Liberazione, 31 maggio 2008
La storia del Piemonte e del deposito di scorie vercellese, rivela la follia di un ritorno all'atomo
Ministro Scaiola, conosce Saluggia?
Matteo Salvai
Da quando si è insediato, il nuovo ministro alle Attività Produttive Scajola, prospetta un giorno sì e l'altro anche il ritorno al nucleare. L'ultima idea è quella di proporre bollette scontate per i cittadini delle comunità che ospitano centrali nucleari. "Chi subirà il disturbo psicologico (perché solo di questo si tratta!) di ospitare una centrale dovrà essere premiato" ha dichiarato ai microfoni di Sky24. Beh! Di disturbi psicologici in Piemonte siamo esperti. La breve avventura dell'atomo in Italia tra gli Anni '60 e '70 ha lasciato infatti proprio sul territorio della nostra regione scorie non ancora smaltite e problemi di messa in sicurezza dei siti esistenti, in cambio di pochissima energia prodotta.
A Trino esiste la centrale Enrico Fermi che iniziò la sua produzione dall'ottobre 1964. Il reattore fu fermato nel ‘67 a causa di problemi tecnici e riavviato nel '70 dopo le riparazioni. Una seconda fermata fu imposta nel 1979 per gli adeguamenti decisi in seguito all'incidente di Three Mile Island (Usa). Reattore fermo fino a tutto il 1982, poi operativo fino al 1987: produzione globale in 4 anni pari alla quantità di energia elettrica che l'Italia consuma in un mese. Nel luglio 1990 il Cipe dispose la sua chiusura definitiva. Una parte degli elementi di combustibile irraggiati è stata trasferita al Deposito Avogadro di Saluggia. Nel 2000, la Sogin ha presentato un progetto di smantellamento dell'impianto che prevede nella sostanza di trasformare il sito di Trino in "deposito di se stesso".
A Saluggia c'è l'impianto Eurex, realizzato nel periodo 1965-1970. Obiettivo il riprocessamento degli elementi di combustibile irraggiati provenienti da varie centrali, al fine di recuperarne l'uranio e il plutonio contenuti. A partire dall'ottobre 1970 sono stati riprocessati 506 elementi Mtr e 72 elementi Candu, fatti appositamente arrivare dalla centrale canadese di Pickering. L'attività ha prodotto una grande quantità di rifiuti ad alta radioattività che sono tuttora custoditi in forma liquida presso lo stesso impianto, che è collocato a poche decine di metri dal fiume Dora Baltea, e a meno di due chilometri dai pozzi dell'Acquedotto del Monferrato che serve oltre 100 Comuni.
In Provincia di Alessandria, a Bosco Marengo, dal 1973 al 1995 l'Ifn (Impianto Fabbricazioni Nucleari), ha prodotto i materiali nucleari per le centrali di Garigliano, Caorso, e Trino oltre che per alcuni reattori esteri. Nel 1996 è stato presentato un piano di disattivazione.
«I tre esempi piemontesi dimostrano come un territorio abbia pagato e paghi ancora per scelte sbagliate - dichiara la consigliera regionale di Prc, Paola Barassi - Ci sono mille ragioni per dire no al nucleare che produce scorie radioattive non smaltibili in sicurezza, che è tecnologia costosa, che si basa su una materia prima in via di estinzione, che è frutto di una cultura legata al passato. E poi vi è l'enorme problema del sito unico nazionale per lo smaltimento delle scorie, finora mai individuato dal Governo. Prima di riparlare di nucleare dobbiamo pensare a risolvere i problemi che l'atomo ci ha già lasciato dal passato".
La storia del Piemonte e del deposito di scorie vercellese, rivela la follia di un ritorno all'atomo
Ministro Scaiola, conosce Saluggia?
Matteo Salvai
Da quando si è insediato, il nuovo ministro alle Attività Produttive Scajola, prospetta un giorno sì e l'altro anche il ritorno al nucleare. L'ultima idea è quella di proporre bollette scontate per i cittadini delle comunità che ospitano centrali nucleari. "Chi subirà il disturbo psicologico (perché solo di questo si tratta!) di ospitare una centrale dovrà essere premiato" ha dichiarato ai microfoni di Sky24. Beh! Di disturbi psicologici in Piemonte siamo esperti. La breve avventura dell'atomo in Italia tra gli Anni '60 e '70 ha lasciato infatti proprio sul territorio della nostra regione scorie non ancora smaltite e problemi di messa in sicurezza dei siti esistenti, in cambio di pochissima energia prodotta.
A Trino esiste la centrale Enrico Fermi che iniziò la sua produzione dall'ottobre 1964. Il reattore fu fermato nel ‘67 a causa di problemi tecnici e riavviato nel '70 dopo le riparazioni. Una seconda fermata fu imposta nel 1979 per gli adeguamenti decisi in seguito all'incidente di Three Mile Island (Usa). Reattore fermo fino a tutto il 1982, poi operativo fino al 1987: produzione globale in 4 anni pari alla quantità di energia elettrica che l'Italia consuma in un mese. Nel luglio 1990 il Cipe dispose la sua chiusura definitiva. Una parte degli elementi di combustibile irraggiati è stata trasferita al Deposito Avogadro di Saluggia. Nel 2000, la Sogin ha presentato un progetto di smantellamento dell'impianto che prevede nella sostanza di trasformare il sito di Trino in "deposito di se stesso".
A Saluggia c'è l'impianto Eurex, realizzato nel periodo 1965-1970. Obiettivo il riprocessamento degli elementi di combustibile irraggiati provenienti da varie centrali, al fine di recuperarne l'uranio e il plutonio contenuti. A partire dall'ottobre 1970 sono stati riprocessati 506 elementi Mtr e 72 elementi Candu, fatti appositamente arrivare dalla centrale canadese di Pickering. L'attività ha prodotto una grande quantità di rifiuti ad alta radioattività che sono tuttora custoditi in forma liquida presso lo stesso impianto, che è collocato a poche decine di metri dal fiume Dora Baltea, e a meno di due chilometri dai pozzi dell'Acquedotto del Monferrato che serve oltre 100 Comuni.
In Provincia di Alessandria, a Bosco Marengo, dal 1973 al 1995 l'Ifn (Impianto Fabbricazioni Nucleari), ha prodotto i materiali nucleari per le centrali di Garigliano, Caorso, e Trino oltre che per alcuni reattori esteri. Nel 1996 è stato presentato un piano di disattivazione.
«I tre esempi piemontesi dimostrano come un territorio abbia pagato e paghi ancora per scelte sbagliate - dichiara la consigliera regionale di Prc, Paola Barassi - Ci sono mille ragioni per dire no al nucleare che produce scorie radioattive non smaltibili in sicurezza, che è tecnologia costosa, che si basa su una materia prima in via di estinzione, che è frutto di una cultura legata al passato. E poi vi è l'enorme problema del sito unico nazionale per lo smaltimento delle scorie, finora mai individuato dal Governo. Prima di riparlare di nucleare dobbiamo pensare a risolvere i problemi che l'atomo ci ha già lasciato dal passato".