Cinque alternative al rischio nucleare
Corriere della Sera Economia del 19 maggio 2008, pag. 13
di Enzo Venini
L’importante dibattito mondiale sull’energia ed i cambiamenti climatici è immediatamente banalizzato in sede italiana: un potente alibi per riprendere argomenti datati e luoghi comuni esattamente coincidenti con quelli di 30 anni fa, in occasione della crisi energetica innescata dalla guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur.
Oggi come allora per fronteggiare la crisi degli approvvigionamenti petroliferi e dei cambiamenti climatici, si rispolverano le proposte per la realizzazione di nuovi impianti nucleari. Allora, il Piano energetico nazionale (1975) prevedeva che l’Enel (allora ente di stato, ora società per azioni) iniziasse «simultaneamente gare per l’assegnazione di otto centrali elettronucleari da 1.000 MW del tipo ad acqua leggera, pressurizzata e bollente». E tenuto conto delle unità nucleari all’epoca già ordinate dall’Enel, per 4.000 MW, il Piano prevedeva quindi un apporto di centrali nucleari per una potenza complessiva di 20.000 MW entro il 1985. Nel mezzo, una scelta diversa e soprattutto un contesto nazionale ed internazionale radicalmente mutato.
Che l’Italia debba rimanere solidamente agganciata all’evoluzione della ricerca nucleare è strategico, nell’ambito di un quadro internazionale, ma da qui a rilanciare un nuovo programma di investimenti nucleari significa non fare i conti con la realtà. Tralasciando gli aspetti economici e finanziari, e anche, per un momento, quelli legati allo smaltimento delle scorie radioattive, il Wwf chiede:
1) Come si può sostenere che l’energia nucleare sia fondamentale quando nel mondo, nonostante i massicci finanziamenti pubblici ricevuti per più di 50 anni, essa copre appena il 6,3% dell’energia primaria utilizzata, e l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che tale contributo non aumenterà nei prossimi 30 anni?;
2) Si può sostenere la tesi nucleare con l’argomento dell’autoproduzione e dell’autosufficienza, quando l’Italia non possiede fonti di uranio e nel mondo c’è uranio solo per mantenere per circa 70 anni l’attuale contributo di questa fonte?;
3) Come si può sostenere che il kWh prodotto dal nucleare costa poco quando non è stato ancora possibile valutare definitivamente la parte finale e più costosa di questa tecnologia, cioè lo smantellamento dei vecchi impianti e la gestione delle scorie? In Italia stiamo ancora pagando la gestione finale e il controllo dei pochi e piccoli impianti ormai fermi da 20 anni ed i francesi, con il prossimo avvio della chiusura dei loro impianti più vecchi cominceranno presto ad accorgersi del costo reale dell’energia che fino ad oggi hanno ricevuto apparentemente a buon mercato;
4) Come si può sostenere che il nucleare non produca C02 quando le emissioni di tutta la filiera sono paragonabili a quelle di una centrale a gas naturale a ciclo combinato (come dallo studio dell’Università di Groninger, Olanda)?
5) Se fossero state realizzate, ad esempio, le centrali previste dal piano del 1975, quante sarebbero oggi ancora in funzione, in un Paese nel quale la gestione e la pianificazione territoriale sono pressoché latitanti? È solo dunque una questione di «convincimento dei cittadini». E le garanzie?
6) In un Paese che non ha applicato ancora la Direttiva europea sulle acque e che quindi non ha ancora oggi gli strumenti necessari per normare l’impiego delle risorse idriche e la corretta gestione di bacini fluviali, quale investimento su grandi impianti energetici ad elevato fabbisogno idrico può essere sostenuto?
Qual è, dunque, l’auspicato profilo per un’«energia sicura» per il Wwf?
a) Ridurre le emissioni di carbonio e contribuire a frenare i mutamenti climatici per tenere in conto la capacità di carico della Terra ed evitare l’impatto sui sistemi naturali, sulla loro integrità e capacità di fornire beni e servizi essenziali;
b) Usare le energie rinnovabili per evitare di contare su catene di fornitura lunghe e vulnerabili;
c) Rifornirsi da molte fonti differenziate;
d) Basarsi su accordi equi che abbiano benefici effetti dal punto vista sociale, politico ed economico;
e) Attuare seri piani di risparmio energetico.
NOTE
presidente Wwf Italia
Corriere della Sera Economia del 19 maggio 2008, pag. 13
di Enzo Venini
L’importante dibattito mondiale sull’energia ed i cambiamenti climatici è immediatamente banalizzato in sede italiana: un potente alibi per riprendere argomenti datati e luoghi comuni esattamente coincidenti con quelli di 30 anni fa, in occasione della crisi energetica innescata dalla guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur.
Oggi come allora per fronteggiare la crisi degli approvvigionamenti petroliferi e dei cambiamenti climatici, si rispolverano le proposte per la realizzazione di nuovi impianti nucleari. Allora, il Piano energetico nazionale (1975) prevedeva che l’Enel (allora ente di stato, ora società per azioni) iniziasse «simultaneamente gare per l’assegnazione di otto centrali elettronucleari da 1.000 MW del tipo ad acqua leggera, pressurizzata e bollente». E tenuto conto delle unità nucleari all’epoca già ordinate dall’Enel, per 4.000 MW, il Piano prevedeva quindi un apporto di centrali nucleari per una potenza complessiva di 20.000 MW entro il 1985. Nel mezzo, una scelta diversa e soprattutto un contesto nazionale ed internazionale radicalmente mutato.
Che l’Italia debba rimanere solidamente agganciata all’evoluzione della ricerca nucleare è strategico, nell’ambito di un quadro internazionale, ma da qui a rilanciare un nuovo programma di investimenti nucleari significa non fare i conti con la realtà. Tralasciando gli aspetti economici e finanziari, e anche, per un momento, quelli legati allo smaltimento delle scorie radioattive, il Wwf chiede:
1) Come si può sostenere che l’energia nucleare sia fondamentale quando nel mondo, nonostante i massicci finanziamenti pubblici ricevuti per più di 50 anni, essa copre appena il 6,3% dell’energia primaria utilizzata, e l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che tale contributo non aumenterà nei prossimi 30 anni?;
2) Si può sostenere la tesi nucleare con l’argomento dell’autoproduzione e dell’autosufficienza, quando l’Italia non possiede fonti di uranio e nel mondo c’è uranio solo per mantenere per circa 70 anni l’attuale contributo di questa fonte?;
3) Come si può sostenere che il kWh prodotto dal nucleare costa poco quando non è stato ancora possibile valutare definitivamente la parte finale e più costosa di questa tecnologia, cioè lo smantellamento dei vecchi impianti e la gestione delle scorie? In Italia stiamo ancora pagando la gestione finale e il controllo dei pochi e piccoli impianti ormai fermi da 20 anni ed i francesi, con il prossimo avvio della chiusura dei loro impianti più vecchi cominceranno presto ad accorgersi del costo reale dell’energia che fino ad oggi hanno ricevuto apparentemente a buon mercato;
4) Come si può sostenere che il nucleare non produca C02 quando le emissioni di tutta la filiera sono paragonabili a quelle di una centrale a gas naturale a ciclo combinato (come dallo studio dell’Università di Groninger, Olanda)?
5) Se fossero state realizzate, ad esempio, le centrali previste dal piano del 1975, quante sarebbero oggi ancora in funzione, in un Paese nel quale la gestione e la pianificazione territoriale sono pressoché latitanti? È solo dunque una questione di «convincimento dei cittadini». E le garanzie?
6) In un Paese che non ha applicato ancora la Direttiva europea sulle acque e che quindi non ha ancora oggi gli strumenti necessari per normare l’impiego delle risorse idriche e la corretta gestione di bacini fluviali, quale investimento su grandi impianti energetici ad elevato fabbisogno idrico può essere sostenuto?
Qual è, dunque, l’auspicato profilo per un’«energia sicura» per il Wwf?
a) Ridurre le emissioni di carbonio e contribuire a frenare i mutamenti climatici per tenere in conto la capacità di carico della Terra ed evitare l’impatto sui sistemi naturali, sulla loro integrità e capacità di fornire beni e servizi essenziali;
b) Usare le energie rinnovabili per evitare di contare su catene di fornitura lunghe e vulnerabili;
c) Rifornirsi da molte fonti differenziate;
d) Basarsi su accordi equi che abbiano benefici effetti dal punto vista sociale, politico ed economico;
e) Attuare seri piani di risparmio energetico.
NOTE
presidente Wwf Italia
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