venerdì 5 febbraio 2010

Lo Stato può scegliere i reattori ma poi deve consultare le regioni

Il Manifesto, 5 febbraio 2010, p. 4

LA COSTITUZIONE
Lo Stato può scegliere i reattori ma poi deve consultare le regioni
Giorgio Salvetti

Fare ricorso contro le leggi anti-nucleari di tre regioni è un diritto del governo, ma non un dovere. E non è certo il modo migliore per risolvere un conflitto inevitabile su una materia delicatissima come quella delle futuribili centrali antomiche che, c'è da giurarci, nessuno vorrà nel proprio giardino, alla faccia delle politiche di Berlusconi&soci.
Energia e ambiente, spiegano i costituzionalisti, sono temi concorrenti fra Stato centrale e regioni. La carta costituzionale dopo la riforma parzialmente federalista lascia spazio ad ambiguità e conflitti di competenze. «Spesso i confini sono molto labili, l'articolo 117 della Costituzione può dare adito a diverse interpretazioni - ribadisce il giurista Paolo Caretti - e specialmente sul tema dell'ambiente la questione è molto complicata e delicata». Alle regioni però è delegata la tutela del territorio. Se dunque la loro giurisdizione è limitata sul piano delle politiche energetiche e ambientali, spetta senza dubbio agli enti locali decidere dove e come attuare le politiche decise dalla Stato. Le regioni hanno senza dubbio il diritto di esprime un parere sulla costruzione di eventuali impianti nucleari che incidano sul proprio terreno. In questo senso lo Stato è tenuto a consultare le istituzioni locali, a partire dalla assemblea tra Stato e regioni, per poi discutere con ogni singola regione e concordare scelte così importanti come quella di costruire un impianto nucleare.
Più discutibile invece immaginare una sorta di federalismo energetico in base al quale ogni regione avrebbe il diritto di decidere in linea di principio, e in piena autonomia da Roma, quale politica energetica adottare e, adirittura, quale vietare. «Una decisione di questo tipo - spiega il costituzionalista Valerio Onida - non può che essere di competenza del governo nazionale. Ci sono anche precedenti in questo senso che mi coinvolgono». Fu proprio la Corte costituzionale presieduta da Onida ad emettere la sentenza che fece giurisdizione sull'argomento, la numero 62 del 13 gennaio 2005. La Consulta in quell'occasione accolse il ricorso del governo centrale contro Puglia, Basilicata e Campania che con leggi regionali avevano vietato la circolazione sul proprio territorio di materiale nucleare. La Corte costituzionale stabilì che questa materia è di «competenza legislativa esclusiva dello Stato, sia pure in termini che non escludono il concorso di normative delle regioni». Quella stessa sentenza però stabilì anche che le regioni avevano diritto di intervenire nel merito delle decisioni statali secondo un principio di concertazione.
In pratica una regione non potrebbe vietare in modo generico il ricorso all'energia nucleare, ma ha il diritto-dovere di intervenire e di epremere il proprio parere una volta che a Roma venisse stabilito quale tipo di centrale costruire, dove e come costruirla.
Il ricorso presentato oggi dal governo dunque è giuridicamente legittimo ma appare politicamente sconveniente e autoritario: può al massimo segnare un punto sul piano giuridico ma di fatto non fa che alimentare uno scontro duro e inevitabile con i territori e con i cittadini che il nucleare non lo vogliono. E su questo non c'è ricorso o Consulta che tenga.

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