martedì 10 giugno 2008

Fuga in centrale nucleare slovena. L'Europa rivive l'incubo di Cernobyl

Fuga in centrale nucleare slovena. L'Europa rivive l'incubo di Cernobyl

la Repubblica del 05/06/2008

Il timore di un'altra Cernobyl scuote per qualche ora tutta l'Europa. Nel pomeriggio la Commissione europea lancia l'allerta in tutta il territorio dell'Unione per un incidente verificatosi in una centrale nucleare in Slovenia. Poco dopo arrivano le rassicurazioni della società che gestisce l'impianto e quelle di Bruxelles. E in tarda serata l'esecutivo comunitario conferma che "l'allarme è rientrato".

L'incidente avviene nella centrale di Krsko, a 130 chilometri in linea d'aria da Trieste: dall'impianto di raffreddamento fuoriesce del liquido. "E' stata attivata una procedura di spegnimento sicuro dell'impianto", rende noto l'Unione Europea. La situazione appare da subito sotto controllo: fonti della Nek, la società che gestisce la centrale, assicurano che non c'è stata alcuna fuga radioattiva nell'ambiente e lo stesso fa Bruxelles.

La procedura di spegnimento va avanti dalle 17.20 alle 22. A quel punto l'impianto non è più attivo ed è in condizioni "sicure". "Il reattore e il generatore non lavorano e non producono elettricità - riferisce un portavoce della Nek - Il prossimo passo sarà quello di riparare l'impianto e rimetterlo in condizioni di funzionare. Ma possiamo assicurare che l'incidente non ha avuto nessun impatto né sull'ambiente né sulla popolazione". Nei prossimi giorni, la Commissione europea potrebbe inviare dei tecnici sul posto per verificare la situazione.

Fino al momento in cui l'allarme rientra è tutto un susseguirsi di rassicurazioni. "Non c'è stata nessuna perdita nell'ambiente - dice un portavoce della Nek poco dopo la notizia dell'allerta lanciata dalla Ue - la fuoriuscita si è verificata all'interno della struttura del reattore. E' stato avviato il processo di spegnimento che avviene per fasi e sarà ultimato entro questa sera. Allora sarà possibile ispezionare il sito per verificare la situazione".

"Non c'è rischio per la popolazione e per l'ambiente", afferma Maja Kocijancic, portavoce della presidenza di turno slovena dell'Ue, sottolineando che la perdita non è stata di materiale radioattivo ma di acqua.

Alla Protezione civile del Friuli Venezia Giulia non arriva nessuna richiesta. "Non è stata allertata neppure la Protezione civile slovena - dice Guglielmo Berlasso, direttore della Protezione civile della regione - con la quale siamo in costante collegamento. A quanto ne sappiamo deve esserci stata una perdita di potenza di un reattore della centrale di Krsko. Non sappiamo nulla di più". "Quando succedono simili incidenti - aggiunge Berlasso - c'è l'obbligo di comunicarlo ai Paesi della Comunità internazionale. Penso che non si debbano creare inutili allarmismi". La sala operativa della Protezione civile resta comunque attiva 24 ore su 24.

Viene immediatamente attivata anche la sala di emergenza dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Apat) collegata alla rete internazionale.
"Appena abbiamo ricevuto la comunicazione, intorno alle 18 - dice all'Ansa il direttore del dipartimento nucleare dell'Apat, Roberto Mezzanotte - abbiamo subito attivato la sala di emergenza. Al momento dalle comunicazioni non risultano perdite radioattive e non è nemmeno atteso un rilascio esterno".

In serata il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, comunica che nessuna traccia di radioattività è stata riscontrata nel capoluogo giuliano e a Muggia, le località più vicine al confine con la Slovenia. E anche il ministero della Salute assicura che non c'è alcun rischio di contaminazione in Italia.

L'incidente. Il sistema d'allerta dell'Ecurie (European Community Urgent Radiological Information Exchange) riceve un'informativa dalla Slovenia alle 17.38 ora italiana e la comunicazione viene trasmessa a tutti i 27 Stati membri dell'Unione.

I responsabili della centrale, situata nella regione sud-occidentale della Slovenia a circa 120 chilometri dalla capitale Lubiana, decidono di spegnere il reattore, la cui capacità alle 19.30 ora italiana è ridotta al 22%. Successivamente si apprende che la centrale viene fermata "per qualche ora", in modo da determinare le cause della fuga.

L'Ecurie è stato creato dall'Ue nel 1987, dopo la tragedia di Cernobyl. Entra frequentemente in azione ma è piuttosto raro che Bruxelles ritenga un incidente grave al punto da renderlo di pubblico dominio.

(4 giugno 2008)

La decisione assunta dal Governo Berlusconi di procedere alla realizzazione di un programma nucleare si presenta scientificamente inconsistente e irrazionale.

Essa viene motivata per riparare il “danno” fatto al Paese con il referendum del 1987, che avrebbe privato l’Italia di energia abbondante, pulita e a basso costo.

L’energia nucleare non è abbondante: essa fornisce oggi un contributo al fabbisogno mondiale di energia pari ad un modesto 6,4% e, secondo le stime dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica delle Nazioni Unite, persino a questo ritmo, c’è uranio solo per 30 anni. Se l’energia nucleare dovesse rappresentare l’alternativa al petrolio, ci scanneremmo per l’uranio come ci scanniamo per il petrolio.

L’energia nucleare non è pulita: dosi comunque piccole di radiazioni, aggiungendosi al fondo naturale di radioattività, possono causare eventi sanitari gravi sui lavoratori e sulle popolazioni, nel funzionamento “normale” degli impianti e, ovviamente, nel caso di incidenti; resta irrisolto il problema dei rifiuti radioattivi, materia tuttora di ricerca, dopo il fallimento della prospettiva di utilizzare strutture saline. E quanto ai cambiamenti climatici, anche un raddoppio – invero improbabile - dei reattori oggi esistenti nel mondo darebbe un contributo insignificante alla riduzione della concentrazione di anidride carbonica.

L’energia nucleare non è a basso costo: la complessità del ciclo del combustibile, i dispositivi sempre più impegnativi per mitigare l’impatto sanitario degli impianti sono alla base della lievitazione del costo dell’energia prodotta e della situazione di crisi nei paesi più avanzati, che pure avevano perseguito con decisione nel passato questa produzione di energia.

Si aggiunge a questo il rischio di proliferazione – certificato nel 1980, per qualsiasi ciclo del combustibile nucleare, dallo studio INFCE delle Nazioni Unite - e di terrorismo.

E’ difficile tuttavia credere che gli elementi sin qui ricordati, noti a quanti – ricercatori, docenti, studenti – si occupino di energia nucleare, non siano stati portati a conoscenza del Governo e dunque è inevitabile cercare di individuare i motivi reali che hanno portato a questa decisione.

Si potrà oggi lucrare, con questa e con le altre iniziative di grandi opere pubbliche, un’immagine, di crescita e di capacità di decidere.

Si giustificherà, con questa immagine, una pratica – già inaugurata col decreto di Prodi sul segreto di stato sull’energia (DPCM 8.4.08) - di gestione autoritaria del rapporto con i cittadini, ai quali si potranno imporre procedure disinvolte, che potranno ampiamente generalizzarsi ad altre realizzazioni.

Si potranno estorcere allo Stato rilevanti risorse finanziarie per distribuirle a gruppi di imprese, indipendentemente dalle realizzazioni che si faranno o non si faranno. Ma in questo modo si sottrarranno risorse finanziarie rilevanti in termini di ricerca e soprattutto di realizzazioni in materia di tecnologie per l’uso efficiente dell’energia e per l’impiego delle fonti rinnovabili: si toglieranno cioè risorse vitali per una strategia alla quale siamo impegnati nel quadro degli obiettivi che l’Unione Europea si è data per il 2020: riduzione dei consumi del 20% e contributo del 20% delle fonti rinnovabili.

Bisogna opporsi subito a questa prospettiva e per questo saremo il 7 giugno alla manifestazione nazionale di Milano.

E bisognerà incalzare su questo terreno il Partito Democratico: su questa deriva sconcia e pericolosa non può esserci spazio a dialogo e compromessi.

GIANNI MATTIOLI

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