Rifkin: «Nucleare? L’Italia ritorna al Medioevo, la sinistra raccolga la sfida dell’energia pulita»
Andrea Carugati - L'Unità - 14 settembre 2008
«Se l’Italia sceglierà il nucleare tornerà al Medioevo, e si avvierà verso il collasso. E non lo dico per motivi ideologici, ma per ragioni economiche: non ci sarebbe nessuna reale convenienza economica». Jeremy Rifkin, economista e saggista statunitense di fama internazionale, è stato ospite ieri della scuola di politica del Pd a Cortona.
«In Europa ho collaborato con governi popolari e socialisti», premette. Ma quando gli si chiede un’opinione sull’annuncio del governo Berlusconi di un ritorno al nucleare, la sua chiusura è totale: «Al mondo ci sono 430 reattori, che producono circa il 6% dell’energia mondiale, una percentuale del tutto insufficiente per far fronte alla sfida dei mutamenti climatici, anche se l’industria nucleare afferma di essere pulita perché non produce emissioni di anidride carbonica. Ma per essere incisivo, il nucleare dovrebbe arrivare al 20% dell’energia mondiale: per far questo servirebbero 4mila nuovi impianti, bisognerebbe realizzarne 3 alla settimana per 50 anni, con costi insopportabili.
Per non parlare dell’uranio: le agenzie internazionali ci dicono che entro il 2035 si manifesterà una notevole scarsità di uranio».
Rifkin vede il nucleare come una «tecnologia da guerra fredda», mentre il futuro «è nelle energie rinnovabili, a partire dal sole». Ed è proprio attorno alle energie rinnovabili che lo studioso ha costruito la sua proposta di una «terza rivoluzione industriale», che prevede un vero e proprio mutamento copernicano, con l’obiettivo di «trasformare ogni edificio in una centrale in grado di produrre l’energia di cui ha bisogno, per poi mettere in rete le eventuali eccedenze».
«Negli Usa e anche in Europa, in paesi come Spagna e Grecia, gli imprenditori sono pronti, stanno solo aspettando un segnale dalla politica, e non importa se si tratta di forze di destra o di sinistra. Se domani Berlusconi mi chiamasse per far partire un progetto del genere io sarei pronto, come sto facendo con Zapatero. Sarebbe un’occasione per creare milioni di posti di lavoro, per far entrare l’Italia in un’era post carbone e post nucleare».
«Non è una questione ideologica- ribadisce- il punto è che bisogna salvare il pianeta dai cambiamenti climatici, altrimenti il rischio è che la razza umana si estingua entro questo secolo, come ha detto James Hansen, il direttore dell’istituto spaziale della Nasa. Abbiamo al massimo dieci anni di tempo per invertire la rotta, dopo sarà troppo tardi».
Secondo Rifkin il ruolo della politica in questa operazione è duplice: «Realizzare le infrastrutture che rendano possibile questo cambiamenti energetico e mettere in rete i soggetti interessati, a partire dagli imprenditori». «È chiaro che servono investimenti massicci, ma ci si può provare con delle partnership tra pubblico e privato, fondi nazionali, europei, delle aziende di costruzione e di quelle che si occupano di energie rinnovabili. In Spagna ci sono già delle esperienze avanzate: nella regione di Aragona una grande fabbrica della General Motors ha realizzato un tetto fotovoltaico in grado di produrre tutta l’energia necessaria per il funzionamento dello stabilimento e di 4700 abitazioni: c’è stato un investimento iniziale di 78 milioni di dollari, che si ripagherà in 10 anni e garantirà altri 50 anni di energia gratuita. Tutti i tetti del sud Europa possono fare la stessa cosa, l’azienda di costruzioni spagnola Acciona sta già realizzando edifici energeticamente autonomi».
Dopo la sua lezione, Rifkin ha incontrato Walter Veltroni: «Spero che il Pd sia all’altezza di questa sfida, Veltroni mi è sembrato molto aperto e impegnato sul fronte delle energie rinnovabili. Ora voglio vedere se passerà dalle parole ai fatti: mi aspetto che, entro gennaio 2009, il Pd sia in grado di lanciare una proposta al mondo imprenditoriale italiano, creando un gruppo di lavoro per la terza rivoluzione industriale e dando vita a un movimento di opinione nel vostro Paese.
Si può fare anche dall’opposizione e la nuova generazione, quella di Internet, è già pronta culturalmente a questa svolta democratica, alla nascita di un nuovo diritto umano, il diritto di accedere alla propria giusta quantità di energia». «Per questo - dice ancora Rifkin - mi auguro che il Pd in Italia faccia da catalizzatore di un processo dove non ci sono più le vecchie contrapposizioni del passato, ma cittadini, imprenditori, movimenti, forze politiche possono marciare uniti».
Andrea Carugati - L'Unità - 14 settembre 2008
«Se l’Italia sceglierà il nucleare tornerà al Medioevo, e si avvierà verso il collasso. E non lo dico per motivi ideologici, ma per ragioni economiche: non ci sarebbe nessuna reale convenienza economica». Jeremy Rifkin, economista e saggista statunitense di fama internazionale, è stato ospite ieri della scuola di politica del Pd a Cortona.
«In Europa ho collaborato con governi popolari e socialisti», premette. Ma quando gli si chiede un’opinione sull’annuncio del governo Berlusconi di un ritorno al nucleare, la sua chiusura è totale: «Al mondo ci sono 430 reattori, che producono circa il 6% dell’energia mondiale, una percentuale del tutto insufficiente per far fronte alla sfida dei mutamenti climatici, anche se l’industria nucleare afferma di essere pulita perché non produce emissioni di anidride carbonica. Ma per essere incisivo, il nucleare dovrebbe arrivare al 20% dell’energia mondiale: per far questo servirebbero 4mila nuovi impianti, bisognerebbe realizzarne 3 alla settimana per 50 anni, con costi insopportabili.
Per non parlare dell’uranio: le agenzie internazionali ci dicono che entro il 2035 si manifesterà una notevole scarsità di uranio».
Rifkin vede il nucleare come una «tecnologia da guerra fredda», mentre il futuro «è nelle energie rinnovabili, a partire dal sole». Ed è proprio attorno alle energie rinnovabili che lo studioso ha costruito la sua proposta di una «terza rivoluzione industriale», che prevede un vero e proprio mutamento copernicano, con l’obiettivo di «trasformare ogni edificio in una centrale in grado di produrre l’energia di cui ha bisogno, per poi mettere in rete le eventuali eccedenze».
«Negli Usa e anche in Europa, in paesi come Spagna e Grecia, gli imprenditori sono pronti, stanno solo aspettando un segnale dalla politica, e non importa se si tratta di forze di destra o di sinistra. Se domani Berlusconi mi chiamasse per far partire un progetto del genere io sarei pronto, come sto facendo con Zapatero. Sarebbe un’occasione per creare milioni di posti di lavoro, per far entrare l’Italia in un’era post carbone e post nucleare».
«Non è una questione ideologica- ribadisce- il punto è che bisogna salvare il pianeta dai cambiamenti climatici, altrimenti il rischio è che la razza umana si estingua entro questo secolo, come ha detto James Hansen, il direttore dell’istituto spaziale della Nasa. Abbiamo al massimo dieci anni di tempo per invertire la rotta, dopo sarà troppo tardi».
Secondo Rifkin il ruolo della politica in questa operazione è duplice: «Realizzare le infrastrutture che rendano possibile questo cambiamenti energetico e mettere in rete i soggetti interessati, a partire dagli imprenditori». «È chiaro che servono investimenti massicci, ma ci si può provare con delle partnership tra pubblico e privato, fondi nazionali, europei, delle aziende di costruzione e di quelle che si occupano di energie rinnovabili. In Spagna ci sono già delle esperienze avanzate: nella regione di Aragona una grande fabbrica della General Motors ha realizzato un tetto fotovoltaico in grado di produrre tutta l’energia necessaria per il funzionamento dello stabilimento e di 4700 abitazioni: c’è stato un investimento iniziale di 78 milioni di dollari, che si ripagherà in 10 anni e garantirà altri 50 anni di energia gratuita. Tutti i tetti del sud Europa possono fare la stessa cosa, l’azienda di costruzioni spagnola Acciona sta già realizzando edifici energeticamente autonomi».
Dopo la sua lezione, Rifkin ha incontrato Walter Veltroni: «Spero che il Pd sia all’altezza di questa sfida, Veltroni mi è sembrato molto aperto e impegnato sul fronte delle energie rinnovabili. Ora voglio vedere se passerà dalle parole ai fatti: mi aspetto che, entro gennaio 2009, il Pd sia in grado di lanciare una proposta al mondo imprenditoriale italiano, creando un gruppo di lavoro per la terza rivoluzione industriale e dando vita a un movimento di opinione nel vostro Paese.
Si può fare anche dall’opposizione e la nuova generazione, quella di Internet, è già pronta culturalmente a questa svolta democratica, alla nascita di un nuovo diritto umano, il diritto di accedere alla propria giusta quantità di energia». «Per questo - dice ancora Rifkin - mi auguro che il Pd in Italia faccia da catalizzatore di un processo dove non ci sono più le vecchie contrapposizioni del passato, ma cittadini, imprenditori, movimenti, forze politiche possono marciare uniti».
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