Un Paese colabrodo, 4 incidenti in tre settimane
L'Unità del 24 luglio 2008, pag. 10
di Davide Vannucci
Adesso è ufficiale: il nucleare sicuro è un ossimoro e il sistema francese un vero e proprio colabrodo. Quattro incidenti nel giro di sedici giorni. La centrale di Tricastin, nel Sud-Est del Paese, vicino ad Avignone, a duecento chilometri dall’Italia, ha la stessa consistenza di una groviera. La questione diventa grave se si pensa che Tricastin rappresenta il cuore del nucleare francese. Il sito raggruppa una serie di impianti gestiti da due colossi dell’economia d’Oltralpe, Areva e Edf. Le strutture, dispiegate in ben quattro comuni, rappresentano una delle maggiori centrali del mondo, con una estensione su 600 ettari e circa 5000 impiegati. A Tricastin si fabbrica combustibile nucleare dalla fine degli anni Settanta. Ma l’incidente di ieri conferma che la sicurezza, da quelle parti, è una parola sconosciuta. Lo scorso 7 luglio c’era stata una fuga di acqua contenente 75 chili di uranio in un impianto gestito dalla Socatri, una filiale del gruppo Areva. Il liquido si era riversato nei fiumi circostanti. Inizialmente c’era stata una corsa a minizzare. Alla popolazione era stato chiesto soltanto di non bere acqua e di non mangiare pesce per motivi di precauzione. Poi, quattro giorni dopo, l’Autorità per la Sicurezza Nucleare (ASN) aveva chiesto alla Socatri di sospendere le attività del sito di trattamento. Un’ispezione dell’Autorità aveva riscontrato che «le condizioni della centrale durante l’incidente presentavano delle irregolarità» e aveva parlato di «una serie di disfunzioni e negligenze umane inaccettabili».
L’atomo d’Oltralpe aveva subito un altro duro colpo venerdì scorso, quando a Romans-sur-Isère, sempre nel Sud-Est del Paese, la rottura di una condotta aveva portato alla fuoriuscita di uranio. Una quantità marginale, qualche centinaio di grammi, un incidente interno, circoscritto, senza alcun rischio di contaminazione, perché le falde freatiche dell’area sono situate in profondità, in un terreno fortemente impermeabile. Ma, in ogni caso, una sconfitta per i fautori del nucleare pulito e sicuro. Che aveva allarmato il ministro dell’Ecologia, Jean-Louis Borloo, il quale aveva promesso un’indagine su tutte le falde acquifere vicine alle 58 centrali francesi.
Sempre venerdì scorso, sempre nell’Isère, c’era stato un altro incidente, su cui le autorità avevano taciuto. La coltre di silenzio era stata spezzata lunedì dal quotidiano Dauphin Liberé, che aveva raccontato come nell’impianto nucleare di Saint Alban, di proprietà della Edf, ci fosse stata una fuga radioattiva durante un intervento di manutenzione. Quindici operai erano stati contaminati per cause ancora da chiarire. Anche in questo caso, come ieri a Tricastin, i livelli di contaminazione erano risultati inferiori al limite previsto dal regolamento.
Un incidente ogni quattro giorni non è solo una percentuale che smentisce le magnifiche sorti dell’atomo e dovrebbe indurre a una riflessione seria sulla politica energetica. Crea anche un notevole danno d’immagine. Così i produttori del «Coteaux de Tricastin», un prestigioso vino a denominazione di origine controllata del Midi francese, hanno deciso di correre ai ripari. Dopo l’ennesimo incidente, la parola Tricastin non si può certo associare a un’idea di genuinità e buon gusto. Probabilmente il vino cambierà appellativo entro il 2009, in tempo per la vendemmia. Chissà che non sia un buon bicchiere di vino a far cambiare idea chi sta a Parigi. E a Roma.
L'Unità del 24 luglio 2008, pag. 10
di Davide Vannucci
Adesso è ufficiale: il nucleare sicuro è un ossimoro e il sistema francese un vero e proprio colabrodo. Quattro incidenti nel giro di sedici giorni. La centrale di Tricastin, nel Sud-Est del Paese, vicino ad Avignone, a duecento chilometri dall’Italia, ha la stessa consistenza di una groviera. La questione diventa grave se si pensa che Tricastin rappresenta il cuore del nucleare francese. Il sito raggruppa una serie di impianti gestiti da due colossi dell’economia d’Oltralpe, Areva e Edf. Le strutture, dispiegate in ben quattro comuni, rappresentano una delle maggiori centrali del mondo, con una estensione su 600 ettari e circa 5000 impiegati. A Tricastin si fabbrica combustibile nucleare dalla fine degli anni Settanta. Ma l’incidente di ieri conferma che la sicurezza, da quelle parti, è una parola sconosciuta. Lo scorso 7 luglio c’era stata una fuga di acqua contenente 75 chili di uranio in un impianto gestito dalla Socatri, una filiale del gruppo Areva. Il liquido si era riversato nei fiumi circostanti. Inizialmente c’era stata una corsa a minizzare. Alla popolazione era stato chiesto soltanto di non bere acqua e di non mangiare pesce per motivi di precauzione. Poi, quattro giorni dopo, l’Autorità per la Sicurezza Nucleare (ASN) aveva chiesto alla Socatri di sospendere le attività del sito di trattamento. Un’ispezione dell’Autorità aveva riscontrato che «le condizioni della centrale durante l’incidente presentavano delle irregolarità» e aveva parlato di «una serie di disfunzioni e negligenze umane inaccettabili».
L’atomo d’Oltralpe aveva subito un altro duro colpo venerdì scorso, quando a Romans-sur-Isère, sempre nel Sud-Est del Paese, la rottura di una condotta aveva portato alla fuoriuscita di uranio. Una quantità marginale, qualche centinaio di grammi, un incidente interno, circoscritto, senza alcun rischio di contaminazione, perché le falde freatiche dell’area sono situate in profondità, in un terreno fortemente impermeabile. Ma, in ogni caso, una sconfitta per i fautori del nucleare pulito e sicuro. Che aveva allarmato il ministro dell’Ecologia, Jean-Louis Borloo, il quale aveva promesso un’indagine su tutte le falde acquifere vicine alle 58 centrali francesi.
Sempre venerdì scorso, sempre nell’Isère, c’era stato un altro incidente, su cui le autorità avevano taciuto. La coltre di silenzio era stata spezzata lunedì dal quotidiano Dauphin Liberé, che aveva raccontato come nell’impianto nucleare di Saint Alban, di proprietà della Edf, ci fosse stata una fuga radioattiva durante un intervento di manutenzione. Quindici operai erano stati contaminati per cause ancora da chiarire. Anche in questo caso, come ieri a Tricastin, i livelli di contaminazione erano risultati inferiori al limite previsto dal regolamento.
Un incidente ogni quattro giorni non è solo una percentuale che smentisce le magnifiche sorti dell’atomo e dovrebbe indurre a una riflessione seria sulla politica energetica. Crea anche un notevole danno d’immagine. Così i produttori del «Coteaux de Tricastin», un prestigioso vino a denominazione di origine controllata del Midi francese, hanno deciso di correre ai ripari. Dopo l’ennesimo incidente, la parola Tricastin non si può certo associare a un’idea di genuinità e buon gusto. Probabilmente il vino cambierà appellativo entro il 2009, in tempo per la vendemmia. Chissà che non sia un buon bicchiere di vino a far cambiare idea chi sta a Parigi. E a Roma.
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