trent'anni dopo, Asse sembra ormai prossimo alla catastrofe ecologica. Il luogo, geologicamente instabile, è oggetto di infiltrazioni d'acqua e alcuni contenitori sono arrugginiti. Così, di fronte alla gravità della situazione, l'ufficio federale incaricato della gestione del sito ha optato in gennaio per l'evacuazione. Un'operazione inedita e molto complessa, che richiederà vent'anni di tempo e potrebbe costare allo stato dai 2 ai 3 miliardi di euro. E anche per finanziare questa operazione che il governo cerca da alcuni mesi di costringere i produttori di elettricità a versare una parte degli utili derivanti dall'allungamento della durata di funzionamento degli impianti. I gestori del sito devono lottare contro due flagelli: il possibile crollo di alcune cavità e l'infiltrazione di acqua contaminata nella falda freatica. «Uno dei problemi è che noi non sappiamo veramente cosa si trova nei fusti», spiega Wolfram Koenig, presidente dell'ufficio federale della sicurezza nucleare civile. «L'etichettatura degli anni 60 e 70 non rispondeva agli standard attuali. In questi ultimi anni ne abbiamo aperti 25. La metà non conteneva quello che figurava sui registri». Davanti alla instabilità del sito, «riportare i fusti in superficie è parso come il minore dei mali». Le autorità tedesche hanno optato per il trasferimento provvisorio delle scorie di Asse verso l'antica miniera di ferro di Konrad, a qualche decina di chilometri. Ma nessuno per ora sa come avvicinarsi senza pericolo ai fusti né come estrarli, un giorno, dalla miniera.

domenica 15 agosto 2010

Prestigiacomo. La nuova regina dell’atomo

Prestigiacomo. La nuova regina dell’atomo
20 luglio 2010, Terra

Non appena arrivarono le dimissioni di Scajola, il primo pensiero di Stefania Prestigiacomo fu il nucleare: «La costruzione di nuove centrali è un progetto fondamentale che va portato avanti comunque», annunciò durante la Festa delle Oasi del Wwf. Era la mattina del cinque maggio. Solo qualche ora prima, Scajola si era dovuto far da parte dopo l’annuncio di aver avuto una casa «pagata a sua insaputa». La mancanza di tatto della ministra è però giustificabile: evidentemente, ci teneva al ruolo da protagonista nella rinascita del nucleare in Italia. Nel dicembre del 2009, fece scoppiare una “quasi” crisi di governo sulla questione. Soltanto la mediazione di Gianni Letta fece rientrare il conflitto. Ma l’obiettivo alla fine lo ha raggiunto. Ieri, infatti, la ministra è volata fino a Washington per firmare, in pompa magna, il trattato di sicurezza nucleare con gli Stati Uniti. È comprensibile, quindi, che abbia relegato a impercettibili rumori di fondo le polemiche sulla finanziaria di Tremonti che taglia drasticamente i soldi destinati ai Parchi e all’ambiente. Ora, la cosa che preme di più alla Prestigiacomo è soltanto una: autoeliminatosi Scajola, lei è rimasta da sola a gestire l’intera partita delle nuove centrali atomiche. Da quando c’è la vacatio al ministero per lo Sviluppo economico, si nota per il suo iperattivismo. Il 22 giugno è stata a Flamanville, in Francia, per visitare l’impianto atomico dell’Areva, la società francese che rientrerebbe nell’accordo per le nuove centrali italiane. Qualche settimana prima, aveva invece firmato un ac- procordo sul nucleare con la Slovenia. E in ogni intervento pubblico, non perde occasione per magnificare le sorti di questa fonte che lei ritiene «pulita» e «a impatto zero». Gli Stati Uniti, dove il ministro sta partecipando al Major economics forum sulle nuove tecnologie ambientali, sono l’ultima tappa di un percorso cominciato con la decapitazione di Scajola. La Prestigiacomo oggi firmerà con l’Agenzia governativa americana un trattato sulla sicurezza nucleare. Sarà il suo personale incoronamento. «Un ulteriore passo in avanti verso la definizione di una via italiana al nucleare su cui il governo ha deciso di scommettere», spiega infatti il ministero dell’Ambiente in una nota ufficiale. Infatti domani, il ministro volerà a Pittsburgh per visitare la sede della Westinghouse, la multinazionale americana dell’atomo (acquistata nel 2006 da Toshiba) che il nostro governo ha scelto come interlocutore, assieme ai francesi e ai russi di Rosotom. Il ministro dell’Ambiente, insomma, è diventata ormai la referente unica sul tema. Per di più, in una delle fasi più delicate: la nomina dei membri dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, che gestirà l’intero processo di ritorno all’atomo. «È questione di giorni», promette da diverse settimane il ministro. Ma i veti incrociati rallentano la formazione di questo organismo chiave per i nuovi impianti nucleari, la cui spesa prevista è di 5 miliardi di dollari ciascuno. L’opposizione, però, non è entusiasta delle mosse della Prestigiacomo. «A che titolo il ministro per l’Ambiente si occupa di competenze che appartengono al ministero per lo Sviluppo economico?», si chiede Andrea Lulli, capogruppo del Pd in Commissione Attività produttive della Camera. «L’impressione - continua il deputato Pd - è che in questa fase, in cui c’è ancora l’interim di Berlusconi, tutti cerchino di spolpare e accaparrarsi le deleghe del dicastero attraverso conflitti che sono tutti interni alla maggioranza». Anche i Verdi accusano la Prestigiacomo. Soprattutto per la sua assoluta latitanza nella fase di discussione della Finanziaria che ha portato al dimezzamento dei fondi per i Parchi. «Invece di darsi tanto da fare sul nucleare - denuncia il presidente dei Verdi Angelo Bonelli - il ministro dell’Ambiente sarebbe dovuta andare da Berlusconi e mettere sul tavolo le sue dimissioni nel caso in cui la norma che di fatto decreta la fine dei Parchi fosse passata. Ma forse è più legata alla sua poltrona che alla sopravvivenza delle aree protette».

martedì 10 agosto 2010

Non esistono le centrali nucleari sicure

Non esistono le centrali nucleari sicure

Massimo De Santi - Liberazione - 15/07/10

L'utilizzo dell'energia nucleare per la produzione di elettricità attraverso le centrali è una modalità intrinsecamente insicura. Insicura perché le centrali nel loro funzionamento emettono una quantità continua di sostanze radioattive e non esiste una dose-soglia di radioattività: anche la minima quantità di radiazioni può provocare tumori, leucemie o mutazioni genetiche. Insicura perché produce sempre scorie ad alto potenziale radioattivo che non sappiamo gestire in modo sicuro e che lasceremmo in eredità all'umanità per migliaia e migliaia di anni. Purtroppo ci sono scienziati che sostengono invece la necessità e anzi l'urgenza di realizzare in Italia almeno un po' di centrali nucleari, affermando che queste servono per ridurre le emissioni di Co2 e quindi l'effetto serra. Ma ciò non è vero, perché per l'approvvigionamento dell'uranio, il suo arricchimento, la costruzione della centrale, i materiali impiegati, lo stoccaggio delle scorie e lo smantellamento dell'impianto occorrerebbe così tanta energia di origine fossile che la Co2 emessa sarebbe paragonabile a quella di una centrale a carbone. Questi stessi scienziati ci raccontano inoltre la favola che le centrali Epr di terza generazione sono molto sicure, in quanto è minore la probabilità di un incidente catastrofico rispetto alle centrali di seconda generazione (quelle che furono chiuse a seguito della vittoria del referendum del 1987), ma non ci dicono che la quantità di radionuclidi emessi durante il loro esercizio è notevolmente maggiore e di più alta intensità e pericolosità. Ci dicono, inoltre, che costano meno, ma gli ultimi dati sembrano contraddirli, perché il loro costo è lievitato di centinaia di milioni di euro e i tempi per la loro costruzione sono aumentati dagli otto anni ai dieci-dodici anni, tanto che la società Areva ha affermato che il reattore atomico in costruzione a Olkiluoto in Finlandia è in ritardo di quattro anni e la società francese Edf, nostra partner, annuncia un ritardo nella realizzazione dell'impianto francese di Flamanville che non entrerà in funzione prima del 2014. Ma allora qual è il vero scopo di questo governo che insiste nel voler realizzare a tutti i costi centrali nucleari in un Paese che non possiede uranio e deve importare dalla Francia le centrali nucleari e l'uranio arricchito? La logica ci dovrebbe portare a dire che il grande interesse è delle lobbies internazionali del settore energetico che vogliono l'assoluto controllo sull'energia, per condizionare anche le scelte sul futuro dell'economia. Lo stesso smaltimento dei residui radioattivi rappresenta una miniera di appalti esenti da rischi giudiziari, visto che le centrali sono coperte da segreto di stato o militare. E' evidente che, per un Paese come l'Italia in piena crisi economica di sistema, costruire centrali nucleari significa rilanciare la grande industria, ma senza una significativa ricaduta occupazionale. Con gli ingenti investimenti per le quattro centrali previste (30-40 miliardi di euro) si potrebbe fare un piano per il risparmio dell'energia e le fonti rinnovabili che darebbe da subito un contributo all'occupazione diffusa, al miglioramento della qualità ambientale e all'assenza di impatto sanitario per le popolazioni. Ma tutto ciò per il governo non conta e anzi si comprano i cacciabombardieri nucleari F35 (15 miliardi di euro) e si continua ad aumentare la spesa militare. Il nucleare fa parte della logica neoliberista: grandi impianti, grandi opere, grandi affari e guerre per generare distruzioni, inquinamenti e malattie per poi fare lobbies con le ricostruzioni, gli impianti di disinquinamento e nuovi farmaci. Tutto può diventare un buon affare. Noi comunisti e la sinistra ci opporremo con ogni mezzo alla follia distruttrice dell'ambiente e della vita inutile, dannoso e pericoloso: basta leggere i rapporti internazionali francesi e statunitensi delle Agenzie della Sicurezza per vedere i numerosi incidenti avvenuti alle centrali nucleari. Per questo, Prc e Federazione della Sinistra hanno aderito alla presentazione in Cassazione il 7 giugno della proposta di Legge di Iniziativa Popolare "Sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima" per dire sì alle rinnovabili e no al nucleare e appoggiano in tutte le forme la campagna di raccolta firme perché si raggiunga il quorum previsto delle 50mila entro l'8 dicembre 2010. Non dobbiamo farci incantare dalle sirene di quegli scienziati che legati alla vecchia logica economicistica difendono le centrali nucleari del modello capitalistico in piena crisi di sistema, invece di guardare a soluzioni innovative più rispettose dell'ambiente e della salute umana. Siamo dalla parte della difesa dei beni comuni (acqua, energia, territorio) e per un loro utilizzo oculato e a vantaggio di tutti.

sabato 31 luglio 2010

Due milioni di firme per tre referendum Idv ma i verdi contestano

Due milioni di firme per tre referendum Idv ma i verdi contestano

Il Fatto Quotidiano - del 30/07/10

Sono arrivate due milioni e 200 mila firme raccolte dal movimento di Antonio Di Pietro, dal primo maggio e depositate ieri mattina nel sotterraneo della Suprema Corte per poi essere verificate e certificate nel raggiungimento dei quorum delle 500 mila firme necessarie per andare al referendum. L'ldv chiede tre "no": al ritorno all'energia nucleare, al legittimo impedimento, alla privatizzazione dei servizi idrici. "Il quesito referendario presentato dall'onorevole Di Pietro lascia aperta la porta alla privatizzazione dell'acqua", ha commentato il presidente dei Verdi Angelo Bonelli: "Sull'acqua come bene comune I'Idv ha perso un'occasione: per questa ragione chiediamo ai cittadini di sostenere il quesito presentato dal Movimento per l'acqua pubblica, già sottoscritto da un milione e quattrocentomila cittadini". Invece, per i Verdi "il referendum sul nucleare rischia di fornire un assist formidabile alle lobby energetiche e alle grandi multinazionali e a tutti coloro che lavoreranno (anzi stanno già lavorando) affinché non si raggiunga il quorum".

venerdì 16 luglio 2010

«BENEDETTO NUCLEARE» SPOT ATOMICO DALLE DIOCESI

«BENEDETTO NUCLEARE» SPOT ATOMICO DALLE DIOCESI

l'Unità del 6 luglio 2010

Paola Medde

Il nucleare è cosa buona e giusta. L'undicesimo comandamento suonerebbe così, secondo l'opuscolo dal messianico titolo Energia per il futuro: quarantasette pagine di omelia incondizionata, a favore dell'energia dell'atomo, confezionate dalla MAB.q- agenzia che cura la comunicazione dell'Enel - e distribuite urbi et orbi in allegato con i periodici ufficiali di diverse diocesi italiane, da Oristano a Trento, da Agrigento a Padova. La benedizione atomica, si legge nell'opuscolo, arriverebbe proprio dal Pontefice il quale «ha auspicato l'uso pacifico della tecnologia. nucleare». Nessun dubbio: qualche riga più in là emerge ancora più netto l'orientamento della Chiesa, «la cui posizione ufficiale in materia è stata espressa dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: "La Santa Sede è favorevole e sostiene l'uso pacifico dell'energia nucleare, mentre ne avversa l'utilizzo militare"». Seguono quaranta e più pagine di spot cuciti addosso all'idea che l'atomo sia una scelta salvifica: pulita, sicura, poco costosa, capace di rinfilare l'Italia dentro i tetti fissati dal protocollo di Kyoto. Peccato che se e quando si metteranno in moto i reattori nucleari, l'Italia sarà già in ritardo per il rispetto degli accordi sul clima. Ma tant'è: quale sponsor migliore, per l'atomico made in Italy, di un viatico religioso?
SCOPRI LO SPONSOR I giornali delle diocesi prendono le distanze dai contenuti: non sono stati loro a redarre l'opuscolo, si sono limitati a ospitarlo come una, pubblicità, anche se in nessuna pagina sta scritto che si tratta di un'inserzione a pagamento e men che meno da chi è finanziata. Per capire chi in realtà abbia firmato questa operazione di sdoganamento catto-nucleare, facendola passare per un'obiettiva e asettica informazione, bisogna scivolare fino all'ultima pagina. Qui, nel retrocopertina, si scopre che a curare la pubblicazione è stata tale MAB.q, ermetica sigla dietro cui si nasconde l'agenzia di comunicazione di Egidio Maggioni, responsabile del Centro Tv Vaticana, che nel suo portafoglio clienti vanta un intero filone religioso - Radio Vaticana, Fondazione Giovanni Paolo Il per lo Sport, Teleradio Padre Pio, Azione Cattolica, Comune di Lourdes ma anche nomi di peso come Fondazione Cariplo, Regione Lazio ed Enel. Enel, appunto, che della torta nucleare si accaparrerà una fetta consistente: suoi quattro degli otto reattori che sorgeranno in Italia. L'Ente nazionale energia elettrica, nell'opuscolo figura più o meno come una comparsa nei titoli di coda, sfuggente, pressoché invisibile: risulta aver messo a disposizione solo il suo archivio fotografico ed offerto la collaborazione di un suo esperto, ma è intuibile chi abbia ispirato il progetto, attraverso il suo braccio operativo Sviluppo Nucleare Italia. Ed è intuibile che MAB.q sia l'anello di congiunzione tra, l'Enel e la Chiesa. Del resto, quando Radio Vaticana aprì le porte alla pubblicità, è stato proprio il gigante dell'energia elettrica l'inserzionista di punta. Quanto abbia fruttato l'allegato ai periodici diocesani non è dato sapere: alcuni di loro, di fronte alle proteste dei lettori, si sono affrettati a prendere il largo dai contenuti e a giustificare la, scelta con le difficoltà economiche causate dall'abolizione delle tariffe postali agevolate per la stampa. Nessuna smentita o distinguo sono arrivati invece dal Vaticano, a cui non potrebbe essere sfuggita una strumentalizzazione, se di questo si trattasse, delle parole del Papa, a cui viene attribuita una netta posizione pro-nucleare. Singolare, e chissà quanto casuale, è poi notare che nella geografia scomposta della distribuzione del libretto compaiano alcuni fra i territori più accreditati per l'installazione delle centrali come Oristano, che si candida a ospitare un impianto nella piana di Cirras, e Agrigento, dove designato sarebbe il centro di Palma di Montechiaro. Qui, semmai dovessero sorgere, i reattori saranno avviati con tanto di aspersione dell'acqua santa.

martedì 6 luglio 2010

CAORSO EMBLEMA DEL NO AL NUCLEARE

CAORSO EMBLEMA DEL NO AL NUCLEARE

La Gazzetta del Mezzogiorno del 6 luglio 2010

Nella seconda metà di giugno è partito perla F rancia l'ultimo treno contenente gli ultimi elementi di combustibile irraggiato della centrale nucleare di Caorso, a 40 anni dal suo travagliato avvio. Negli anni '60 in Italia erano state costruite tre piccole centrali nucleari di potenza fra 200 e 300 Megawatt, di tre diversi modelli, vissute per alcuni anni con molti inconvenienti e incidenti. Nella seconda metà degli anni '60 il governo decise di autorizzare l'Enel a costruire una centrale più grande, della potenza di 860 megawatt elettrici. Il «combustibile» era costituito da uranio «arricchito» al 3% nell'isotopo fissile uranio-235. Per la localizzazione fu scelto Caorso, un paesino fra Piacenza e Cremona, in una zona agricola poco abitata, nella golena del Po, in modo da utilizzare, per raffreddare il condensatore delle turbine, l'acqua del più grande fiume italiano: 32 metri cubi al secondo, restituita al fiume ad una temperatura di una diecina di gradi superiore.
UNA CENTRALE NATA E VISSUTA MALE -Negli ultimi anni '60 la contestazione ecologica era all'inizio; ci si cominciò ad accorgere dell'esistenza di «Caorso» quando cominciarono i lavori, a partire dal gennaio 1970, con una vivace immigrazione di lavoratori meridionali. Le fondamenta della centrale affondavano nella falda sotterranea di acqua che cominciò a penetrate nell'edificio; fu costruito un muro di impermeabilizzazione, ma, per difetti di costruzione, l'acqua ha continuato a infiltrarsi nei locali più bassi e ha dovuto essere continuamente pompata via. Il reattore della centrale ha cominciato a fornire calore nel dicembre 1977; la prima elettricità è stata immessa nella rete nel maggio 1978; la produzione commerciale è cominciata nel 1981. Mentre era in corso questo faticoso avviamento, nell'aprile 1979 si verificò il primo grave incidente nucleare alla centrale americana di Three Mile Island. Per una interruzione della circolazione dell'acqua di raffreddamento si ebbe un surriscaldamento del reattore, con fusione parziale del nocciolo e formazione di una bolla di gas idrogeno (la centrale è ancora chiusa): l'incidente destò una grande impressione in tutto il mondo. Nonostante le critiche e i dubbi emersi sulle condizioni delle centrali italiane e in particolare di quella di Caorso (il testo della relazione è pubblicato nel «Notiziario Cnen», febbraio 1980) i1 governo italiano decise di far continuare il funzionamento della centrale. La fine del nucleare in Italia si ebbe nel 1986 quando esplose la centrale ucraina di Chernobil; in quel marzo la centrale di Caorso era ferma per manutenzione, e la «grande paura» indusse a sospenderne il funzionamento. Il curriculum di Caorso non è stato molto,brillante: dal 1981 al 1986 ha prodotto circa 29 miliardi di chilowattora di elettricità, meno della metà di quella prevista. Nel novembre 1987, dopo innumerevoli dibattiti, un referendum popolare abrogò gli articoli di legge che consentivano la prosecuzione delle attività nucleari e la povera centrale di Caorso fu chiusa.
SCORIE RADIOATTIVE IN FRANCIA E RITORNO -Nel 1990 fu decisa la disattivazione dell'impianto, un insieme di operazioni complicate perché una centrale nucleare non muore mai, si lascia dietro una coda di sostanze radioattive, velenose e pericolose. I cilindri di «combustibile irraggiato», periodicamente estratti dal reattore, vengono posti per alcuni anni in speciali piscine nelle quali si aspetta che una parte della radioattività diminuisca spontaneamente. Dopo la chiusura di Caorso sono rimaste 1032 barre di combustibile irraggiato, contenenti 187 tonnellate di elementi radioattivi che nessuno sapeva dove mettere. Lentamente la turbina e una parte dei macchinari sono stati smontati e venduti come rottami (in parte radioattivi), e gli elementi di combustibile sono stati avviati in treni sotto altissima protezione (l'ultima spedizione, appunto, pochi giorni fa) nello stabilimento francese di La Hague dove vengono sottoposti a trattamenti chimici per separare il plutonio e gli altri elementi «a lunga vita radioattiva» dal materiale meno pericoloso. Il contratto prevede che i materiali più radioattivi vengano riportati in Italia, entro una ventina di anni, come scorie ad alta attività, da sistemare non si sa dove. Vale la pena ripercorrere questa pagina della storia dell'energia nucleare e dei suoi errori in un momento in cui il governo intende costruire alcune centrali nucleari e in cui sta per aprirsi un dibattito su dove collocarle. Tale storia mostra fra l'altro che in Italia non esistono dei luoghi geologicamente stabili e sicuri da alluvioni, esenti da terremoti, vicini a una grande massa di acqua di raffreddamento, lontani da città e vie di comunicazione, in cui mettere delle centrali nucleari e tanto meno seppellire per secoli e millenni le scorie radioattive esistenti e quelle che torneranno in patria. Non è proprio il caso di produrne delle altre.

sabato 26 giugno 2010

E sul nucleare la sfida resta aperta "Il governo dia la lista dei siti"

E sul nucleare la sfida resta aperta "Il governo dia la lista dei siti"
VENERDÌ, 25 GIUGNO 2010 LA REPUBBLICA - BARI

La Consulta deve esaminare altri due ricorsi

Contestato il giudizio del ministro Fitto soddisfatto dalla decisione

La battaglia sul nucleare non è persa del tutto. Ne sono convinti alla Regione Puglia dopo la bocciatura dei ricorsi delle Regioni contro la legge delega. Davanti alla Corte costituzionale, intanto, ci sono ancora altre due sfide che vedranno contrapposti governo e Regione Puglia: quella sul ricorso della Regione contro il decreto Scajola del 15 febbraio che fissa i criteri per individuare i siti e l´altra che nasce dal ricorso del governo contro la legge regionale che attribuisce alla Regione l´ultima parola in caso di contrasto con il governo sull´individuazione di un impianto nucleare.
I partiti e i gruppi regionali legati a filo doppio con il governatore Nichi Vendola, Sinistra Ecologia e Libertà, "La Puglia per Vendola" e Verdi, blindano il no al nucleare. Michele Losappio, capogruppo di Sel, incassa e rilancia: «Sfidiamo il governo a comunicare l´elenco dei siti che ospiteranno le centrali e i depositi di scorie nucleari». Sfida aperta soprattutto a Raffaele Fitto, il ministro pugliese degli Affari regionali, che aveva espresso soddisfazione per la sentenza dei giudici costituzionali. «Abbia il coraggio di chiarire senza ulteriori indugi dove dovranno sorgere gli impianti ponendo fine a tattiche dilatorie e a presunte furbizie - attacca Losappio - vedremo allora se e quanto la nostra Regione sarà coinvolta in questa avventura sciagurata».
Per Angelo Disabato a capo del gruppo "La Puglia per Vendola", «chi oggi volesse il nucleare in Puglia lo farebbe contro il buon senso e le giuste ragioni delle comunità pugliesi. La nostra dignità, la nostra salute, la nostra qualità della vita, il nostro turismo, non sono in vendita e non hanno prezzo».
Angelo Bonelli, il leader dei Verdi, ieri a Bari per presentare con il coordinatore pugliese del movimento ambientalista, Mimmo Lomelo, la campagna per promuovere la raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sull´efficienza energetica delle fonti rinnovabili, non è convinto che la sentenza della Consulta sia troppo penalizzante per le dieci Regioni che hanno sfidato il governo: «Bisogna essere molto cauti e attendere le motivazioni. La partita sul nucleare è tutt´altro che chiusa. Anche perché il nucleare costa e lo si vuole realizzare con soldi pubblici con l´aggravante - insiste Bonelli - che i costi di queste centrali ricadrebbero inevitabilmente sui cittadini le cui bollette aumenterebbero del 15%». Lomelo, che era nella giunta Vendola nella passata legislatura, ha ricordato che «la Puglia ha scelto di puntare sulle energie rinnovabili e ha ribadito all´unanimità la propria scelta di dire no al nucleare nè a Mola nè a Nardò nè in qualsiasi località».
(p. r.)

venerdì 25 giugno 2010

"SUL NUCLEARE DAREMO BATTAGLIA"

"SUL NUCLEARE DAREMO BATTAGLIA"

La Discussione del 18 giugno 2010

«Siamo pronti a fare questa battaglia dinanzi alla Corte Costituzionale perché pensiamo che in questo caso si mescoli la competenza sulle materie energetiche a quelle sulla materia sanitaria. Contestiamo una legge i cui effetti possono essere catastrofici sulla salute dei cittadini». Così il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, rispondendo ai cronisti a margine di un convegno in corso a Roma, a Palazzo Valentini, dedicato al tema del nucleare, al quale hanno preso parte, tra gli altri, Emma Bonino e il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti. «Finché non c’é alcuna sicurezza sul tema dello smaltimento delle scorie nucleari - ha chiarito il Governatore - finché ci troviamo di fronte ad atteggiamenti da ciarlatani che immaginano un nucleare sicuro che non esiste in alcuna parte del mondo, credo che abbiamo il diritto di reagire con estrema durezza su quello che consideriamo un rischio, tanto più perché nel caso specifico della Puglia parliamo di una Regione che già produce energia sovrabbondante che viene regalata al sistema Paese: la Puglia regala 1’83% dell’energia che produce trattenendo per sé il 17% Vendola ha sottolineato che «la Puglia è disponibile a continuare ad implementare la propria forza produttiva di energia, ma non è disponibile a beccarsi né un rigassificatore, né le centrali nucleari».

Cade l’ultimo ostacolo per il ritorno al nucleare

Cade l’ultimo ostacolo per il ritorno al nucleare
Opinione.it, 24 giugno 2010

RIGETTATI I RICORSI

di redazione opinione

Dopo che la Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili cade anche l’ultimo ostacolo di rilievo per il ripristino dell’atomo in Italia. Ora, il primo passo necessario ad avviare la fase di ritorno dell’Italia al nucleare sarà quello di scegliere i siti che ospiteranno le centrali. Operazione per la quale, secondo il governo, ci vorranno circa tre anni. I criteri per la scelta sono stati dettagliati più volte: l’European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese - quello che sbarcherà in Italia - richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate. Non a caso il decreto legislativo varato dal Consiglio dei ministri a dicembre, che mira a indicare le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari, indica una serie di parametri ambientali, fra cui popolazione e fattori socio-economici, qualità dell’aria, risorse idriche, fattori climatici, valore paesaggistico e architettonico-storico. Secondo il decreto, i siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, intorno ai 10 milioni di euro l’anno, destinati sia agli enti locali che ai residenti nelle zone in questione. Fra i nomi che puntualmente ritornano, al di là delle dichiarazioni contrarie di alcuni presidenti di Regione, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti, poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume. Fra i luoghi più papabili, anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell’acqua di mare.

Nucleare, cinque aree per le centrali. Da Pianosa a Follonica: la mappa toscana delle zone indicate dal Cnen

Nucleare, cinque aree per le centrali. Da Pianosa a Follonica: la mappa toscana delle zone indicate dal Cnen
MAURIZIO BOLOGNI
VENERDÌ, 25 GIUGNO 2010 LA REPUBBLICA - FIRENZE

Resta ancora valida la valutazione sui requisiti realizzata negli anni Settanta dagli scienziati

La mappa, vecchia di 31 anni, è sempre la stessa. L´ha disegnata nel 1979 il Cnen, il Comitato nazionale per l´energia nucleare. Indica le aree idonee a ospitare le centrali nucleari. Quelle zone hanno infatti i requisiti minimi richiesti dagli scienziati per poter ospitare gli impianti: scarsa densità abitativa, abbondante presenza di acqua, basso rischio sismico. E in quella mappa, riportata d´attualità dal verdetto della Corte Costituzionale che mercoledì ha bocciato i ricorsi di dieci Regioni tra cui la Toscana contro il decreto legislativo del governo per il nucleare in Italia, ci sono cinque aree all´interno della Toscana. Aree a forte vocazione turistica, di pregio ambientale, sottoposte a vincoli naturalistici. Lì potrebbero sorgere le nuove centrali nucleari.
C´è, neppure a dirlo, l´isola di Pianosa, nel cuore del Parco nazionale dell´arcipelago, eppure da anni al centro di svariati progetti che non vanno propriamente nel segno di svilupparne i forti connotati naturalistici. Se n´è parlato per riaprirvi un carcere. Se n´è parlato perché al centro delle pericolose rotte del petrolio. E persino perché al largo della costa c´è chi chiede di poter cercare l´oro nero. Ora viene indicata come possibile sito di centrale nucleare. Altre zone indicate dalla mappa del 1979 sono la zona costiera a nord di Piombino fino a Cecina e quella a sud di Piombino fino a Follonica. Quarta zona possibile: quella costiera di Grosseto. Quinta: la zona a nord e sud del Monte Argentario.
Il governo Berlusconi, che dalla fine dell´anno scorso ha riaperto la partita per la costruzione in Italia delle centrali nucleari, non ha mai smentito che quella mappa sia ancora oggi la bussola che orienterà la scelta dei siti. Ci hanno provato in molti a schiodare il governo per cercare di sapere. Invano. «Ho idea di quali siano i possibili siti ma non li rivelerò nemmeno sotto tortura» ha detto l´amministratore dell´Enel Fulvio Conti, che anche in Toscana svolge un´azione di promozione della bontà della scelta nucleare. A gennaio, poi, Ermete Realacci, il parlamentare del Pd che ha tirato fuori dal cassetto la mappa del 1979, ci ha provato con un´interrogazione a scalzare il governo. «La risposta è stata imbarazzata, evasiva» dice Realacci. «Ma i requisiti richiesti ai territori per ospitare le centrali sono quelli di 31 anni fa, c´è quindi motivo di temere che il governo ritenga ancora valido il lavoro svolto dal Cnen nel 1979. Oltretutto - aggiunge Realacci, contrario al nucleare - per costruire le centrali servono tempi lunghi e i costi sono alti. Gli italiani pagano ancora in bolletta ogni anno 400 milioni di euro per smaltire le scorie del vecchio nucleare».
Sulla sentenza della Corte Costituzionale, ieri è intervenuto l´assessore all´ambiente, alla tutela e all´energia della Regione. «Ci riserviamo una valutazione approfondita, che sarà possibile quando saranno rese note le motivazioni della sentenza. Mi sembra però una occasione mancata» ha detto Anna Rita Bramerini. «La Consulta - ha aggiunto - riconosce alle Regioni le competenze in materia di governo del territorio. Sarà questo il terreno su cui potremo lavorare e confrontarci, come ha affermato Adolfo Urso, vice ministro allo Sviluppo economico, in uno spirito di leale e fattiva collaborazione tra le istituzioni. Verificheremo la volontà del governo alla prova dei fatti. Ritengo inoltre che il tema debba essere portato all´attenzione della Conferenza Stato-Regioni. Il quadro politico-istituzionale infatti è in questi mesi molto cambiato».

giovedì 24 giugno 2010

NUCLEARE, REGIONI RESPINTE. LA CONSULTA DICE NO AI RICORSI.

NUCLEARE, REGIONI RESPINTE. LA CONSULTA DICE NO AI RICORSI.

Il manifesto del 24 giugno 2010

Claudio Magliulo

E così il nucleare si farà. Lo ha deciso ieri la Corte costituzionale, respingendo i ricorsi presentati
da dieci regioni sulla legge delega del 2009 che sanciva il ritorno al nucleare italiano. Lazio, Umbria, Basilicata, Toscana, Calabria, Marche, Molise, Puglia, Liguria ed Emilia-Romagna avevano sollevato profili di incostituzionalità per alcuni elementi della legge. In particolare i ricorsi si concentravano sull’assenza di un’intesa con le regioni interessate dalla scelta dei siti, sulla possibilità per il governo di dichiarare i siti «aree di interesse strategico nazionale» e sulla procedura che prevedeva un’autorizzazione unica ministeriale per la costruzione, l’esercizio e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, senza consultare la regione interessata. La Consulta ha però ritenuto che i quesiti fossero in parte «inammissibili» e in
parte «infondati».
«Mi sembra strano - commenta a caldo l’avvocato Manzi, che ha discusso la causa giusto l’altro ieri - Il poco tempo che hanno impiegato per decidere potrebbe indicare non un rifiuto nella sostanza. Almeno per i questi dichiarati inammissibili, la Consulta potrebbe aver indicato un’interpretazione costituzionalmente orientata’ che salvaguardi la legge, imponendo di applicarla in un certo modo, per esempio estendendo i momenti di consultazione delle regioni. Ma siamo nel campo delle ipotesi. Aspettiamo che la sentenza sia depositata».
Dopo il referendum del 1987 con il quale i cittadini italiani hanno deciso di interrompere l’esperienza nucleare appena iniziata, più volte si era sfiorato l’argomento, considerato ancora «tabù» da molti. Silvio Berlusconi e il suo allora ministro Claudio Scajola non hanno avuto dubbi, invece, e pochi mesi dopo le elezioni del 2008 hanno rilanciato l’opzione nucleare. Con la sponda dell’amministratore delegato di Enel, Paolo Scaroni, all’epoca in giro per l’est Europa a fare shopping di vecchie centrali sovietiche. La legge delega del febbraio 2009, però, aveva scatenato l’accesa reazione di quasi tutti i presidenti di regione, oltre alle proteste dei comitati no-nucleare e delle associazioni ambientaliste, Greenpeace in testa Nichi Vendola aveva dichiarato: «Se vogliono piazzare una centrale in Puglia, dovranno venire coni carrarmati». Non è stato necessario: gli è bastata una pronuncia della Corte costituzionale. Le reazioni non si sono fatte attendere. Il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, in visita al reattore di Flamanville, Francia, ha espresso soddisfazione: «La decisione della Corte Costituzionale di rigettare l’impugnativa delle regioni sulla legge delega per il nucleare fuga ogni dubbio sulla legittimità dell’impostazione del governo su questo tema chiave per lo sviluppo del paese». Prestigiacomo ha spiegato di aver già parlato con Berlusconi, chiedendo di accelerare sull’avvio dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, e che avrebbe incontrato Umberto Veronesi ed Emma Bonino per «un franco
confronto sul questa sfida». Esprime apprezzamento anche il ministro degli affari regionali Raffaele Fitto, due volte battuto da Nichi Vendola in Puglia, e chiaramente felice di poter ricambiare con una bella centrale nucleare nel Tavoliere.
«La sentenza della Corte costituzionale - ha dichiarato- conferma il principio della competenza nazionale su questioni dalle quali dipende il futuro del paese nel suo complesso oltre che dei singoli territori. E’ evidente che le prese di posizione, inutilmente polemiche, di alcuni presidenti di regione si dimostrano finalizzate solo a strumentalizzazioni politiche». I Verdi prendono atto della decisione della Consulta, ma ritengono che la partita sia aperta: resta ancora in campo il ricorso contro il decreto attuativo della
legge. «Intanto - ha aggiunto il presidente Angelo Bonelli - il governo non ha ancora avuto il coraggio di dire agli italiani i siti dove intende costruire le centrali atomiche. Ma non riuscirà a farle perché la mobilitazione popolare glielo impedirà». E alla società civile si appella anche l’Italia dei Valori: «Come volevasi dimostrare il referendum è l’unica arma per bloccare la costruzione delle centrali nucleari. Al di là della sentenza della Consulta, questo progetto del governo rimane un obbrobrio».
Ma il Pd, neanche a dirlo, già sì dichiara «pronto a discutere».

Chi imparerà ad amare la bomba?
La domanda adesso è: dove le faranno queste centrali? Da mesi circolano voci molteplici, ma una certezza c’é: i requisiti della tecnologia scelta, il cosiddetto nucleare di terza generazione, al secolo Epr, reattore pressurizzato europeo. La tecnologia francese richiede, infatti, zone poco sismiche, vicinanza
a grandi bacini d’acqua per il raffreddamento dei reattore, e preferibilmente la lontananza da zone
densamente abitate. Di posti che incontrino almeno i primi due requisiti in Italia non ce ne sono molti. Il toto-siti è angosciante, e il dito viene puntato innanzitutto sui luoghi che già ospitarono le centrali pre-referendum: Caorso (provincia di Piacenza) e Trino Vercellese (Vercelli). Ma tra le scelte possibili ci sono anche Montalto di Castro (Viterbo), per la sua disponibilità di acqua salata e le reti elettriche già installate per la megacentrale. Secondo altri sarebbero papabili anche Monfalcone (Gorizia), Porto Tolle (Rovigo) e Chioggia (Venezia) sul delta del Po, Scanzano fonico (Matera) e Oristano. Un boccone amaro per qualunque sito sarà scelto nella «provincia denuclearizzata», dove si affilano da tempo armi e denti. Anche là dove il centro-destra governa ed è egemone. Secondo il governo ci vorranno almeno tre anni per operare una scelta difficile: meglio comunicare ai condannati la sentenza prima o dopo le elezioni?

martedì 22 giugno 2010

"DEVONO MANDARE I CARRI ARMATI PER FARE LE CENTRALI NUCLEARI"

"DEVONO MANDARE I CARRI ARMATI PER FARE LE CENTRALI NUCLEARI"

La Gazzetta del Mezzogiorno del 18 giugno 2010

Alessandra Flavetta

«Il nucleare è la carta vincente?». Se lo chiedono l’Associazione «Luca Coscioni» e i radicali, che ieri ne
hanno discusso a Roma in un convegno. Il presidente della Puglia Nichi Vendola, a margine del convegno, è stato perentorio: «Il nucleare in Italia si può fare solo con i carri armati, cioè con un modello di militarizzazione del territorio».
Un «no» secco, quindi, alle ipotesi di una centrale nucleare e di un rigassificatore in Puglia. Ha specificato di considerare meno dispendioso intervenire sulla dispersione di energia nella rete, «pari al 18% in Italia, più dell’energia che possono produrre due o tre centrali nucleari». Puntare sull’uranio è «la danza macabra delle lobby mondiali». Il governatore pugliese ha fatto esplicito riferimento al solare («voglio creare un habitat urbano che sia fornito direttamente dall’energia solare»). «Siamo disponibili - ha aggiunto - a aumentare la produzione di energia ma non siamo disponibili a beccarci nè un rigassificatore nè una centrale nucleare».
La Puglia - ha specificato Vendola - «già regala l’83% dell’energia al sistema Italia e ne trattiene per sè soltanto il 17%». Una legge, quella del governo, che il presidente pugliese considera dagli «effetti catastrofici sulla salute dei cittadini». Per questo «siamo pronti a fare battaglia di fronte alla Corte costituzionale», e per questo «abbiamo diritto a una reazione di estrema durezza». Le centrali pugliesi, ha aggiunto Vendola, sarebbero «idealmente collocate nell’area salentina», per la disponibilità d’acqua. Sulla sindrome Nimby (non nel giardino di casa mia, n.d.r.) afferma che «dopo la vicenda di Scanzano, abbiamo scoperto che la Sogin e l’allora suo presidente avevano interessi nella flottiglia russa e abbiamo capito la finalità del deposito di scorie nucleari». Il vicepresidente del Senato Emma Bonino, domanda se
«esiste una alternativa più moderna rispetto al ritorno al nucleare e più adeguata al nostro sistema produttivo», dal momento che il programma del governo prevede un investimento di «25 miliardi di euro per avere il primo chilowattora nel 2020». Per il governo parla il viceministro allo Sviluppo Economico
Adolfo Urso: «II nucleare non è nè di destra nè di sinistra, ma è un fatto che tutti i Paesi del G8 hanno il nucleare civile».

lunedì 21 giugno 2010

DALLA BONINO A ZINGARETTI IL FRONTE DEL NO AL NUCLEARE

DALLA BONINO A ZINGARETTI IL FRONTE DEL NO AL NUCLEARE

La Repubblica - ed. Roma del 18 giugno 2010

Anna Rita Cillis

E’ un argomento, il nucleare, che conosce bene la vicepresidente del Senato, Emma Bonino. E ieri è tornata a parlarne al convegno "Il nucleare è la carta vincente?" promosso dall’associazione Luca Coscioni a Palazzo Valentini. Un palco affollato sul quale si sono alternati anche Adolfo Urso, viceministro allo Sviluppo economico, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti e quello della regione Puglia Nichi Vendola. Sulla proposta dal governo Bonino ha fatto un ragionamento preciso: «Stiamo parlando di un programma da 25 miliardi di euro per avere il primo chilowattora nel 2020, dopo sette anni dalla costruzione della prima centrale- ha spiegato - tutto questo per realizzare il 4,5% del totale del fabbisogno energetico nazionale. Forse esiste un’alternativa». Come a dire: fatica e costi non valgono il risultato. In più per Zingaretti «il ritorno al nucleare richiederebbe una grande organizzazione. Ho la
sensazione che questo non avverrà mai. Un suo ritorno rischia di essere come quando arrivarono i cellulari in Italia, abbiamo milioni di consumatori ma ci manca il know-how per costruirli».
Un no deciso arriva da Vendola che è «pronto a dare battaglia» perché, dice, si tratta anche di una questione legata alla salute dei cittadini. Pro-nucleare, il viceministro Urso, per il quale occorre «puntare al mix energetico».

mercoledì 19 maggio 2010

"Catena umana contro il nucleare nel Lazio"

"Catena umana contro il nucleare nel Lazio"

La Repubblica - ed. Roma del 19 maggio 2010

Una catena umana contro il nucleare nel Lazio. L’idea, lanciata sul social network Facebook, ha già raccolto cinquemila iscritti, che hanno deciso di aderire al gruppo nato sulla scia della catena umana,
con 120 mila persone, messa in piedi a fine aprile in Germania tra le centrali di Brunsbuettel e Kruemmel. «Bisogna innescare anche nel Lazio una reazione a catena per fermare la follia nucleare spiega Guglielmo Abbondati, fondatore del gruppo di Facebook- dove ben due sarebbero i siti previsti nella lista stilata dall’Enel, per ora ancora tenuta riservata.
Chiediamo a tutti di aderire al gruppo di facebook per costruire insieme, unendo le nostre braccia, una catena umana da Borgo sabotino a Montalto di Castro».

lunedì 10 maggio 2010

Il risiko delle nomine attorno all'atomo

Il risiko delle nomine attorno all'atomo

Affari & Finanza (La Repubblica) del 10 maggio 2010

Massimo Minella

Il primo tassello è andato a posto. Ma ne restano altri cinque per completare il mosaico del nucleare pubblico italiano. Perché il ritorno italiano all’atomo è ancora tutto da discutere, al di là delle dichiarate volontà del governo Berlusconi, ma le poltrone, quelle, sono già pronte. E sono tutte pesanti e strategiche per chi vuole governare la complessa partita energetica, anche dopo l’uscita di scena del ministro allo Sviluppo Economico Claudio Scajola, grande sostenitore del ritorno tricolore al business nucleare. In gioco, infatti, ci sono i vertici dell’Authority per l’Energia, in scadenza a fine anno, ma anche quelli dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, ancora da costituire ma già contesa per la sede e per la politica
che ne rivendica la leadership.
E poi restano sempre aperte le grande partite dell’Enea e della Sogin, commissariate dallo scorso anno, per chiudere con la Siet, controllata Enea e anch’essa con il consiglio in scadenza. Ma andiamo per ordine, perché qualcosa si è già spostato sullo scacchiere pubblico. La prima mossa, infatti, è stata fatta nei giorni con il rinnovo dell’intero consiglio di amministrazione della "Nucleco", società che fa capo a Sogin (per il 60%) e all’Enea (per il restante 40%) specializzata nella gestione dei rifiuti radioattivi. Una decina di giorni fa, il consiglio in scadenza, guidato dal presidente Francesco Troiani e dall’amministratore delegato Lamberto D’Andrea, si era presentato all’assemblea dei soci, consegnando un bilancio inutile per 1,3 milioni di euro.
Gli azionisti avevano ringraziato, ben contenti della cedola, ma avevano evitato di fornire indicazioni sul nuovo consiglio. Tutto faceva pensare a una proroga, in attesa delle decisioni. E le dimissioni di Scajola dal dicastero che sovrintende alla nomina degli amministratori (il Tesoro ha le azioni, ma è lo Sviluppo Economico il referente operativo di queste società) non faceva che corroborare questa tesi. E invece, a sorpresa, giovedì mattina i rappresentanti in assemblea di Sogin ed Enea hanno presentato la lista dei consiglieri: tutti nuovi, tranne uno, Pietro Canepa, docente di Chimica all’Università di Genova, ex sindaco forzista del piccolo comune di Bogliasco, nella Riviera di Levante, fedelissimo di Claudio Scajola, promosso da consigliere a presidente. L’amministratore delegato, invece, è un uomo di provata fede leghista, Paolo Mancioppi. Nel consiglio ha trovato spazio anche Stanislao Chimenti, avvocato, titolare di uno studio insieme al parlamentare pidiellino Donato Bruno, che già difese Stefano Ricucci, nella vicenda Magiste, e Mediaset nella causa civile che il gruppo sostenne contro la Rai per la trasmissione Satyricon. Un consiglio blindato politicamente, insomma, per la guida di una società di medie dimensioni (ricavi per 17 milioni di euro, 164 dipendenti), ma considerata uno snodo centrale per il rientro dell’Italia nel nucleare, anche per il suo patrimonio professionale e perla sua capacità di competere nel difficile mercato del’ decommissioning" italiano.
Si tratta adesso di sistemare le altre caselle, a cominciare dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas. E’ qui che il confronto è più serrato e che si tenterà una mediazione politica fra maggioranza e opposizione. L’Authority, al momento, è retta dalla coppia Alessandro Ortis (presidente) Tullio Fanelli (consigliere), con tre posti vacanti, proprio per l’incapacità di trovare una mediazione su come completare un consiglio che dev’essere votato dalle commissioni parlamentari competenti con una maggioranza dei due terzi.
Tradotto: visto che la scadenza naturale del consiglio è a fine anno, senza l’accordo fra centrodestra e Pd non si combina nulla. Nelle mani del centrosinistra c’è quindi una carta non certo di poco conto, che si può far valere per arrivare a soluzioni condivise ed estese, a questo punto, anche alle altre società del nucleare pubblico italiano. Nella partita entrano così le due realtà commissariate, Sogin ed Enea, le controllate più piccole (Siete Fn) i cui consigli scadono a fine mese con l’approvazione del bilancio 2009, e l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare. Proprio quest’ultima giocherà un ruolo da protagonista nella ripartenza (annunciata) del nucleare nostrano.
Da mesi, ormai, slitta l’annuncio del governo sulla sede dell’agenzia e sulla composizione del vertice che sarà formato da un presidente più quattro consiglieri e un direttore generale. L’indicazione dev’essere condivisa fra i ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, ma l’uscita di scena di Scajola rischia di allungare ancora i tempi delle decisioni. Oltretutto, la Liguria, con Genova sede di realtà come Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare, coltivava legittime ambizioni per diventare sede dell’Agenzia, forte anche del sostegno promesso da Scajola, in alternativa a Milano e a Venezia (sostenuta in campagna elettorale dal ministro Renato Brunetta).
Per quanto riguarda la presidenza, invece, proprio nella logica di una scelta condivisa, nelle scorse settimane era circolato con insistenza il nome del professor Maurizio Cumo, un luminare della materia, già nominato due volte in passato dai governi di centrosinistra alla presidenza della Sogin. Ma proprio su quest’ultima società la politica si trova a fare i conti con una situazione di quasi totale empasse. Fra il commissario Francesco Mazzuca ed il suo vice Giuseppe Nucci, infatti, non parrebbe esserci grande sintonia e la questione sarebbe già al vaglio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
Altrettanto complessa la situazione in casa Enea, anch’essa commissariata e affidata a Giovanni Lelli, ex direttore generale, considerato anch’esso vicino all’ex ministro Scajola.
Chiudono la partita due altre aziende, piccole ma molto interessanti dal punto di vista tecnologico: la Siet e la Fn. La prima è una società di Piacenza che ha l’Enea come azionista di riferimento (ma nel capitale ci sono anche Enel, Ansaldo Energia, Politecnico di Milano e fallimento Belleli Holding), che ha in mano lo sviluppo di un vero e proprio "gioiellino" tecnologico, il reattore Iris, di nuova generazione e di piccola taglia, invidiato da tutti, ma per il quale, per uno dei tanti paradossi italiani, non si riescono a trovare i fondi per completare le ricerche.
La seconda è la Fn, ex Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo, ora riconvertita ad altre tecnologie energetiche.

domenica 2 maggio 2010

Il problema nucleare di Zaia

Il problema nucleare di Zaia

Il Fatto Quotidiano del 28 aprile 2010

Nicola Brillo

Sul tavolo del nuovo governatore del Veneto Luca Zaia finiranno presto due grane energetiche. Ed entrambe portano dirette in Polesine. Qui infatti prosegue la battaglia tra i comitati ed Enel, a colpi di proteste e azioni legali, contro la riconversione della centrale da olio a carbone, simile a quella di Civitavecchia fermata nei giorni scorsi. La centrale di Polesine Camerini (Rovigo) è anche al centro della nuova inchiesta della magistratura rodigina che ha indagato i vertici dell’Enel, passati e attuali. Proprio queste zone sono maggiormente indiziate per ospitare una delle cinque centrali nucleari promesse dal governo Berlusconi. Durante la campagna elettorale della Lega Nord in Veneto la parola "nucleare" è stata bandita: tutti gli annunci parlavano di "autonomia energetica" ed "energia pulita". E anche il governatore Zaia, che a Roma aveva dato via libera al ritorno in Italia del nucleare, in Veneto è stato perentorio: "La regione la sua parte l’ha già fatta. Con il rigassificatore al largo delle sue coste, e con la riconversione al carbone di Porto Tolle". Ma in molti sembrano non credergli. Per primi i Verdi che avevano reso nota la lista dei possibili siti nucleari, con la zona di Rosolina-Chioggia (dove Venezia confina con Rovigo) tra le prescelte. La lista è stata smentita da Enel che, con i francesi di Edf, si occuperà della costruzione delle centrali.
Ma in un recente incontro organizzato dai Radicali a Padova, gli amministratori delegati delle più importanti multiutility del Nord Est, interessate al business, hanno dato per scontato la realizzazione di due centrali: una in Veneto e l’altra in Friuli-Venezia Giulia. "Se il governatore Zaia non manterrà le promesse elettorali di un Veneto senza centrali nucleari spiega Michele Bortoluzzi (Radicali) -qui sarà rivolta". Dal Polesine "potremmo togliere definitivamente il cartello ‘Parco regionale del Delta del Po’ e
mettere quello di ‘Parco Energetico Nazionale’, vista la presenza di 28 centrali energetiche", commentano dai comitati del Polesine riunitisi di recente in un network. Intanto le aziende del Nord Est legate al business nucleare si preparano.
Venticinque società, per la maggior parte vicentine, hanno preso parte al "Supply chain meeting", l’incontro organizzato da Enel e Confindustria a Roma per le aziende interessate al programma nucleare. Berlusconi prevede di accendere la prima centrale già nel 2020. E l’ex governatore Giancarlo Galan ha messo l’ultima firma importante, prima di lasciare Palazzo Balbi, al via libera al programma per la riconversione a carbone "pulito" della centrale di Polesine Camerini. L’impianto, che attende ora l’approvazione della Conferenza dei servizi, comporterà investimenti pari a circa 2,5 miliardi di euro per la produzione di 1.980 Mw Enel verserà decine di milioni di euro agli enti locali per l’”ospitalità”: Nella centrale, che sarà riattivata nel 2016, lavoreranno 750 persone, tra dipendenti diretti e indotto.
I cittadini che abitano a ridosso della centrale lamentano però altri numeri. La centrale Enel mangerà 3,750 milioni di tonnellate di carbone all’anno, più calcare per 13 mila tonnellate. Sarà rifornita da 60 navi carbonifere l’anno provenienti dall’Istria. Una nave-deposito in Adriatico da 100 mila tonnellate sarà ancorata a 4 miglia dalla costa e sarà attivato un sistema di chiatte che rifornirà i forni della centrale. Il viaggio inverso lo farà invece il calcare di risulta, impiegato nei filtri desolforatori dopo il processo di filtraggio dei fumi, per un totale di 225 mila tonnellate l’anno di gesso che verrà poi mandato
nei cementifici. Per far funzionare la centrale serviranno inoltre 2,8 milioni di metri cubi d’acqua per il raffreddamento dei condensatori. Poi c’è la produzione di ceneri derivanti dalla combustione del carbone,
stimata in circa 412 mila tonnellate l’anno.

venerdì 12 marzo 2010

Ritorno al nucleare, in Italia scende in campo anche l'Enea

Ritorno al nucleare, in Italia scende in campo anche l'Enea

Il Mattino del 10 marzo 2010

«L'Italia si avvia a riprendere l'opzione nucleare e l'Enea costituisce il soggetto pubblico in grado di fornire supporto alla nascente Agenzia per la Sicurezza Nucleare ed al sistema delle imprese di questo settore energetico, mettendo a disposizione le sue competenze ed i suoi laboratori per qualificare componenti e sistemi con un processo di validazione che va dalla fase di prefattibilità alla fase di esercizio dell'impianto». A parlare è il commissario dell'Enea, Giovanni Lelli, intervenuto ieri a Parigi alla tavola rotonda tenutasi nell'ambito della Conferenza internazionale sul nucleare organizzata dal governo francese nella sede dell'Ocse aParigi. L'evento era stato inaugurato lunedì dal presidente francese Nicolas Sarkozy, dal presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso, dal direttore generale dell'Atea, Yukya Amano, e dal segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria. Intanto ieri attivisti di Greenpeace hanno occupato il tetto della fabbrica della vecchia centrale nucleare di Montalto di Castro, bloccata dal referendum del 1987. Su un enorme striscione figurava la scritta «Emergenza nucleare», su un altro srotolato sul tetto era raffigurato l'urlo «nucleare», simbolo della campagna di Greenpeace contro il nucleare. Il sito di Montalto è uno dei più probabili per la localizzazione di almeno un reattore nucleare. Qui, prima del referendum, era in costruzione una contestata centrale nucleare. A Montalto c'è già stata una visita di tecnici di EDE, l'azienda francese che insieme a Enel dovrebbe portare avanti i piani nucleari del governo.
«Il governo italiano con la legge 99/2009 - sottolinea Greenpeace ha escluso le regioni da qualsiasi scelta relativa alla localizzazione dei siti nucleari: tredici regioni hanno presentato un ricorso alla Corte Costituzionale».
Tornando alla conferenza di Parigi, «la partecipazione dell'Enea ai più rilevanti accordi e programmi internazionali di ricerca e sviluppo per il nucleare - spiega Lelli - ha consentito un continuo aggiornamento e l'acquisizione delle conoscenze più avanzate per un ulteriore
sviluppo delle tecnologie nucleari».

lunedì 8 marzo 2010

Nucleare. Le imprese in fila alla centrale

Nucleare. Le imprese in fila alla centrale

CorrierEconomia (Corriere della Sera) del 8 marzo 2010

Elena Comelli

La sfida del nucleare si riaffaccia sul panorama industriale italiano. Piccole e grandi imprese guardano con attenzione alla rinascita dell'atomo, in patria e all'estero.
Oggi ci sono 53 centrali nucleari in costruzione nel mondo, di cui 4 di terza generazione, due in Europa di tecnologia francese e due in Cina di tecnologia nippo-americana.
Un primo censimento è stato fatto il mese scorso dall'Enel e da Confindustria, che ha ospitato in un meeting 351 imprese già qualificate o interessate alle qualifiche per lavorare nell'energia atomica. I grandi gruppi - come Saipem, Maire Tecnimont, Techint, Ansaldo - hanno continuato a operare nel nucleare all'estero dopo lo stop italiano del 1987. Ma il business interessa anche una trentina di piccole e medie imprese già qualificate. E molte altre avrebbero tutte le carte in regola per mettere a disposizione della rinascita atomica la loro professionalità nella componentistica, nell'elettronica, nei cementi di alta qualità, negli acciai speciali.
Per la realizzazione di un impianto di terza generazione di tecnologia francese, si prevede un investimento di 4-4,5 mi- liardi di euro, di cui solo la metà è destinato all'isola nucleare, che comprende il reattore e gli apparati connessi, come i generatori di vapore, le sale controllo, gli impianti di sicurezza. Il resto va nell'isola convenzionale, che raccoglie i sistemi di conversione in elettricità - turbine, alternatori, ausiliari - dell'energia termica sviluppata dal reattore, e per un 20% nelle opere civili. In tutti e tre questi ambiti ci sono imprese italiane che già contribuiscono alla realizzazione del primo reattore francese di terza generazione, in costruzione a Flamanville, in Normandia: dal gruppo Aturia a Belleli, da Mangiarotti Nuclear a Tectubi, da Fomas alle Acciaierie Valbruna, da Forgiatura Modena a Sesia Fucine.
Mangiarotti Nuclear, ad esempio, ha ereditato il know-how nucleare con l'acquisizione della fabbrica di componenti ex-Breda, poi Ansaldo, della Bicocca a Milano, che ora vorrebbe trasferire nel nuovo stabilimento di Monfalcone, pronto entro fine anno. Impianti di dimensioni importanti come i generatori a vapore che costruiva l'ex Breda sono molto pesanti e il gruppo Mangiarotti ha investito 100 milioni per trasferire la produzione sul mare, dove spera sarà più facile vincere le gare di appalto.
La brianzola Fomas ha investito 250 milioni per ampliare 4 siti produttivi, di cui 2 in Italia, uno in Cina e uno in India, per star dietro alle commesse di forgiati destinati al circuito primario e secondario nelle centrali di tutto il mondo, dalla Francia alla Svezia, dalla Cina agli Stati Uniti. Nel vicentino è nato addirittura un polo nucleare con tre imprese già qualificate, Forgital Italy di Velo d'Astico, Acciaierie Valbruna e Safas di Vicenza, grazie alla lunga tradizione nella lavorazione dei metalli e a un'esperienza consolidata nel comparto energetico e in settori contigui, come l'aerospaziale, dove la qualità delle leghe e la precisione realizzativa sono fondamentali.
Ma la rivoluzione in corso non investe solo il mondo del manifatturiero. Il ritorno del nucleare ha ripercussioni di sistema: dalla ricerca alla formazione, fino a tutti i servizi collaterali. In prima linea c'è l'Enea, con il commissario Giovanni Lelli, che si candida a certificare il nucleare italiano, offrendo alle imprese italiane le sue strutture altamente specializzate per le prove di qualificazione nucleare di componenti e sistemi da installare nelle centrali.
Sul piano nucleare italiano, dopo il via al decreto sui criteri per i siti, aleggia ancora l'incertezza
politica. La guerra governo-Regioni infuria con i ricorsi alla Consulta e tra gli stessi amministratori di centro-destra la linea prevalente è quella del «sì, ma non qui». Si compatta così l'opposizione: il «no» va da Rifondazione fino al referendum «no nukes» dell'Italia dei
Valori, attraversando anche uomini del Pd che antinuclearistì non sono. Passate le regionali se ne parlerà con meno intralci?
Certo è che la difficile corsa nel labirinto normativo è molto in ritardo. Lo statuto dell'Agenzia
per la sicurezza nucleare, che doveva essere varato entro il 15 novembre, non si è ancora visto. E manca anche il nome del presidente. La posa della prima pietra entro fine legislatura, cioè entro il 2013, diventa sempre più improbabile. Ma se alla fine i quattro reattori Enel-Edf dei progetti governativi venissero realizzati si parla di 16-18 miliardi d'investimento, di cui almeno 12 potrebbero andare in commesse alle aziende italiane.
Per la seconda cordata, interessata a realizzare l'altra metà del programma nucleare del governo, i tempi sono ancora più lunghi, ma già diversi grandi gruppi si sono dichiarati interessati, dalla tedesca E.on alla milanese A2A. L'ipotesi della seconda cordata è una scelta politica importante, perché consentirebbe di diversificare le imprese e le tecnologie adottate. L'asse italo-francese si basa sul reattore Epr da 1.600 megawatt,progettato da Areva (il braccio nucleare di Edf) e già in costruzione in Normandia, con la partecipazione dell'Enel.
La seconda cordata, invece, potrebbe adottare la tecnologia di terza generazione nippo-americana, l'AP1000 di Westinghouse, in cui Ansaldo svolge un ruolo centrale.

sabato 13 febbraio 2010

Esecutivo atomico

Esecutivo atomico
Aldo Garzia
10 febbraio 2010, TERRA

Al Consiglio dei ministri di oggi non discuterà solo di giustizia e della possibilità di reintrodurre l’immunità parlamentare, come anticipato dal guardasigilli Alfano. Il ministro dello Sviluppo economico Scajola annuncia perentorio che il Cdm approverà il provvedimento per i criteri di localizzazione delle centrali nucleari: «Da quel momento si avvierà il percorso per la scelta dei siti da parte delle imprese. Quando le aziende avranno individuato i territori più conformi, credo che nel giro di due anni potremo iniziare i percorsi autorizzativi». Il Cdm della settimana scorsa aveva già deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che impediscono l’installazione di impianti nei loro territori. Per il governo, infatti, le tre leggi sono ritenute lesive della competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di tutela dell’ambiente. La decisione era stata presa su proposta di Scajola d’intesa con Raffaele Fitto, ministro degli Affari regionali. Il Governo, con la decisione di oggi, vuole dare il segnare di aver deciso di accelerare tutti i passaggi necessari per l’introduzione dell’energia nucleare, anche se la fase operativa della costruzione delle prime centrali dovrebbe avvenire tra più di due anni. In una intervista al quotidiano di Verona L’Arena, Scajola precisa che in ogni caso «la scelta dei siti sarà condivisa con il territorio, in quanto le popolazioni saranno informate e potranno partecipare a ogni fase del processo autorizzativo, come avviene ad esempio in Francia». Per il ministro in questa fase si stanno individuando i criteri ambientali, geologici, urbanistici, economici e sociali dei territori che ospiteranno una centrale: «Definiti i criteri, saranno le imprese energetiche a proporre di costruire una centrale individuando il sito più adatto». «Importiamo l’85% dell’energia che consumia mo - ha aggiunto - la paghiamo il 30% in più degli altri paesi europei e utilizziamo soprattutto fonti fossili (gas, olio e carbone) che sono le più inquinanti». Da queste considerazioni nasce la nuova politica energetica del governo Berlusconi: «Il nostro obiettivo è scendere dall’85% al 50% nell’utilizzo di fonti fossili e produrre il restante 50% in parti uguali con fonti rinnovabili e centrali nucleari». Nell’opposizione si riapre il dibattito su come contrastare la scelta del governo. Dal Congresso dell’Idv, concluso domenica scorsa, è stata lanciata l’idea di un referendum contro il nucleare. Un primo no a questa ipotesi viene però da Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, entrambi senatori del Pd: «Con la proposta di un referendum Di Pietro non fa altro che anteporre qualche voto in più per il suo partito alla possibilità più che realistica di sconfiggere Berlusconi e Scajola sul terreno della politica e dell’opinione pubblica. Da una parte uno strumento che da quindici anni fallisce il raggiungimento del quorum, dall’altra la possibilità concreta di sconfiggere il nucleare di Scajola e Berlusconi grazie al no di gran parte delle Regioni e alla crescente contrarietà degli italiani»

Nucleare: Il Parlamento discuta di energia a partire dalle potenzialita' dell'efficienza energetica

da radicali.it
Nucleare: Zamparutti Il Parlamento discuta di energia a partire dalle potenzialita' dell'efficienza energetica

10 febbraio 2010

Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in Commissione Ambiente, sull'adozione del decerto contenete i criteri per l'individuazione dei siti nucleari ha dichiarato:
"In un settore strategico come quello energetico continua a mancare, anche in questo Governo, la capacità di definire una strategia energetica complessiva. Questo nucleare è infatti frutto di una aprioristica scelta industriale senza una valutazione dei costi e dei benefici legati a soluzioni alternative o a scelte già compiute come quelle nel settore del gas. Tant'è che si procede a colpi di decreti senza dire, alla vigilia del voto regionale, nè dove si intendono ubicare i siti, nè quali impegni si intendono assumere per rinnovabili ed efficienza energetica, nè chi metterà i 30 miliardi necessari a produrre da nucleare, ben che vada tra 10 anni, solo il 4,5% dei consumi finali di energia.
In questo modo si pregiudica la possibilità per le Regioni di fare e proporre una programmazione per i prossimi 5 anni.
Di fronte a questo, il Parlamento discuta di scelte energetiche. Propongo di farlo con una mozione parlamentare, a partire dalla recente valutazione dell’ENEA documenti come l'efficienza energetica sia l'unica opzione tecnologica con benefici sociali netti o con costi minimi con un potenziale di risparmio energetico al 2020 corrispondente alla produzione elettrica di circa 8 grandi centrali nucleari"

Siti nucleari, Bonino: Operazione opaca e unilaterale

da radicali.it
Siti nucleari, Bonino: Operazione opaca e unilaterale

10 febbraio 2010

Dichiarazione di Emma Bonino
A seguito dell'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo sulla realizzazione e l'esercizio delle centrali nucleari, Emma Bonino, candidata del centrosinistra alla guida della Regione Lazio, ha dichiarato che "stiamo assistendo ad un’operazione opaca e centralista, che non tiene in alcun conto della volontà dei cittadini e degli equilibri tra le diverse componenti dello Stato. Per cultura e prassi politica radicale non sono affetta da sindrome Nimby o da psicosi catastrofiste ma è l'imposizione di una scelta unilaterale che va messa seriamente in discussione, in particolare poi se presa in assenza di una strategia energetica complessiva. Le Regioni hanno già espresso nella grande maggioranza una netta contrarietà al progetto nucleare del Governo e quelle che, per motivi politici, non si sono dichiarate apertamente contrarie si affrettano a dire che in ogni caso sul loro territorio le centrali non le vogliono. Come pure, noto, il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Veneto.
Con questa decisione di oggi", ha proseguito Emma Bonino, "il Governo da una parte si guarda bene dal dare prima delle elezioni indicazioni sui siti scelti per le centrali e, dall’altra, si finge di coinvolgere le Regioni, salvo poi introdurre un meccanismo inaccettabile come quello del decreto del Presidente del Consiglio a sostituire l’intesa con le Regioni. Vale a dire: se vi sta bene, facciamo insieme; se non vi sta bene, facciamo lo stesso. Noi andremo avanti, con coerenze e determinazione, su una strada alternativa: quella delle energie rinnovabili, più sostenibili e meno care, e dell'efficienza energetica.

mercoledì 10 febbraio 2010

«Il nucleare non produce posti di lavoro»

l’Unità 10.2.10
«Il nucleare non produce posti di lavoro»
di Ma.Ge.

Il sondaggio è già fatto. L’80 per cento degli italiani vorrebbe che le energie rinnovabili fossero la fonte principale con cui produrre l’elettricità. Solo il 14 per cento opta per il nucleare. Emma Bonino l’ha portato con sé, insieme a qualche dato (studi della Bocconi, dati Enea e del Centro Europeo di Ricerche) che spiega perché «No» al nucleare. Un tema che entra direttamente nella campagna elettorale per il Lazio visto che «il governo ha già annunciato il piano delle nuove centrali nucleari e anche se non vuole dire prima delle elezioni dove saranno localizzate, pensando alla tecnologia scelta, quella francese di terza generazione, che ha bisogno di moltissima acqua per raffreddare i reattori, si può immaginare facilmente Lazio dove saranno collocate». Nel Lazio, i luoghi deputati sono due: Montalto di Castro e Borgo Sabotino. Ma il «no» alle centrali nucleari in questi due siti del Lazio ha ragioni anche più generali. «Usiamo delle cifre, così ci capiamo», dice Emma, che ha con sé uno studio dell’Enea e alcuni dati sull’impatto che avrebbe in termini di economia e occupazione puntare davvero sulle energie rinnovabili. Si parla di 10mila posti di lavoro solo nel Lazio entro il 2020, 250mila in tutta Italia. «Poi ci sono tutte le altre questioni, le scorie e tutto il resto». Ma il punto è anche che «di fronte alla crisi occupazionale, oltre a sostenere i lavoratori bisogna avere una visione del futuro», spiega la candidata del centrosinistra. E la scelta del nucleare come visione del futuro proprio non funziona. Quattro reattori doppi spiega infatti Emma costano 25-30 miliardi di euro. Se pure si comincia a costruirli nel 2013 il primo reattore sarà in funzione nel 2020. E secondo le «loro stime» quando tutto sarà in rete, «nel 2030, forse, non so bene», il nucleare coprirà il 4,5% dei consumi finali di energia. «È chiaro che non stiamo parlando di fondi privati, perché non conosco imprenditore che investe nel 2013 per avere il primo chilowatt nel 2020, al mondo non se ne sono trovati, dubito che ne troviamo da queste parti». Di contro lo studio dell’Enea «che non è esattamente un gruppo di Tupamaros» dice che un piano di efficienza energetica può partire subito, perché la tecnologia in Italia c’è già, che porterebbe occupazione perché si tratta di tecnologia media. E che può produrre in termini di efficienza energetica il doppio della scelta nucleare. «Ecco basterebbe partire da qui, dal rapporto tra costi e benefici e dall’immediatezza, per dire che è evidente che l’alternativa che indichiamo noi efficienza, ricerca, potenziamento rinnovabili è molto più fattibile, convincente e redditizia sia dal punto di vista occupazionale che energetico».

martedì 9 febbraio 2010

Nucleare: Scajola ci dica se Polesine e Monfalcone sono siti candidati ad ospitare una centrale

da radicali.it
Nucleare, Zamparutti: Scajola ci dica se Polesine e Monfalcone sono siti candidati ad ospitare una centrale

8 febbraio 2010

Bortoluzzi (giunta radicali) " mobilitazione straordinaria nelle piazze e nel web per chiedere che i siti vengano resi noti prima delle elezioni". Critiche alla posizione altalenante del ministro Zaia

La Deputata Radicale Elisabetta Zamparutti ha presentato un'interrogazione al Presidente del Consiglio e ai Ministri Competenti per sapere se " risponda al vero che i siti siano gia' stati individuati, per quanto riguarda il Triveneto, a Monfalcone e nel Polesine, come risulta dalle dichiarazioni dell'Amministratore Delegato di APS ACEGAS ,una delle piu' importanti societa' energetiche in Italia e la prima nel Nord Est del Paese."
Michele Bortoluzzi della Giunta Nazionale di radicali Italiani invita ad una "mobilitazione straordinaria", che andra' in crescendo all'approssimarsi della data del voto, con una richiesta netta all'ENEL e al Governo "Diteci prima del voto dove saranno dislocate le Centrali o - almeno - dove e' probabile lo saranno" .
Le due pagine tematiche in facebook "No al Nucleare" e "NO al Nuclere in Veneto" hanno raggiunto oltre 2000 iscritti in pochi giorni dalla loro istituzione, ed e' pronta l'iniziativa on line per la petizione "FUORI I SITI PRIMA DEL VOTO". All'iniziativa on line si affiancheranno tavoli in tutti i capoluoghi di Provincia del veneto "E' infatti cialtronesco - spiega l'esponente radicale - che davanti all'ultimo turno di elezioni generale per i prossimi 3 anni assistiamo al rimpallo tra Enel e Governo sui siti. La democrazia funziona con l'assunto "Conoscere per Deliberare", il Governo sembra invece orientato a mutuarlo in "Prima deliberare e poi conoscere".
Dai radicali una critica di metodo e di merito alle continue oscillazioni della linea di Luca Zaia rispetto al Nucleare: "Lo avevamo invitato al Convegno di Padova per chiarire, non e' venuto. Le dichiarazioni - spesso contraddittorie - segnalano che il Ministro-Candidato, che ha votato il SI al Nucleare, e' in grande difficolta' a coniugare la richiesta di federalismo che e' la bandiera della Lega all'applicazione del federalismo che presuppone che su temi importanti come questi sia garantito il concorso delle Regioni".

domenica 7 febbraio 2010

Bersani e Bonino: il no al nucleare è la nostra bandiera

l’Unità, 7.02.2010
Bersani e Bonino: il no al nucleare è la nostra bandiera
Assemblea ecodem. Il leader alla candidata: «Ci capiamo, governo ed esponenti in lista dicano sì o no alle centrali» Emma: «Privatizzare Acea un favore ai potenti»

Cambio di passo, le prime parole che Pier Luigi Bersani mette in campo all’inizio di una giornata che correrà frenetica come una gimcana dagli Idv a congresso ai «critici» del Pd raccolti a Orvieto, da un doppio abbraccio con la Bonino a un incontro fugace con Vendola sono un «No» al nucleare e un «Sì», al risparmio energetico. «E così ci capiamo», scandisce il segretario Pd di buon mattino l’invocata chiarezza evangelica? -, davanti agli ecodem che si sono dati appuntamento mella sede nazionale del Pd sotto l’insegna «Afferrare il futuro, ambiente e green economy». È lì che parte il primo abbraccio, che proseguirà qualche ora dopo a Orvieto. Da una parte il segretario del Pd che rivendica: «Noi siamo quelli del lavoro, del sociale e dell’ambiente, dobbiamo far capire che con questo governo le cose non girano, ma se non hai un’altra proposta è difficile che Berlusconi faccia le valigie». Dall’altra Emma Bonino, la candidata «fuoriclasse» alle regionali del Lazio, quella che dovrà farcela anche senza l’Udc e nonostante il caso Marrazzo, che cerca lo scarto fin dallo stile della campagna elettorale («non imbrattiamo con i manifesti, inventiamoci altro») e fa l’anti-demagoga anche quando parla di «legalità e trasparenza»: «Rinunciare all’auto blu? risponde a un cronista L’autista mi serve». «Bonino? Va alla grandissima», le tira la volata Bersani, che la solleva abbracciandola. «Paura di vincere?», si schermisce lei: «No, noi radicali se diciamo sì è sì».
Bisogno di mission Ciò che segue dà la misura della sintonia che può scattare, lasciandosi alle spalle «anarchismi» e «microfeudalesimo», e concentrandosi sulle parole d’ordine. Green Economy, per esempio. L’ecodem Vigni suggerisce di declinarla in tutti i programmi elettorali: «Efficienza energetica, energie rinnovabili, no al consumo di suolo, sviluppo di servizi pubblici locali». Bersani concorda. Come il welfare negli anni Settanta, l’ambiente deve diventare la bandiera di un centrosinistra che si candida a governare le Regioni in una stagione decisamente meno favorevole. «La destra ragiona: più crisi, meno ambiente. Per noi la Green Economy è la risposta alla crisi», rilancia Bersani, suggerendo che questo è anche il terreno concretissimo su cui incalzare la destra. «Noi la scelta del ritorno al nucleare non la diamo per fatta», avverte. «Ma al governo e a chi si candida a governare le Regioni dobbiamo chiedere chiarezza: dicci sì o no e dove vuoi le centrali, non dopo le elezioni, si pronuncino, gli impianti non li fai mica mandando i carabinieri».
Accanto a lui Emma Bonino dà il primo assaggio di una campagna elettorale in cui, fair play a parte, su ambiente e nucleare è scontro duro.
«Non basta dire che sentirai i cittadini... E ci manca pure che non li senti», scandisce, sfidando la sua avversaria Renata Polverini alla chiarezza di cui parlava Bersani: «I consulenti non le mancheranno, se la sarà fatta una idea del territorio e del nucleare». «Noi l’alternativa la forniamo», rivendica: «L’efficienza energetica, che porta lavoro, altro che i 100mila posti promessi da Alemanno». E ancora più dura, Emma, è nel denunciare gli interessi dietro la campagna elettorale. A discapito dell’ambiente. E di un bene pubblico essenziale come l’acqua. La società che a Roma ne gestisce la rete di distribuzione, l’Acea, vede gomito a gomito il Comune di Roma, azionista pubblico, per ora, di maggioranza, e Caltagirone, azionista privato, nonché suocero di Casini. La parola «privatizzazione» per i radicali non è un tabù. E però «la situazione è troppo opaca». E come sul nucleare il «no» deve essere netto: «Non siamo Alice nel paese delle meraviglie e conosciamo gli interessi in gioco, privatizzare Acea servirebbe solo a qualche potente/prepotente e non darebbe ai cittadini un servizio migliore».