Nucleare - Le pericolose promesse
Vittorio Cogliati Dezza*
23 maggio 2008, IL MANIFESTO
Il ministro Scajola ieri, all'assemblea di Confindustria, si è impegnato senza ambiguità: «entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione di centrali nucleari di nuova generazione». Ma il ministro Scajola fa una banale errore lessicale. Le centrali «di nuova generazione» non ci sono e se ci saranno sarà dopo il 2025. Forse intendeva le centrali attuali, che dovrebbero cominciare ad andare in dismissione nei prossimi anni?
Il ministro Scajola fa anche un altro errore quando sostiene che le centrali nucleari sono «sicure e competitive».
Sicure? Nessuno dei problemi che spinsero gli italiani a bocciare il nucleare 20 anni fa è stato risolto: non il rischio d'incidenti, non lo smaltimento in sicurezza delle scorie, non lo smantellamento degli impianti in disuso, né la loro protezione da eventuali attacchi terroristici. La storia del nucleare è costellata da una lunga lista di gravi incidenti, da quello di Three Mile Island nel 1979 negli Usa a quello di Mihama nel 2004 in Giappone. In Europa, dopo la catastrofe di Cernobyl, a Temelin nella Repubblica Ceca negli scorsi anni si è verificata una serie di incidenti che hanno messo in allarme la vicina Austria. Per non parlare delle scorie. Si calcola che 250mila tonnellate di rifiuti radioattivi nel mondo siano in attesa di stoccaggio. Esistono circa 80 depositi «provvisori» nel mondo, ma non ancora un sito di stoccaggio definitivo. C'è poi lo smantellamento delle centrali una volta spente, processo delicato e oneroso, che comporta rischi altissimi per la sicurezza.
Competitive? Sarebbe corretto considerare nel costo tutto il ciclo, dalla progettazione allo smaltimento delle scorie e delle centrali. Negli Usa, dove i produttori sono tutti privati, non si mette in cantiere un impianto dalla fine degli anni 70 e oggi, nel mondo, solo la Finlandia sta costruendo un nuovo reattore, che ha già visto decollare i costi del 35%. Inoltre, la Energy Information Administration degli Stati uniti afferma che l'elettricità proveniente da una nuova centrale nucleare è più costosa del 15% rispetto a quella prodotta per il gas naturale e nel computo economico non sono considerati né i costi di smaltimento delle scorie né lo smantellamento dell'impianto alla fine del ciclo vita. Non è un caso che l'Aiea calcola che il contributo dell'atomo al fabbisogno mondiale di energia scenderà dal 15% al 13% entro il 2030.
C'è molta ideologia dietro l'impegno del ministro. Dobbiamo interpretare tutto ciò come il nuovo articolo 18 del Berlusconi 4? Noi ci opporremo. A cominciare dal 7 giugno, giorno in cui una vasta alleanza di associazioni e sindacati ha indetto una manifestazione nazionale a Milano e insieme ci metteremo «In marcia per il clima», contro il nucleare, per alternative migliori.
*Presidente di Legambiente
Vittorio Cogliati Dezza*
23 maggio 2008, IL MANIFESTO
Il ministro Scajola ieri, all'assemblea di Confindustria, si è impegnato senza ambiguità: «entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione di centrali nucleari di nuova generazione». Ma il ministro Scajola fa una banale errore lessicale. Le centrali «di nuova generazione» non ci sono e se ci saranno sarà dopo il 2025. Forse intendeva le centrali attuali, che dovrebbero cominciare ad andare in dismissione nei prossimi anni?
Il ministro Scajola fa anche un altro errore quando sostiene che le centrali nucleari sono «sicure e competitive».
Sicure? Nessuno dei problemi che spinsero gli italiani a bocciare il nucleare 20 anni fa è stato risolto: non il rischio d'incidenti, non lo smaltimento in sicurezza delle scorie, non lo smantellamento degli impianti in disuso, né la loro protezione da eventuali attacchi terroristici. La storia del nucleare è costellata da una lunga lista di gravi incidenti, da quello di Three Mile Island nel 1979 negli Usa a quello di Mihama nel 2004 in Giappone. In Europa, dopo la catastrofe di Cernobyl, a Temelin nella Repubblica Ceca negli scorsi anni si è verificata una serie di incidenti che hanno messo in allarme la vicina Austria. Per non parlare delle scorie. Si calcola che 250mila tonnellate di rifiuti radioattivi nel mondo siano in attesa di stoccaggio. Esistono circa 80 depositi «provvisori» nel mondo, ma non ancora un sito di stoccaggio definitivo. C'è poi lo smantellamento delle centrali una volta spente, processo delicato e oneroso, che comporta rischi altissimi per la sicurezza.
Competitive? Sarebbe corretto considerare nel costo tutto il ciclo, dalla progettazione allo smaltimento delle scorie e delle centrali. Negli Usa, dove i produttori sono tutti privati, non si mette in cantiere un impianto dalla fine degli anni 70 e oggi, nel mondo, solo la Finlandia sta costruendo un nuovo reattore, che ha già visto decollare i costi del 35%. Inoltre, la Energy Information Administration degli Stati uniti afferma che l'elettricità proveniente da una nuova centrale nucleare è più costosa del 15% rispetto a quella prodotta per il gas naturale e nel computo economico non sono considerati né i costi di smaltimento delle scorie né lo smantellamento dell'impianto alla fine del ciclo vita. Non è un caso che l'Aiea calcola che il contributo dell'atomo al fabbisogno mondiale di energia scenderà dal 15% al 13% entro il 2030.
C'è molta ideologia dietro l'impegno del ministro. Dobbiamo interpretare tutto ciò come il nuovo articolo 18 del Berlusconi 4? Noi ci opporremo. A cominciare dal 7 giugno, giorno in cui una vasta alleanza di associazioni e sindacati ha indetto una manifestazione nazionale a Milano e insieme ci metteremo «In marcia per il clima», contro il nucleare, per alternative migliori.
*Presidente di Legambiente
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