«I poteri forti dietro le centrali»
di Giacomo Russo Spena
su Il Manifesto del 06/06/2008
Pippo Onufrio di Greenpeace
«Annunciare il nucleare in Italia? Una miscela di arroganza e velleità». Il direttore delle campagne di Greenpeace, Giuseppe Onufrio, critica duramente il progetto del governo, evitando però proclami propagandistici. Preferisce un'attenta riflessione sugli aspetti «antieconomici» e «non convenienti»» di questa scelta: «Negli altri paesi occidentali i reattori in costruzione sono 5, dire che ne faremo 8 in pochi anni è illusionistico».
Partiamo dall'incidente della centrale di Krsko, in Slovenia.
Innanzitutto, il reattore a Krsko è stato progettato per resistere a un sisma fino alla scala 5.8 Richter e già nel 1976 ci sono state scosse maggiori. Poi la perdita di liquido di refrigerazione, che è rimasta all'interno del sistema di contenimento, era oltre dieci volte il consentito, per questo è scattato l'allarme, per fortuna senza conseguenze.
Sulla sicurezza inoltre ci sono i problemi di smaltimento delle scorie.
Certo, è una questione non risolta. E' solo propaganda, sostenuta dai mezzi di comunicazione che fanno da tramite, dire che il nucleare sia sicuro. In realtà contiene dei rischi non confrontabili con le altre fonti energetiche. Come se le conseguenze del disastro di Cernobyl fossero state rimosse. Inoltre la centrale è solo uno dei 12 passaggi del ciclo dell'uranio: il processo va infatti dall'estrazione in miniera allo smaltimento delle scorie. E la questione sicurezza è molto più delicata.
La sua contrarietà si basa soprattutto sull'aspetto «antieconomico» dell'atomo.
Da quando il mercato si è liberalizzato, c'è più trasparenza nelle spese. Ed è uscita la verità: il nucleare costa più di quanto si dichiarava. Nel 2006 uno studio dell'Agenzia Mood's ha valutato una spesa di 5-6 miliardi di dollari per una centrale di 1000 Kw. E recentemente il colosso tedesco E.On ha parlato di 5-6 miliardi di euro, aggiungendo alla cifra altri fondi per sicurezza. Tra l'altro i privati hanno un ritorno economico dopo 15-20 anni: ora il mercato, con l'assenza di nuovi investimenti, rischia addirittura la chiusura.
In Occidente infatti molti iniziano a fare dei passi indietro.
Il mercato in Usa e Gran Bretagna ha fermato il nucleare: secondo le ultime stime del dipartimento americano dell'energia il costo industriale per Kw/h del nucleare è 6,3 centesimi, contro i 5,5 del gas. Per questo nel 2005 Bush ha fatto approvare un pacchetto di incentivi, pari a 1,8 centesimi al kilowattora, per convincere gli investitori privati a tornare al nucleare. L'obiettivo governativo era raggiungere una trentina di ordinativi di nuovi impianti. Ad oggi non c'è nemmeno uno.
Eppure l'Italia ha deciso ostinatamente di puntare tutto sul nucleare.
Quando il ministro Scajola annuncia nuovi impianti vorrei capire con quali costi stimati. Un calcolo sempre dell'amministrazione Usa ha provato come in quel paese il rapporto tra cifra preventivata e quella reale è 1 a 3. L'industria francese Areva sta costruendo un impianto in Finlandia e uno in Francia, con la partecipazione al 12,5% dell'Enel: il progetto di 4 anni prevedeva una spesa pari a 3 miliardi e mezzo di euro. In realtà c'è un ritardo nei tempi e il costo attuale previsto è pari a 5,2 miliardi. Inoltre, questi in costruzione sono i primi impianti di «ultima generazione». Mai sperimentati prima. E Scajola li vorrebbe in Italia.
Cosa nasconde allora questa insistenza italiana?
Dietro al nucleare ci sono forti poteri economici. Il governo ha individuato nel modello finlandese un modo per attirare i costruttori e fare felici tutti: attraverso la creazione di un consorzio, proprietario della centrale, composto dal costruttore dell'impianto e da alcune grosse industrie italiane consumatrici d'energia, che hanno così la possibilità di avere elettricità a basso costo.
E se, come lei spiegava prima, il costo stimato è inferiore a quello reale?
In maniera diretta o indiretta interviene lo Stato, scaricando le perdite sul pubblico e sui contribuenti. Sia in Usa, con incentivi, che in Finlandia, con sussidi nascosti, ci sono interventi in tal senso. Ci rimette la collettività.
Il nucleare produce solo il 6,4 della produzione mondiale. Il gioco vale la candela?
E' chiaramente una fonte marginale di energia che tra l'altro non ha futuro. E' un altro falso ideologico parlare di quantità illimitata d'uranio. Nel mondo ce ne sono 3,3 milioni di tonnellate, con un consumo attuale di 70 mila l'anno. Quindi ce n'è per 50-60 anni, considerando le riserve probabili.
Lo stesso investimento economico su fonti rinnovabili non darebbe risultati migliori?
Senz'altro. In kw/h l'eolico viene a costare da 6 a 8 centesimi di dollaro. Ed è pulito. Comunque la prima fonte rinnovabile è l'efficienza: si potrebbero tagliare del 20% i consumi rimpiazzando 15 centrali. Buona parte del risparmio verrebbe dall'industria e dal terziario. Poi vanno sviluppati progetti condivisi: qui invece il governo e un gruppo di industrie progettano in 5 anni le norme e in altri 7-10 di costruire la prima centrale. Dimostrano immaturità.
di Giacomo Russo Spena
su Il Manifesto del 06/06/2008
Pippo Onufrio di Greenpeace
«Annunciare il nucleare in Italia? Una miscela di arroganza e velleità». Il direttore delle campagne di Greenpeace, Giuseppe Onufrio, critica duramente il progetto del governo, evitando però proclami propagandistici. Preferisce un'attenta riflessione sugli aspetti «antieconomici» e «non convenienti»» di questa scelta: «Negli altri paesi occidentali i reattori in costruzione sono 5, dire che ne faremo 8 in pochi anni è illusionistico».
Partiamo dall'incidente della centrale di Krsko, in Slovenia.
Innanzitutto, il reattore a Krsko è stato progettato per resistere a un sisma fino alla scala 5.8 Richter e già nel 1976 ci sono state scosse maggiori. Poi la perdita di liquido di refrigerazione, che è rimasta all'interno del sistema di contenimento, era oltre dieci volte il consentito, per questo è scattato l'allarme, per fortuna senza conseguenze.
Sulla sicurezza inoltre ci sono i problemi di smaltimento delle scorie.
Certo, è una questione non risolta. E' solo propaganda, sostenuta dai mezzi di comunicazione che fanno da tramite, dire che il nucleare sia sicuro. In realtà contiene dei rischi non confrontabili con le altre fonti energetiche. Come se le conseguenze del disastro di Cernobyl fossero state rimosse. Inoltre la centrale è solo uno dei 12 passaggi del ciclo dell'uranio: il processo va infatti dall'estrazione in miniera allo smaltimento delle scorie. E la questione sicurezza è molto più delicata.
La sua contrarietà si basa soprattutto sull'aspetto «antieconomico» dell'atomo.
Da quando il mercato si è liberalizzato, c'è più trasparenza nelle spese. Ed è uscita la verità: il nucleare costa più di quanto si dichiarava. Nel 2006 uno studio dell'Agenzia Mood's ha valutato una spesa di 5-6 miliardi di dollari per una centrale di 1000 Kw. E recentemente il colosso tedesco E.On ha parlato di 5-6 miliardi di euro, aggiungendo alla cifra altri fondi per sicurezza. Tra l'altro i privati hanno un ritorno economico dopo 15-20 anni: ora il mercato, con l'assenza di nuovi investimenti, rischia addirittura la chiusura.
In Occidente infatti molti iniziano a fare dei passi indietro.
Il mercato in Usa e Gran Bretagna ha fermato il nucleare: secondo le ultime stime del dipartimento americano dell'energia il costo industriale per Kw/h del nucleare è 6,3 centesimi, contro i 5,5 del gas. Per questo nel 2005 Bush ha fatto approvare un pacchetto di incentivi, pari a 1,8 centesimi al kilowattora, per convincere gli investitori privati a tornare al nucleare. L'obiettivo governativo era raggiungere una trentina di ordinativi di nuovi impianti. Ad oggi non c'è nemmeno uno.
Eppure l'Italia ha deciso ostinatamente di puntare tutto sul nucleare.
Quando il ministro Scajola annuncia nuovi impianti vorrei capire con quali costi stimati. Un calcolo sempre dell'amministrazione Usa ha provato come in quel paese il rapporto tra cifra preventivata e quella reale è 1 a 3. L'industria francese Areva sta costruendo un impianto in Finlandia e uno in Francia, con la partecipazione al 12,5% dell'Enel: il progetto di 4 anni prevedeva una spesa pari a 3 miliardi e mezzo di euro. In realtà c'è un ritardo nei tempi e il costo attuale previsto è pari a 5,2 miliardi. Inoltre, questi in costruzione sono i primi impianti di «ultima generazione». Mai sperimentati prima. E Scajola li vorrebbe in Italia.
Cosa nasconde allora questa insistenza italiana?
Dietro al nucleare ci sono forti poteri economici. Il governo ha individuato nel modello finlandese un modo per attirare i costruttori e fare felici tutti: attraverso la creazione di un consorzio, proprietario della centrale, composto dal costruttore dell'impianto e da alcune grosse industrie italiane consumatrici d'energia, che hanno così la possibilità di avere elettricità a basso costo.
E se, come lei spiegava prima, il costo stimato è inferiore a quello reale?
In maniera diretta o indiretta interviene lo Stato, scaricando le perdite sul pubblico e sui contribuenti. Sia in Usa, con incentivi, che in Finlandia, con sussidi nascosti, ci sono interventi in tal senso. Ci rimette la collettività.
Il nucleare produce solo il 6,4 della produzione mondiale. Il gioco vale la candela?
E' chiaramente una fonte marginale di energia che tra l'altro non ha futuro. E' un altro falso ideologico parlare di quantità illimitata d'uranio. Nel mondo ce ne sono 3,3 milioni di tonnellate, con un consumo attuale di 70 mila l'anno. Quindi ce n'è per 50-60 anni, considerando le riserve probabili.
Lo stesso investimento economico su fonti rinnovabili non darebbe risultati migliori?
Senz'altro. In kw/h l'eolico viene a costare da 6 a 8 centesimi di dollaro. Ed è pulito. Comunque la prima fonte rinnovabile è l'efficienza: si potrebbero tagliare del 20% i consumi rimpiazzando 15 centrali. Buona parte del risparmio verrebbe dall'industria e dal terziario. Poi vanno sviluppati progetti condivisi: qui invece il governo e un gruppo di industrie progettano in 5 anni le norme e in altri 7-10 di costruire la prima centrale. Dimostrano immaturità.
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