giovedì 19 marzo 2009

Nucleare governativo e militarizzato

Il Manifesto, 6 marzo 2009
* OPINIONI | di Daniele Rovai *
Nucleare governativo e militarizzato
L'Italia rientra nel club dei paesi nucleari. Lo aveva promesso il centro destra se avesse vinto le elezioni. Sembra non disdegnarlo il centro sinistra che quelle elezioni le ha perse. L'unica cosa certa è che sarà un nucleare governativo e militarizzato.
Proprio quando la nuova presidenza statunitense intende farsi carico del surriscaldamento del globo favorendo lo sviluppo delle energie rinnovabili, tanto da aver promesso in campagna elettorale di creare nel giro di dieci anni 5 milioni di posti di lavoro nel settore dell'energia pulita e di arrivare a un taglio delle emissioni di C02 dell'80 per cento entro il 2050, l'Italia sta studiando come far ripartire l'avventura nucleare interrotta nel 1987 per volontà popolare con un referendum.
Proprio nei giorni che il presidente Barack Obama taglia l'aumento di cinquecento milioni di dollari, fortemente voluto dalla lobby nucleare per finanziare i suoi progetti di rinascita, al piano da cinquanta miliardi destinato a garantire i prestiti per i progetti a basse emissioni di gas serra, l'Italia ripartirà con una seconda avventura atomica senza aver ancora smaltito le scorie ereditate dalla prima. Si tratta di ventotto mila metri cubi di rifiuti radiaottivi (che diventeranno centomila mila metri cubi con lo smantellmento delle vecchie centrali) e di duecentoottantasette tonnellate di combustibile nucleare irraggiato. Rifiuti nucleri stoccati da vent'anni nei nove siti (quattro centrali e cinque laboratori) costruiti tra gli anni Sessanta e Settanta lungo la penisola. Rifiuti radioattivi che ancora non si sa come smaltire e che si è preferito dimenticare per anni in vecchi depositi ormai obsoleti e non più a norma costruiti a pochi metri dagli argini dei fiumi.
L'avventura ripartità grazie a un Disegno di legge dal titolo: «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» che il 3 ottobre scorso è arrivato al Senato dopo essere stato discusso e approvato in prima lettura alla Camera. Disegno di legge che dopo l'accordo «nucleare» raggiunto martedì 24 febbraio da Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy il governo vorrebbe porter far diventare legge al più presto. E' grazie a questo Disegno di legge, nato per aiutare le imprese a uscire dalla crisi economica, che la maggioranza potrà far rientrare l'Italia nel club dei paesi nucleari. Un'insalata russa di articoli che mettono sullo stesso piano la disciplina dei consorzi agrari (art. 4), l'incentivazione per l'internazionalizzazione delle imprese (art. 6) e la delega al governo per la scrittura della normativa nucleare (art. 14); una sarabanda di norme che serviranno a contrastare la contraffazione (art. 10), a favorire l'emittenza locale (art. 13) e a far nascere l'Agenzia di sicurezza nazionale (art. 17), chiaramente governativa.
Un Disegno di legge che permetterà anche all'Esercito di avere propri impianti nucleari per la «valorizzazione ambientale» dei suoi terreni e per «soddisfare le proprie esigenze energetiche» (art. 22, comma 1). E' vero che si parla di impianti energetici in genere ma in un contesto che tratta solo impianti nucleari il passo è breve. Nello specifico: l'esercito potrà affidare in concessione o in locazione le sue infrastrutture e i beni del demanio (militare) a quei privati che vorranno costruirci impianti energetici (art. 22, comma 1) potendo partecipare alla costruzione di quegli stessi impianti stipulando «accordi con imprese a partecipazione pubblica o privata» (art. 22, comma 3). Avremo il primo esercito nucleare al mondo! Un nucleare governativo, prevaricatore e militarizzato perché se anche dice come la scelta dei siti nucleari sarà fatta con il parere degli enti locali e del Parlamento (art. 15, comma 1) il governo potrà, a suo insindacabile giudizio, dichiarare quei siti «area di interesse strategico nazionale» assoggettandoli «a speciali forme di vigilanza e di protezione» (art. 14, comma2, lettera a) e «in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese» sostituire nella decisione gli enti locali grazie all'articolo 120 della Costituzione (art. 14, comma 2, lettera f).
Poco importa se l'articolo 120 della Costituzione prevede che questa possibilità si possa usare solo in «caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali» oppure quando «lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali». Troverà sicuramente un modo «creativo» per ovviare al problema.
E l'opposizione come ha reagito a questa particolare rinascita atomica voluta dal centro destra? Nel modo peggiore: dividendosi tra chi accetta di discutere di nuclere e chi al nucleare chiude la porta.
Dice «sì» al nucleare Matteo Colaninno che alla fine della discussione del Disegno di legge alla Camera afferma come il suo partito, il Partito democratico, sia «risultato essenziale per l'istituzione dell'agenzia, originariamente non prevista dal governo senza la quale nessuna discussione seria sull'uso dell'energia nucleare sarebbe credibile».
Dice invece «ni» Ermete Realacci che durante quella discussione al momento di votare sull'Agenzia dichiarerà l'astensione del suo partito, il Partito democratico, spiegando come «un grande paese industrializzato come l'Italia deve avere una Agenzia nucleare degna di questo nome» ma che questa volontà non deve essere spacciata «per un consenso al tipo di scelta nucleare che il governo vuole fare».
L'unico «no» netto e deciso lo ha detto la delegazione radicale nel Partito democratico che ha reputato l'Agenzia e quel Disegno di legge lo «smantellamento di quanto si era prodotto di buono dopo il referendum sul nucleare».
* fisico

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