sabato 13 febbraio 2010

Esecutivo atomico

Esecutivo atomico
Aldo Garzia
10 febbraio 2010, TERRA

Al Consiglio dei ministri di oggi non discuterà solo di giustizia e della possibilità di reintrodurre l’immunità parlamentare, come anticipato dal guardasigilli Alfano. Il ministro dello Sviluppo economico Scajola annuncia perentorio che il Cdm approverà il provvedimento per i criteri di localizzazione delle centrali nucleari: «Da quel momento si avvierà il percorso per la scelta dei siti da parte delle imprese. Quando le aziende avranno individuato i territori più conformi, credo che nel giro di due anni potremo iniziare i percorsi autorizzativi». Il Cdm della settimana scorsa aveva già deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che impediscono l’installazione di impianti nei loro territori. Per il governo, infatti, le tre leggi sono ritenute lesive della competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di tutela dell’ambiente. La decisione era stata presa su proposta di Scajola d’intesa con Raffaele Fitto, ministro degli Affari regionali. Il Governo, con la decisione di oggi, vuole dare il segnare di aver deciso di accelerare tutti i passaggi necessari per l’introduzione dell’energia nucleare, anche se la fase operativa della costruzione delle prime centrali dovrebbe avvenire tra più di due anni. In una intervista al quotidiano di Verona L’Arena, Scajola precisa che in ogni caso «la scelta dei siti sarà condivisa con il territorio, in quanto le popolazioni saranno informate e potranno partecipare a ogni fase del processo autorizzativo, come avviene ad esempio in Francia». Per il ministro in questa fase si stanno individuando i criteri ambientali, geologici, urbanistici, economici e sociali dei territori che ospiteranno una centrale: «Definiti i criteri, saranno le imprese energetiche a proporre di costruire una centrale individuando il sito più adatto». «Importiamo l’85% dell’energia che consumia mo - ha aggiunto - la paghiamo il 30% in più degli altri paesi europei e utilizziamo soprattutto fonti fossili (gas, olio e carbone) che sono le più inquinanti». Da queste considerazioni nasce la nuova politica energetica del governo Berlusconi: «Il nostro obiettivo è scendere dall’85% al 50% nell’utilizzo di fonti fossili e produrre il restante 50% in parti uguali con fonti rinnovabili e centrali nucleari». Nell’opposizione si riapre il dibattito su come contrastare la scelta del governo. Dal Congresso dell’Idv, concluso domenica scorsa, è stata lanciata l’idea di un referendum contro il nucleare. Un primo no a questa ipotesi viene però da Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, entrambi senatori del Pd: «Con la proposta di un referendum Di Pietro non fa altro che anteporre qualche voto in più per il suo partito alla possibilità più che realistica di sconfiggere Berlusconi e Scajola sul terreno della politica e dell’opinione pubblica. Da una parte uno strumento che da quindici anni fallisce il raggiungimento del quorum, dall’altra la possibilità concreta di sconfiggere il nucleare di Scajola e Berlusconi grazie al no di gran parte delle Regioni e alla crescente contrarietà degli italiani»

Nucleare: Il Parlamento discuta di energia a partire dalle potenzialita' dell'efficienza energetica

da radicali.it
Nucleare: Zamparutti Il Parlamento discuta di energia a partire dalle potenzialita' dell'efficienza energetica

10 febbraio 2010

Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in Commissione Ambiente, sull'adozione del decerto contenete i criteri per l'individuazione dei siti nucleari ha dichiarato:
"In un settore strategico come quello energetico continua a mancare, anche in questo Governo, la capacità di definire una strategia energetica complessiva. Questo nucleare è infatti frutto di una aprioristica scelta industriale senza una valutazione dei costi e dei benefici legati a soluzioni alternative o a scelte già compiute come quelle nel settore del gas. Tant'è che si procede a colpi di decreti senza dire, alla vigilia del voto regionale, nè dove si intendono ubicare i siti, nè quali impegni si intendono assumere per rinnovabili ed efficienza energetica, nè chi metterà i 30 miliardi necessari a produrre da nucleare, ben che vada tra 10 anni, solo il 4,5% dei consumi finali di energia.
In questo modo si pregiudica la possibilità per le Regioni di fare e proporre una programmazione per i prossimi 5 anni.
Di fronte a questo, il Parlamento discuta di scelte energetiche. Propongo di farlo con una mozione parlamentare, a partire dalla recente valutazione dell’ENEA documenti come l'efficienza energetica sia l'unica opzione tecnologica con benefici sociali netti o con costi minimi con un potenziale di risparmio energetico al 2020 corrispondente alla produzione elettrica di circa 8 grandi centrali nucleari"

Siti nucleari, Bonino: Operazione opaca e unilaterale

da radicali.it
Siti nucleari, Bonino: Operazione opaca e unilaterale

10 febbraio 2010

Dichiarazione di Emma Bonino
A seguito dell'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo sulla realizzazione e l'esercizio delle centrali nucleari, Emma Bonino, candidata del centrosinistra alla guida della Regione Lazio, ha dichiarato che "stiamo assistendo ad un’operazione opaca e centralista, che non tiene in alcun conto della volontà dei cittadini e degli equilibri tra le diverse componenti dello Stato. Per cultura e prassi politica radicale non sono affetta da sindrome Nimby o da psicosi catastrofiste ma è l'imposizione di una scelta unilaterale che va messa seriamente in discussione, in particolare poi se presa in assenza di una strategia energetica complessiva. Le Regioni hanno già espresso nella grande maggioranza una netta contrarietà al progetto nucleare del Governo e quelle che, per motivi politici, non si sono dichiarate apertamente contrarie si affrettano a dire che in ogni caso sul loro territorio le centrali non le vogliono. Come pure, noto, il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Veneto.
Con questa decisione di oggi", ha proseguito Emma Bonino, "il Governo da una parte si guarda bene dal dare prima delle elezioni indicazioni sui siti scelti per le centrali e, dall’altra, si finge di coinvolgere le Regioni, salvo poi introdurre un meccanismo inaccettabile come quello del decreto del Presidente del Consiglio a sostituire l’intesa con le Regioni. Vale a dire: se vi sta bene, facciamo insieme; se non vi sta bene, facciamo lo stesso. Noi andremo avanti, con coerenze e determinazione, su una strada alternativa: quella delle energie rinnovabili, più sostenibili e meno care, e dell'efficienza energetica.

mercoledì 10 febbraio 2010

«Il nucleare non produce posti di lavoro»

l’Unità 10.2.10
«Il nucleare non produce posti di lavoro»
di Ma.Ge.

Il sondaggio è già fatto. L’80 per cento degli italiani vorrebbe che le energie rinnovabili fossero la fonte principale con cui produrre l’elettricità. Solo il 14 per cento opta per il nucleare. Emma Bonino l’ha portato con sé, insieme a qualche dato (studi della Bocconi, dati Enea e del Centro Europeo di Ricerche) che spiega perché «No» al nucleare. Un tema che entra direttamente nella campagna elettorale per il Lazio visto che «il governo ha già annunciato il piano delle nuove centrali nucleari e anche se non vuole dire prima delle elezioni dove saranno localizzate, pensando alla tecnologia scelta, quella francese di terza generazione, che ha bisogno di moltissima acqua per raffreddare i reattori, si può immaginare facilmente Lazio dove saranno collocate». Nel Lazio, i luoghi deputati sono due: Montalto di Castro e Borgo Sabotino. Ma il «no» alle centrali nucleari in questi due siti del Lazio ha ragioni anche più generali. «Usiamo delle cifre, così ci capiamo», dice Emma, che ha con sé uno studio dell’Enea e alcuni dati sull’impatto che avrebbe in termini di economia e occupazione puntare davvero sulle energie rinnovabili. Si parla di 10mila posti di lavoro solo nel Lazio entro il 2020, 250mila in tutta Italia. «Poi ci sono tutte le altre questioni, le scorie e tutto il resto». Ma il punto è anche che «di fronte alla crisi occupazionale, oltre a sostenere i lavoratori bisogna avere una visione del futuro», spiega la candidata del centrosinistra. E la scelta del nucleare come visione del futuro proprio non funziona. Quattro reattori doppi spiega infatti Emma costano 25-30 miliardi di euro. Se pure si comincia a costruirli nel 2013 il primo reattore sarà in funzione nel 2020. E secondo le «loro stime» quando tutto sarà in rete, «nel 2030, forse, non so bene», il nucleare coprirà il 4,5% dei consumi finali di energia. «È chiaro che non stiamo parlando di fondi privati, perché non conosco imprenditore che investe nel 2013 per avere il primo chilowatt nel 2020, al mondo non se ne sono trovati, dubito che ne troviamo da queste parti». Di contro lo studio dell’Enea «che non è esattamente un gruppo di Tupamaros» dice che un piano di efficienza energetica può partire subito, perché la tecnologia in Italia c’è già, che porterebbe occupazione perché si tratta di tecnologia media. E che può produrre in termini di efficienza energetica il doppio della scelta nucleare. «Ecco basterebbe partire da qui, dal rapporto tra costi e benefici e dall’immediatezza, per dire che è evidente che l’alternativa che indichiamo noi efficienza, ricerca, potenziamento rinnovabili è molto più fattibile, convincente e redditizia sia dal punto di vista occupazionale che energetico».

martedì 9 febbraio 2010

Nucleare: Scajola ci dica se Polesine e Monfalcone sono siti candidati ad ospitare una centrale

da radicali.it
Nucleare, Zamparutti: Scajola ci dica se Polesine e Monfalcone sono siti candidati ad ospitare una centrale

8 febbraio 2010

Bortoluzzi (giunta radicali) " mobilitazione straordinaria nelle piazze e nel web per chiedere che i siti vengano resi noti prima delle elezioni". Critiche alla posizione altalenante del ministro Zaia

La Deputata Radicale Elisabetta Zamparutti ha presentato un'interrogazione al Presidente del Consiglio e ai Ministri Competenti per sapere se " risponda al vero che i siti siano gia' stati individuati, per quanto riguarda il Triveneto, a Monfalcone e nel Polesine, come risulta dalle dichiarazioni dell'Amministratore Delegato di APS ACEGAS ,una delle piu' importanti societa' energetiche in Italia e la prima nel Nord Est del Paese."
Michele Bortoluzzi della Giunta Nazionale di radicali Italiani invita ad una "mobilitazione straordinaria", che andra' in crescendo all'approssimarsi della data del voto, con una richiesta netta all'ENEL e al Governo "Diteci prima del voto dove saranno dislocate le Centrali o - almeno - dove e' probabile lo saranno" .
Le due pagine tematiche in facebook "No al Nucleare" e "NO al Nuclere in Veneto" hanno raggiunto oltre 2000 iscritti in pochi giorni dalla loro istituzione, ed e' pronta l'iniziativa on line per la petizione "FUORI I SITI PRIMA DEL VOTO". All'iniziativa on line si affiancheranno tavoli in tutti i capoluoghi di Provincia del veneto "E' infatti cialtronesco - spiega l'esponente radicale - che davanti all'ultimo turno di elezioni generale per i prossimi 3 anni assistiamo al rimpallo tra Enel e Governo sui siti. La democrazia funziona con l'assunto "Conoscere per Deliberare", il Governo sembra invece orientato a mutuarlo in "Prima deliberare e poi conoscere".
Dai radicali una critica di metodo e di merito alle continue oscillazioni della linea di Luca Zaia rispetto al Nucleare: "Lo avevamo invitato al Convegno di Padova per chiarire, non e' venuto. Le dichiarazioni - spesso contraddittorie - segnalano che il Ministro-Candidato, che ha votato il SI al Nucleare, e' in grande difficolta' a coniugare la richiesta di federalismo che e' la bandiera della Lega all'applicazione del federalismo che presuppone che su temi importanti come questi sia garantito il concorso delle Regioni".

domenica 7 febbraio 2010

Bersani e Bonino: il no al nucleare è la nostra bandiera

l’Unità, 7.02.2010
Bersani e Bonino: il no al nucleare è la nostra bandiera
Assemblea ecodem. Il leader alla candidata: «Ci capiamo, governo ed esponenti in lista dicano sì o no alle centrali» Emma: «Privatizzare Acea un favore ai potenti»

Cambio di passo, le prime parole che Pier Luigi Bersani mette in campo all’inizio di una giornata che correrà frenetica come una gimcana dagli Idv a congresso ai «critici» del Pd raccolti a Orvieto, da un doppio abbraccio con la Bonino a un incontro fugace con Vendola sono un «No» al nucleare e un «Sì», al risparmio energetico. «E così ci capiamo», scandisce il segretario Pd di buon mattino l’invocata chiarezza evangelica? -, davanti agli ecodem che si sono dati appuntamento mella sede nazionale del Pd sotto l’insegna «Afferrare il futuro, ambiente e green economy». È lì che parte il primo abbraccio, che proseguirà qualche ora dopo a Orvieto. Da una parte il segretario del Pd che rivendica: «Noi siamo quelli del lavoro, del sociale e dell’ambiente, dobbiamo far capire che con questo governo le cose non girano, ma se non hai un’altra proposta è difficile che Berlusconi faccia le valigie». Dall’altra Emma Bonino, la candidata «fuoriclasse» alle regionali del Lazio, quella che dovrà farcela anche senza l’Udc e nonostante il caso Marrazzo, che cerca lo scarto fin dallo stile della campagna elettorale («non imbrattiamo con i manifesti, inventiamoci altro») e fa l’anti-demagoga anche quando parla di «legalità e trasparenza»: «Rinunciare all’auto blu? risponde a un cronista L’autista mi serve». «Bonino? Va alla grandissima», le tira la volata Bersani, che la solleva abbracciandola. «Paura di vincere?», si schermisce lei: «No, noi radicali se diciamo sì è sì».
Bisogno di mission Ciò che segue dà la misura della sintonia che può scattare, lasciandosi alle spalle «anarchismi» e «microfeudalesimo», e concentrandosi sulle parole d’ordine. Green Economy, per esempio. L’ecodem Vigni suggerisce di declinarla in tutti i programmi elettorali: «Efficienza energetica, energie rinnovabili, no al consumo di suolo, sviluppo di servizi pubblici locali». Bersani concorda. Come il welfare negli anni Settanta, l’ambiente deve diventare la bandiera di un centrosinistra che si candida a governare le Regioni in una stagione decisamente meno favorevole. «La destra ragiona: più crisi, meno ambiente. Per noi la Green Economy è la risposta alla crisi», rilancia Bersani, suggerendo che questo è anche il terreno concretissimo su cui incalzare la destra. «Noi la scelta del ritorno al nucleare non la diamo per fatta», avverte. «Ma al governo e a chi si candida a governare le Regioni dobbiamo chiedere chiarezza: dicci sì o no e dove vuoi le centrali, non dopo le elezioni, si pronuncino, gli impianti non li fai mica mandando i carabinieri».
Accanto a lui Emma Bonino dà il primo assaggio di una campagna elettorale in cui, fair play a parte, su ambiente e nucleare è scontro duro.
«Non basta dire che sentirai i cittadini... E ci manca pure che non li senti», scandisce, sfidando la sua avversaria Renata Polverini alla chiarezza di cui parlava Bersani: «I consulenti non le mancheranno, se la sarà fatta una idea del territorio e del nucleare». «Noi l’alternativa la forniamo», rivendica: «L’efficienza energetica, che porta lavoro, altro che i 100mila posti promessi da Alemanno». E ancora più dura, Emma, è nel denunciare gli interessi dietro la campagna elettorale. A discapito dell’ambiente. E di un bene pubblico essenziale come l’acqua. La società che a Roma ne gestisce la rete di distribuzione, l’Acea, vede gomito a gomito il Comune di Roma, azionista pubblico, per ora, di maggioranza, e Caltagirone, azionista privato, nonché suocero di Casini. La parola «privatizzazione» per i radicali non è un tabù. E però «la situazione è troppo opaca». E come sul nucleare il «no» deve essere netto: «Non siamo Alice nel paese delle meraviglie e conosciamo gli interessi in gioco, privatizzare Acea servirebbe solo a qualche potente/prepotente e non darebbe ai cittadini un servizio migliore».

venerdì 5 febbraio 2010

Sfida atomica governo-regioni

Il Manifesto 5 febbraio 2010, p. 4

IL NUCLEARE PROSSIMO VENTURO Il ministro Scajola impugna davanti alla corte costituzionale le leggi regionali di Campania, Puglia e Basilicata che dicono no al nucleare. Tutte e tre sono regioni governate dal centrosinistra, tutte e tre voteranno in marzo. E per paura del voto i siti restano segreti
Sfida atomica governo-regioni
C.L.

ROMA
Tra governo e regioni è scontro frontale sul nucleare. Ieri il consiglio dei ministri ha infatti deciso di impugnare di fronte alla Corte costituzionale le tre leggi regionali con cui Puglia, Campania e Basilicata vietano l'installazione di centrali nucleari nei rispettivi territori. Un atto «necessario per ragioni di diritto e di merito», ha spiegato il ministro per le Attività produttive Claudio Scajola, che con il collega per gli Affari regionali Raffaele Fitto ha proposto il ricorso alla Consulta. Per il governo le tre leggi interverrebbero infatti su una materia concorrente con lo Stato come la produzione, il trasporto e la distribuzione dell'energia, non riconoscendone perdipiù la competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, della sicurezza interna e della concorrenza. La decisione è però anche un tentativo di fare piazza pulita di eventuali ostacoli a quello che lo stesso Scajola ha definito come un punto «fondamentale» del programma di governo come il ritorno all'atomo.
Ma c'è, infine, una terza motivazione, più squisitamente politica come spiega Scajola senza troppi giri di parole. «Non impugnare le tre leggi - ha detto infatti il ministro - avrebbe costituito un precedente pericoloso, perché si potrebbe indurre le Regioni ad adottare altre decisioni negative sulla localizzazione delle infrastrutture necessarie per il paese».
La mossa del governo ha provocato la reazione dei governatori delle tre regioni interessate che, seppure con toni diversi, hanno confermato il loro no al nucleare.«Siamo convinti di aver agito nel pieno rispetto delle norme costituzionali e della competenze delle regioni», ha detto il presidente della Campania Antonio Bassolino, convinto che alla fine la Consulta non darà ragione a Palazzo Chigi. «Il governo viene allo scoperto e conferma la linea ispirata a un egoistico centralismo» ha commentato invece il governatore della Basilicata Vito De Filippo, mentre per il governatore Nichi Vendola «se il governo vuole fare i propri affari nucleari in Puglia, noi saremo la regione più disobbediente d'Italia».
Il ricorso alla Consulta è solo l'ultimo atto di una scontro che da mesi contrappone regioni e governo sull'atomo. Fino a ieri, l'ultima parola l'aveva pronunciata il 27 gennaio scorso la Conferenza delle regioni bocciando a maggioranza il piano di costruzione di quattro nuove centrali nucleari (uniche a votare contro Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia). E alla Corte costituzionale si sono rivolte anche undici regioni (Lazio, Marche. Umbria, Basilicata, Puglia, Calabria, Toscana, Liguria. Emilia Romagna, Piemonte e Campania) con un ricorso contro la norma che prevede la possibilità di avviare la costruzione di una centrale nucleare o di un impianto di trattamento delle scorie anche in presenza di un parere contrario degli enti locali e delle regioni interessate, militarizzando perdipiù i siti scelti.
Nonostante tutti i tentativi di far allontanare il più possibile ogni discorso sul nucleare dalle imminenti elezioni regionali (la scelta dei siti dove dovrebbero sorgere gli impianti costruiti da Enel e dalla francese Edf è stata rimandata non a caso a quando le urne saranno chiuse), è stata proprio l'offensiva delle regioni a costringere il governo alla reazione. «Non sarà con la forza che si farà digerire agli italiani una scelta costosa e sbagliata», è stato il commento di Ermete Realacci (Pd) mentre il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro ha annunciato che al congresso del partito, che comincia oggi, annuncerà l'avvio della raccolta di firme per un nuovo referendum contro il nucleare, il secondo dopo quello che nel 1987 sancì il primo stop all'atomo. Durissimo, infine, il commento di Angelo Bonelli, per il quale la scelta fatta dal governo di impugnare le tre leggi regionali «è un atto fascista e fuori dalla democrazia». «E' sempre più evidente, ormai, - ha detto il presidente dei Verdi - la volontà di mettere i cittadini italiani davanti al fatto compiuto rispetto alla costruzione delle centrali nucleari imponendole con l'esercito e ignorando completamente la democrazia e la scelta delle regioni».

Lo Stato può scegliere i reattori ma poi deve consultare le regioni

Il Manifesto, 5 febbraio 2010, p. 4

LA COSTITUZIONE
Lo Stato può scegliere i reattori ma poi deve consultare le regioni
Giorgio Salvetti

Fare ricorso contro le leggi anti-nucleari di tre regioni è un diritto del governo, ma non un dovere. E non è certo il modo migliore per risolvere un conflitto inevitabile su una materia delicatissima come quella delle futuribili centrali antomiche che, c'è da giurarci, nessuno vorrà nel proprio giardino, alla faccia delle politiche di Berlusconi&soci.
Energia e ambiente, spiegano i costituzionalisti, sono temi concorrenti fra Stato centrale e regioni. La carta costituzionale dopo la riforma parzialmente federalista lascia spazio ad ambiguità e conflitti di competenze. «Spesso i confini sono molto labili, l'articolo 117 della Costituzione può dare adito a diverse interpretazioni - ribadisce il giurista Paolo Caretti - e specialmente sul tema dell'ambiente la questione è molto complicata e delicata». Alle regioni però è delegata la tutela del territorio. Se dunque la loro giurisdizione è limitata sul piano delle politiche energetiche e ambientali, spetta senza dubbio agli enti locali decidere dove e come attuare le politiche decise dalla Stato. Le regioni hanno senza dubbio il diritto di esprime un parere sulla costruzione di eventuali impianti nucleari che incidano sul proprio terreno. In questo senso lo Stato è tenuto a consultare le istituzioni locali, a partire dalla assemblea tra Stato e regioni, per poi discutere con ogni singola regione e concordare scelte così importanti come quella di costruire un impianto nucleare.
Più discutibile invece immaginare una sorta di federalismo energetico in base al quale ogni regione avrebbe il diritto di decidere in linea di principio, e in piena autonomia da Roma, quale politica energetica adottare e, adirittura, quale vietare. «Una decisione di questo tipo - spiega il costituzionalista Valerio Onida - non può che essere di competenza del governo nazionale. Ci sono anche precedenti in questo senso che mi coinvolgono». Fu proprio la Corte costituzionale presieduta da Onida ad emettere la sentenza che fece giurisdizione sull'argomento, la numero 62 del 13 gennaio 2005. La Consulta in quell'occasione accolse il ricorso del governo centrale contro Puglia, Basilicata e Campania che con leggi regionali avevano vietato la circolazione sul proprio territorio di materiale nucleare. La Corte costituzionale stabilì che questa materia è di «competenza legislativa esclusiva dello Stato, sia pure in termini che non escludono il concorso di normative delle regioni». Quella stessa sentenza però stabilì anche che le regioni avevano diritto di intervenire nel merito delle decisioni statali secondo un principio di concertazione.
In pratica una regione non potrebbe vietare in modo generico il ricorso all'energia nucleare, ma ha il diritto-dovere di intervenire e di epremere il proprio parere una volta che a Roma venisse stabilito quale tipo di centrale costruire, dove e come costruirla.
Il ricorso presentato oggi dal governo dunque è giuridicamente legittimo ma appare politicamente sconveniente e autoritario: può al massimo segnare un punto sul piano giuridico ma di fatto non fa che alimentare uno scontro duro e inevitabile con i territori e con i cittadini che il nucleare non lo vogliono. E su questo non c'è ricorso o Consulta che tenga.

Lo scontro sull`energia Il governo scomunica le tre regioni anti-nucleare

Lo scontro sull`energia Il governo scomunica le tre regioni anti-nucleare

Libero Mercato (Libero) del 5 febbraio 2010

di An. C.

Il rilancio del nucleare -e l`apertura di quattro nuovi siti dove costruire le centrali rischia di gettare altra benzina sul fuoco della campagna elettorale delle regionali di fine marzo. Ieri, infatti, il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale le leggi regionali di Puglia, Basilicata e Campania che impediscono di costruire centrali nucleari sul territorio regionale. Una scelta, questa, fatta dal governo su proposta del ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola e d`intesa con il ministro pergli Affari regionali Raffaele Fitto. «L`impugnativa delle tre leggi è necessaria», ha spiegato nel dettaglio Scajola, «per questioni di diritto e di merito. In punto di diritto le tre leggi intervengono autonomamente in una materia concorrente con lo Stato (produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica) e non riconoscono Stato in materia di tutela dell`ambiente della sicurezza interna e della concorrenza (art. 117 comma 2 della Costituzione). Non impugnare le tre leggi», ha proseguito il titolare del dicastero di via Veneto, «avrebbe costituito un precedente pericoloso perché si potrebbe indurre le Regioni ad adottare altre decisioni negative sulla localizzazione di infrastrutture necessarie per il Paese».
Immediato il fuoco di sbarramento dei governatori uscenti che in piena campagna elettorale. «Ora il governo abbia il coraggio di indicare i siti dove intende intervenire», attacca il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, «e lo faccia prima delle elezioni di marzo». Secondo
Errani «questo conflitto istituzionale lo ha innescato il governo, con scelte unilaterali e d`autorità».
Ed è già partito il toto località. Al momento - mentre governo ed Enel tengono top secret la lista dei possibili siti - si conoscono nel dettaglio solo i requisiti fondamentali dove costruire le nuove centrali.
La tecnologia francese European Pressurized Reactor (Epr, joint venture fra Enel ed Edt), esige zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini idrici ma non a rischio inondazioni. Al momento le uniche regioni che si sono timidamente candidate solo Veneto e Sicilia. E poi si rincorrono
i nomi dei vecchi siti: Caorso, Trino Vercellese (Vercelli), Montalto di Castro, Termoli (in provincia di Campobasso), e Porto Tolle, a Rovigo. Ma anche Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Ionico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia). Insomma, non resta che attendere aprile per scoprire dove, ricorsi incrociati permettendo,sorgeranno le nuove centrali.

Nucleare, il governo impugna tre leggi regionali

Nucleare, il governo impugna tre leggi regionali

Milano Finanza del 5 febbraio 2010

Entra nel vivo il braccio di ferro tra il Governo e le Regioni sulle centrali nucleari. Il consiglio dei ministri ieri, su proposta del ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola e in accordo con il ministro per gli Affari Regionali Raffaele Fitto, ha deciso di impugnare presso la Corte costituzionale le leggi regionali di Puglia, Basilicata e Campania contro il nucleare. Le leggi regionali emanate infatti contengono un no preventivo alla costruzione sul proprio territorio di nuove centrali nucleari. Secondo
il governo, questo non sarebbe costitdzionalmente legittimo, perché si tratta di una materia strategica per l`interesse nazionale. «In punto di diritto le tre leggi intervengono autonomamente in una materia concorrente con lo Stato e non riconoscono l`esclusiva competenza dello Stato in materia di tutela dell`ambiente della sicurezza interna e della concorrenza», ha spiegato Scajola. «Non impugnare le leggi avrebbe costituito un precedente pericoloso», ha aggiunto.

Nucleare, Bonino: la scelta del Cdm è un atto intimidatorio contro le Regioni

da radicali.it
Nucleare, Bonino: la scelta del Cdm è un atto intimidatorio contro le Regioni

Roma, 4 febbraio 2010

Dichiarazione di Emma Bonino
Sul nucleare il Governo mostra la sua vera faccia: altro che federalisti... La decisione del Consiglio dei Ministri di impugnare le leggi contro il nucleare di Puglia, Campania e Basilicata non è una decisione presa in punta di diritto, come vuol far credere il Ministro Scajola, ma è un semplice atto di prepotenza, proprio perché l’energia, come lo stesso Ministro Scajola ha notato, è secondo la Costituzione materia concorrente tra Stato e Regioni. Il Governo invece procede a testa bassa, nonostante la contrarietà della quasi totalità delle Regioni italiane, compreso il Lazio che ha firmato insieme ad altre il ricorso alla Corte Costituzionale. Tutto questo per mettere in campo un progetto senza futuro, costoso e che nasce già vecchio. Al posto di atti intimidatori, ci dicano piuttosto dove vorrebbero costruire le centrali, magari prima delle elezioni regionali e non il giorno dopo. In ogni caso, se sarò eletta mi impegnerò contro la costruzione di impianti sul territorio del Lazio, coerentemente con quanto mantengo da quando il governo ha annunciato il ritorno, inutile quanto dispendioso, al nucleare. Con me, il Lazio sarà la Regione della green economy, non del nucleare.