Oggi Scajola sdogana il nucleare
di C. L.
Il Manifesto del 18/06/2008
Alla fine il momento è arrivato. Cacciato definitivamente il fantasma di Chernobyl, accantonati con prepotenza i dubbi sui vantaggi che davvero potrebbero derivare dall'atomo, oggi l'Italia si prepara a riaprire ufficialmente le sue porte al nucleare. Il via lo darà nel pomeriggio il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola, presentando in consiglio dei ministri un pacchetto di norme che serviranno a sbloccare la costruzione di impianti atomici nel nostro paese, ventuno anni dopo che il referendum del 1987 li aveva messi al bando. «Dobbiamo superare i vecchi ideologismi, che nulla hanno a che fare con la concretezza del problema», ha spiegato lunedì Scajola parlando all'assemblea milanese di Federchimica. Ma non tutti sono d'accordo. Proprio in queste ore, infatti, al premier Silvio Berlusconi è stata recapitata una lettera aperta nella quale più di 1.200 scienziati gli chiedono di non rilanciare il nucleare, mentre per oggi pomeriggio alle 17 Legambiente, Greenpeace e Wwf hanno indetto un sit in davanti a Montecitorio per contestare quella che definiscono come una scelta «arretrata, antieconomica e insicura».
Il governo si prepara dunque a mantenere la parola data solo poche settimane fa all'assemblea di Confindustria, quando lo stesso Scajola annunciò di voler arrivare, «entro la fine della legislatura», alla posa delle prima pietra per la costruzione delle prime centrali che, stando ad alcune anticipazioni, dovrebbero essere almeno quattro. Le nuove misure sugli impianti nucleari sono inserite nel pacchetto energia della manovra finanziaria e prevedono incentivi per le popolazioni che accetteranno di convivere con una centrale. In particolare si pensa a un taglio delle bollette elettriche, i cui costi sarebbero a carico delle società coinvolte nella costruzione o nella gestione degli impianti.
Ma come prima cosa il governo dovrà individuare i siti in cui aprire i nuovi cantieri. E qui le cose potrebbero complicarsi, fino al punto di rivedere le stesse proteste avute in Campania con le discariche per i rifiuti. E forse proprio per ritardare al massimo possibili momenti di tensione, il governo ha deciso di far slittare alla fine dell'anno l'individuazione dei criteri, morfologici e geologici, che dovranno avere i nuovi siti. Nel frattempo verrà creato un comitato di saggi che avrà il compito di aprire un primo confronto con le popolazioni e gli enti locali. Ma che aria tira, lo si è già capito. Il piano deve infatti ancora vedere la luce e Scajola ha già dovuto digerire due no. Il primo è arrivato dal governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, per il quale «qualunque discorso su localizzazioni in Lombardia è del tutto prematuro». Il secondo è invece dell'assessore all'Ecologia della Regione Puglia. «In materia energetica - ha detto Michele Losappio - la Puglia ha, verso lo Stato, solo crediti da riscuotere. Ci aspettiamo pertanto un impegno che escluda la nostra Regione dalle possibili destinazioni del nucleare».
Almeno sulla carta tutto sembra comunque essere pronto. L'obiettivo del governo, annunciato da Scajola e confermato ieri anche dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, è quello di diversificare la produzione di energia elettrica, puntando su un 25% frutto del nucleare, un altro 25% derivante da energie alternative e su un 50% dai combustibili fossili. Un piano che piace al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che non ha perso occasione per ribadire ancora una volta il suo appoggio alla scelta nucleare di palazzo Chigi.
di C. L.
Il Manifesto del 18/06/2008
Alla fine il momento è arrivato. Cacciato definitivamente il fantasma di Chernobyl, accantonati con prepotenza i dubbi sui vantaggi che davvero potrebbero derivare dall'atomo, oggi l'Italia si prepara a riaprire ufficialmente le sue porte al nucleare. Il via lo darà nel pomeriggio il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola, presentando in consiglio dei ministri un pacchetto di norme che serviranno a sbloccare la costruzione di impianti atomici nel nostro paese, ventuno anni dopo che il referendum del 1987 li aveva messi al bando. «Dobbiamo superare i vecchi ideologismi, che nulla hanno a che fare con la concretezza del problema», ha spiegato lunedì Scajola parlando all'assemblea milanese di Federchimica. Ma non tutti sono d'accordo. Proprio in queste ore, infatti, al premier Silvio Berlusconi è stata recapitata una lettera aperta nella quale più di 1.200 scienziati gli chiedono di non rilanciare il nucleare, mentre per oggi pomeriggio alle 17 Legambiente, Greenpeace e Wwf hanno indetto un sit in davanti a Montecitorio per contestare quella che definiscono come una scelta «arretrata, antieconomica e insicura».
Il governo si prepara dunque a mantenere la parola data solo poche settimane fa all'assemblea di Confindustria, quando lo stesso Scajola annunciò di voler arrivare, «entro la fine della legislatura», alla posa delle prima pietra per la costruzione delle prime centrali che, stando ad alcune anticipazioni, dovrebbero essere almeno quattro. Le nuove misure sugli impianti nucleari sono inserite nel pacchetto energia della manovra finanziaria e prevedono incentivi per le popolazioni che accetteranno di convivere con una centrale. In particolare si pensa a un taglio delle bollette elettriche, i cui costi sarebbero a carico delle società coinvolte nella costruzione o nella gestione degli impianti.
Ma come prima cosa il governo dovrà individuare i siti in cui aprire i nuovi cantieri. E qui le cose potrebbero complicarsi, fino al punto di rivedere le stesse proteste avute in Campania con le discariche per i rifiuti. E forse proprio per ritardare al massimo possibili momenti di tensione, il governo ha deciso di far slittare alla fine dell'anno l'individuazione dei criteri, morfologici e geologici, che dovranno avere i nuovi siti. Nel frattempo verrà creato un comitato di saggi che avrà il compito di aprire un primo confronto con le popolazioni e gli enti locali. Ma che aria tira, lo si è già capito. Il piano deve infatti ancora vedere la luce e Scajola ha già dovuto digerire due no. Il primo è arrivato dal governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, per il quale «qualunque discorso su localizzazioni in Lombardia è del tutto prematuro». Il secondo è invece dell'assessore all'Ecologia della Regione Puglia. «In materia energetica - ha detto Michele Losappio - la Puglia ha, verso lo Stato, solo crediti da riscuotere. Ci aspettiamo pertanto un impegno che escluda la nostra Regione dalle possibili destinazioni del nucleare».
Almeno sulla carta tutto sembra comunque essere pronto. L'obiettivo del governo, annunciato da Scajola e confermato ieri anche dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, è quello di diversificare la produzione di energia elettrica, puntando su un 25% frutto del nucleare, un altro 25% derivante da energie alternative e su un 50% dai combustibili fossili. Un piano che piace al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che non ha perso occasione per ribadire ancora una volta il suo appoggio alla scelta nucleare di palazzo Chigi.
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