Tricastin, cento operai contaminati da cobalto
La Stampa del 24 luglio 2008, pag. 5
di Francesco Spini
Tricastin, di nuovo. E gli incidenti nucleari in terra francese, nel giro di due settimane, diventano quattro. Teatro dell’ultimo, accaduto ieri mattina, è ancora la centrale protagonista della prima fuga di materiale pericoloso della ormai lunga serie: 100 operai che stavano lavorando al reattore numero 4, fermo per manutenzione, sono stati coinvolti in una fuga di materiale radioattivo, cobalto 58, e sono risultati «leggermente contaminati». L’allarme, all’interno della centrale provenzale a circa 160 chilometri dal confine italiano, viene lanciato alle 9 e 30 del mattino: vengono rilevate all’interno del sito dei livelli fuori dalla norma. Subito scatta la sirena e tutti i dipendenti sono allertati. «Nel corso di operazioni di manutenzione - spiega Alain Peckre, direttore della centrale nucleare di proprietà di Edf - è stata aperta una condotta all’interno dell’edificio dalla quale è sfuggita della polvere radioattiva».
Subito scattano le misure di sicurezza: 97 operai (parte di Edf, parte di imprese esterne) vengono evacuati dalla centrale e spediti in ospedale a fare le analisi del caso. Stesse precauzioni vengono prese per altri 32 lavoratori che avevano lasciato il luogo poco prima della fuga radioattiva. Alla fine i contaminati saranno 100: 39 in maniera quasi insignificante e altri 61 coinvolti in contaminazioni comunque inferiori «di quaranta volte il limite regolamentare».
Per gli operai, dunque, non ci sarebbero problemi immediati di salute. Tutti hanno potuto fare rientro a casa. Alle cronache l’incidente verrà consegnato come di livello zero - lo ha deciso ieri l’Autorità per sicurezza nucleare (Asn) -, in una scala di pericolosità che arriva fino a 7. Mentre Edf ha avviato un’inchiesta interna per capire le cause dell’incidente che, sostengono, «non ha conseguenze per la salute delle persone e per l’ambiente», la stessa Asn vuole vederci più chiaro. Tanto che, in maniera inusuale, ha annunciato per domani la pubblicazione di un «parere» sull’incidente, nonostante questo sia previsto solo per quelli classificati di «livello 1», come lo furono i precedenti di Tricastin e di Romans-sur-Isère.
Facile intuire il motivo di tanto attivismo: quattro incidenti nucleari dopo, la Francia è sotto choc. Il 7 luglio era stata proprio Tricastin a inaugurare la catena di incidenti. Allora non fu la centrale a dare problemi, ma uno stabilimento gestito dalla Socatri, del gruppo Areva (colosso statale, come Edf). Qui, a poco più di 100 metri dal reattore dove ieri è scattato l’allarme, durante una normale operazione di pulitura di vasche utilizzate per l’arricchimento dell’uranio, era sfuggito del liquido contenente 74 chili d’uranio che s’erano riversati nella Gaffière e nel ruscello Lauzon.
Per Bollène, Lapalud e Mondragon - i tre comuni sotto la maxi centrale, con le 2 ciminiere sbuffanti - iniziò un incubo. Pozzi e falde distanti anche 2 chilometri dal sito atomico risultarono contaminate da uranio. Si scoprirono 770 tonnellate di scorie tossiche sepolte alla bell’e meglio nel perimetro del sito. Tanto che il consorzio del «Coteaux di Tricastin», celebre rosso locale, vuole cambiare nome al vino.
Per Socatri, come per Edf, l’imperativo degli ultimi giorni era stato archiviare al più presto l’incidente del 7 luglio. C’erano quasi riusciti: ieri i prefetti della Drome e della Vaucluse volevano revocare il divieto di utilizzo dell’acqua in zona. Niente da fare, l’incubo non muore mai.
La Stampa del 24 luglio 2008, pag. 5
di Francesco Spini
Tricastin, di nuovo. E gli incidenti nucleari in terra francese, nel giro di due settimane, diventano quattro. Teatro dell’ultimo, accaduto ieri mattina, è ancora la centrale protagonista della prima fuga di materiale pericoloso della ormai lunga serie: 100 operai che stavano lavorando al reattore numero 4, fermo per manutenzione, sono stati coinvolti in una fuga di materiale radioattivo, cobalto 58, e sono risultati «leggermente contaminati». L’allarme, all’interno della centrale provenzale a circa 160 chilometri dal confine italiano, viene lanciato alle 9 e 30 del mattino: vengono rilevate all’interno del sito dei livelli fuori dalla norma. Subito scatta la sirena e tutti i dipendenti sono allertati. «Nel corso di operazioni di manutenzione - spiega Alain Peckre, direttore della centrale nucleare di proprietà di Edf - è stata aperta una condotta all’interno dell’edificio dalla quale è sfuggita della polvere radioattiva».
Subito scattano le misure di sicurezza: 97 operai (parte di Edf, parte di imprese esterne) vengono evacuati dalla centrale e spediti in ospedale a fare le analisi del caso. Stesse precauzioni vengono prese per altri 32 lavoratori che avevano lasciato il luogo poco prima della fuga radioattiva. Alla fine i contaminati saranno 100: 39 in maniera quasi insignificante e altri 61 coinvolti in contaminazioni comunque inferiori «di quaranta volte il limite regolamentare».
Per gli operai, dunque, non ci sarebbero problemi immediati di salute. Tutti hanno potuto fare rientro a casa. Alle cronache l’incidente verrà consegnato come di livello zero - lo ha deciso ieri l’Autorità per sicurezza nucleare (Asn) -, in una scala di pericolosità che arriva fino a 7. Mentre Edf ha avviato un’inchiesta interna per capire le cause dell’incidente che, sostengono, «non ha conseguenze per la salute delle persone e per l’ambiente», la stessa Asn vuole vederci più chiaro. Tanto che, in maniera inusuale, ha annunciato per domani la pubblicazione di un «parere» sull’incidente, nonostante questo sia previsto solo per quelli classificati di «livello 1», come lo furono i precedenti di Tricastin e di Romans-sur-Isère.
Facile intuire il motivo di tanto attivismo: quattro incidenti nucleari dopo, la Francia è sotto choc. Il 7 luglio era stata proprio Tricastin a inaugurare la catena di incidenti. Allora non fu la centrale a dare problemi, ma uno stabilimento gestito dalla Socatri, del gruppo Areva (colosso statale, come Edf). Qui, a poco più di 100 metri dal reattore dove ieri è scattato l’allarme, durante una normale operazione di pulitura di vasche utilizzate per l’arricchimento dell’uranio, era sfuggito del liquido contenente 74 chili d’uranio che s’erano riversati nella Gaffière e nel ruscello Lauzon.
Per Bollène, Lapalud e Mondragon - i tre comuni sotto la maxi centrale, con le 2 ciminiere sbuffanti - iniziò un incubo. Pozzi e falde distanti anche 2 chilometri dal sito atomico risultarono contaminate da uranio. Si scoprirono 770 tonnellate di scorie tossiche sepolte alla bell’e meglio nel perimetro del sito. Tanto che il consorzio del «Coteaux di Tricastin», celebre rosso locale, vuole cambiare nome al vino.
Per Socatri, come per Edf, l’imperativo degli ultimi giorni era stato archiviare al più presto l’incidente del 7 luglio. C’erano quasi riusciti: ieri i prefetti della Drome e della Vaucluse volevano revocare il divieto di utilizzo dell’acqua in zona. Niente da fare, l’incubo non muore mai.
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