domenica 12 dicembre 2010

No del Lazio al ritorno del nucleare

No del Lazio al ritorno del nucleare

Vincenzo Mulè, Terra, il 25/11/10

«Indisponibile». La Regione Lazio, a sorpresa, chiude le porte al nucleare. Il consiglio regionale ha approvato una mozione, primo firmatario il capogruppo dei Verdi Angelo Bonelli, con la quale si dichiara «l’indisponibilità» del territorio del Lazio all’insediamento «di impianti di produzione di energia elettrica nucleare». Il testo approvato con 28 voti a favore, 16 contrari e 3 astenuti impegna «il presidente della Giunta regionale a dichiarare l’indisponibilità del territorio della Regione per l’insediamento di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del materiale combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché di depositi di materiali e rifiuti radioattivi, a partire dal sito di Montalto di Castro dove il governo prevede la realizzazione della nuova centrale termonucleare».
Soddifatto, Bonelli ha dichiarato: «Oggi si ferma il programma nucleare italiano. La votazione favorevole nel Consiglio Regionale, da noi richiesto, della mozione che blocca il nucleare, presentata dai Verdi e sottoscritta da tutta l’opposizione, è storica e straordinaria allo stesso tempo». Nel documento approvato su proposta anche di Pd, Sel, Federazione della Sinistra e Lista Bonino-Pannella, si sostiene che «il sistema elettrico regionale è in grado di coprire la richiesta di energia elettrica prevista al 2020 e di assicurare un esubero di circa il 13 per cento, mediante l’incremento della produzione da fonti rinnovabili, da risparmi nei settori finali di consumo e dall’ammodernamento con tecnologia eco-compatibile degli impianti in esercizio». Secondo il presidente dei Verdi per la Costituente ecologista «ora il piano nucleare in Italia si ferma perché il parere obbligatorio richiesto alle regioni dal Dlgs 31/2010 nella Regione Lazio è negativo».
Nessuna reazione da parte del Centrodestra a parte quella del consigliere regionale Francesco Pasquali, noto "falco’ filonucleare che si è autosospeso dal Pdl, in polemica con i consiglieri del centrodestra che hanno votato per la mozione dei Verdi, tra i quali si è distinta la consigliera Chiara Colosimo (Pdl) che è stata netta, durante il suo intervento in aula nell’esprimersi contro il nucleare. Ad inizio seduta, ricordando la recente sentenza della Corte costituzionale, Carlo De Romanis, a nome del Pdl come gruppo, aveva annunciato voto contrario: «Questa materia è di competenza nazionale ha detto - come sentenziato dalla Corte Costituzionale, e noi non ci opporremo alle decisioni del Governo. Poi, all’interno dei gruppi, ognuno voterà secondo coscienza». In realtà, la Consulta aveva dichiarato illegittime le leggi regionali emanate da Puglia, Basilicata e Campania con le quali avevano vietato l’installazione (sul loro territorio regionale) di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. Quella approvata dal consiglio è invece un documento politico che impegna la giunta.
L’Udc aveva dichiarato, attraverso il capogruppo Francesco Carducci, la propria astensione. Non esistono, secondo l’Udc, decisioni per la localizzazione di reattori termonucleari a Montalto e, viste le ingenti risorse necessarie, su questo tema serve un patto tra Governo nazionale e opposizione. Nel corso della seduta straordinaria, convocata dal presidente del Consiglio Mario Abbruzzese, su richiesta dell’opposizione, sono state discusse, in un lungo dibattito con posizioni articolate, due mozioni. Quella a firma di Bonelli e quella proposta da Francesco Pasquali (Pdl), poi ritirata, che impegnava la presidente Polverini a dichiarare la disponibilità della Regione al nucleare. «Sarebbe una scelta importante anche per la ripresa occupazionale» aveva sostenuto Pasquali prima che abbandonasse aula e partito in segno di protesta.

mercoledì 8 dicembre 2010

Centrali nucleari, oltre ventimila aborti negli ultimi quarant’anni

Centrali nucleari, oltre ventimila aborti negli ultimi quarant’anni
Andrea Bertaglio

L'allarme è stato lanciato da uno studio tedesco. I numeri riguardano soprattutto bambine. Tante non ne sono nate attorno ai 35 chilometri delle 31 centrali europee analizzate
Gravidanza a rischio se la madre abita nelle vicinanze di una centrale nucleare. In numeri: ventimila aborti spontanei negli ultimi 40 anni. Il tutto attorno a 31 impianti di energia atomica, 27 tedeschi e 4 svizzeri. Senza contare un netto aumento di deformità e tumori infantili. Questo si legge in uno studio pubblicato dal Centro di ricerca tedesco per la salute ambientale di Monaco.

Effetti collaterali

Negli scorsi giorni i ricercatori Ralf Kusmierz, Kristina Voigt e Hagen Scherb hanno pubblicato un report tra nascite e prossimità alle centrali nucleari in Germania e Svizzera, in modo da capire se la sola vicinanza delle centrali ha effetto sulla salute dei cittadini, anche in mancanza di grandi incidenti. Lo studio è partito dai dati sugli effetti della catastrofe di Cernobyl, sulle nascite in Ucraina (si stima che un milione di bambine e bambini non siano mai nati in tutta Europa a causa del disastro di Cernobyl) e nelle regioni toccate dalla nuvola radioattiva. Luoghi in cui già in passato si erano riscontrate significative anomalie sia nel numero delle nascite che nel rapporto di nascite fra maschi e femmine.

L’obiettivo degli studiosi era quindi di verificare gli effetti delle centrali nucleari sulle nascite, e i risultati sono stati sconcertanti: secondo loro, nei 35 chilometri attorno alle centrali, negli ultimi quarant’anni sono mancate all’appello ventimila bambine. Normalmente nascono 105/106 femmine per ogni 100 maschi, mentre nelle regioni in questione le nascite di bambine, appunto, sono state molto inferiori. Questo perché gli embrioni femminili sono ancora più sensibili alla radioattività rispetto a quelli maschili. Non solo, gli studiosi tedeschi hanno anche evidenziato un netto aumento dei casi di tumore infantile nelle vicinanze delle centrali nucleari.

Disguidi nucleari

Ma come si spiegano questi 20.000 aborti spontanei “in eccesso”, in assenza di incidenti conclamati presso le centrali di queste zone? Con il fatto che gli impianti, sostengono i ricercatori, rilasciano nell’ambiente sostanze tossiche o radioattive. E lo fanno in occasione di incidenti ritenuti di “basso livello”, quei numerosissimi “disguidi” (in Francia se ne verifica circa uno ogni tre giorni) che portano a una esposizione alla radioattività della popolazione “entro i limiti di sicurezza”. Limiti stabiliti dalle autorità nazionali, ma che per la loro frequenza e i loro effetti cumulati possono nuocere alla salute ben più di quanto i produttori di energia e le stesse autorità siano disposti ad ammettere.

Anche le sole attività legate alla produzione di energia, sostiene la ricerca, hanno effetti sull’ecosistema e sulle popolazioni circostanti, e la lista dei possibili “incidenti di basso livello” è lunga: si va dalle perdite nel trasporto e nello smaltimento delle scorie, agli scarichi di acque contaminate nei corsi d’acqua, fino alla presenza di agenti tossici nel vapore rilasciato in atmosfera che, è vero, non contiene CO2, ma non è certo il più salubre, in quanto proveniente da acqua evaporata entrando in contatto con un nucleo radioattivo.

Rassicurazioni o inganni?

Eppure, al di là di questo, è impossibile ignorare che senza l’energia nucleare molti sistemi-Paese rischierebbero di fermarsi, con effetti gravissimi sulle loro economie. È anche comprensibile, di conseguenza, l’enorme impegno di questi Paesi nel rassicurare le popolazioni sulla sicurezza degli impianti. Recentemente nella regione inglese del Somerset EDF energy ha diffuso la notizia sul consenso della popolazione locale relativo all’ampliamento della centrale di Hinkley Point (la cui chiusura è prevista nel 2016). Un consenso ottenuto non con la forza, ma con un sondaggio, commissionato dalla stessa EDF. Anche la Bbc ci era cascata, diffondendo insieme alla stampa locale la notizia che sei persone su dieci, nelle zone di Sedgemoor, Taunton Deane e West Somerset supportano l’ampliamento della centrale di Hinkley, nel sud ovest dell’Inghilterra.

Un sondaggio considerato però da più parti ambiguo. Secondo Leo Barasi di Climate Sock domande quali: “Fino a che punto è d’accordo con la seguente affermazione: l’energia nucleare ha degli svantaggi, ma la nazione ha bisogno di energia nucleare come parte di un bilanciamento energetico con carbone, gas ed energia eolica”, sono poste in modo da rendere difficile un disaccordo (calcolato infatti nel 13% dei rispondenti a questa domanda), e chi oggi vede i risultati è portato a pensare che le persone intervistate nella zona in questione ritengano necessaria l’energia nucleare. Lo stesso vale per domande in cui, mentre si chiede di pensare agli aspetti positivi e negativi di un nuovo reattore ad Hinkley Point, rientrano sempre in qualche modo i benefici che un nuovo reattore avrebbe sull’economia e l’occupazione locali.

“A me sembra chiaro che questa lunga serie di domande guidi le persone verso un percorso mentale che le porta a pensare ad una centrale nucleare in modo ben diverso da quanto esse normalmente farebbero”, accusa Ben Goldacre dalle pagine del quotidiano The Guardian. Secondo il giornalista inglese ha infatti un effetto ben diverso chiedere: “Volete che i vostri figli restino disoccupati?”, invece che: “Siete tutti segretamente terrorizzati all’idea che potremmo farvi prendere il cancro?”. Gli statistici sanno bene che il diverso ordine dato a certe domande potrebbe far variare l’andamento di un questionario, e per Goldacre quello di EDF contravviene a molte delle regole di base da tenere in considerazione nella compilazione di un questionario statistico. In particolare quella che consiglia di “stare attenti a non influenzare le risposte”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/26/centrali-nucleari-oltre-ventimila-aborti-negli-ultimi-quarantanni/78974/

lunedì 18 ottobre 2010

Oltre metà degli italiani è contro il nucleare

Oltre metà degli italiani è contro il nucleare

Luca Palmieri, Affari&Finanza inserto de La Repubblica, 18/ 10/ 2010

Da sempre l'Italia è considerato un paese con una scarsa sensibilità nei confronti dell'ambiente. Le cose però stanno cambiando, ed in maniera anche piuttosto rapida. Lo conferma l'Ecobarometro, osservatorio permanente sulle tematiche ambientali: per gli italiani infatti la preoccupazione per l'ambiente, espressa dal settanta per cento degli intervistati, è seconda solamente a quella per il lavoro. La ricerca, realizzata da Lorien Consulting e dal mensile La Nuova Ecologia, è stata presentata a inizio ottobre al Forum Qual Energia di Firenze, giunto al suo terzo appuntamento.
L'indicazione più interessante è proprio quella legata alle preoccupazioni degli italiani, convinti a stragrande maggioranza che l'inquinamento e lo spreco di risorse sono un argomento da affrontare con grande attenzione e senza alcuna perdita di tempo. Le risposte degli intervistati danno anche risultati significativi per quanto riguarda le priorità ambientali: a livello nazionale vengono infatti considerati fondamentali lo smaltimento dei rifiuti e lo sviluppo delle energie rinnovabili (per il 58,6% degli intervistati) mentre su scala lo cale la priorità è rappresentata dalla mobilità e dai mezzi di trasporto, dei quali deve sempre più essere ridotto l'impatto ambientale (46.5%).
La ricerca fa anche emergere una sostanziale critica nei confronti delle politiche sostenute dal governo italiano sotto il profilo della tutela dell'ambiente. Oltre il 75% degli intervistati ritiene infatti che potrebbe fare molto di più, mentre il giudizio negativo riguardo all'operato delle amministrazioni locali sull'argomento è leggermente meno forte (vengono bocciate dal61,5% degli italiani). Un altro argomento di contrasto con il governo è quello legato allo sfruttamento dell'energia nucleare. La volontà politica è infatti di tornare a servirsi di questa forma di energia ma l'opinione pubblica si dimostra ancora molto perplessa e preoccupata in proposito. La conoscenza spontanea del nucleare è di per sé molto bassa, dal momento che è citata solamente da due intervistati su dieci, ma soprattutto è scarso il gradimento nei confronti di una politica di sviluppo dell'energia atomica (il 58% è infatti contrario) la percentuale di sfiducia cresce sensibilmente quando il pensiero è rivolto a centrali nucleari presenti nella regione dove si abita, bocciate dal 66% degli intervistati.
Tra le fonti rinnovabili più conosciute restano al primo posto il solare e il fotovoltaico, (65%); a seguire vengono l'eolico, l'idroelettrico e il gas. Per quanto riguarda l'attenzione personale al fattore energia, è davvero molto alta la percentuale di chi utilizza lampadine a risparmio energetico (1198%), notevole anche la risposta su pannelli solari termici (47,5%) e fotovoltaici (47,3%). Considerazioni interessanti anche per quanto riguarda direttamente la green economy, dal momento che solamente il 42% la conosce, il60%invece ritiene comunque un piano di questo tipo attuabile nel nostro paese. Per risolvere la crisi si ritiene comunque fondamentale ridurre la pressione fiscale per i lavoratori dipendenti, investire sulla formazione giovanile e sulle aziende impegnate nel settore delle fonti rinnovabili, considerate in maniera quasi unanime le aziende del futuro. Lo conferma chiaramente la risposta alla provocatoria domanda su cosa gli intervistati avrebbero fatto se avessero avuto un milione di euro da spendere: ben il 77%li investirebbe infatti in un'azienda eco-sostenibile. Risultati forse sorprendenti ma che hanno dato nuovi spunti per il futuro.
«I dati emersi sottolineano come gli italiani abbiano raggiunto una certa maturità in termini di risposta ad una crisi che attraversa trasversalmente molti settori dell'economia - sottolinea l'amministratore delegato di Lorien Consulting Antonio Valente e l'economia sostenibile è vista come un'ancora di salvezza. Il fatto che oltre la metà degli italiani consideri le problematiche ambientali ai primissimi posti può essere il segnale di svolta, perché questa consapevolezza può consentire alla green economy di crescere indipendentemente dalle distinzioni politiche, di classe o di generazioni. Per gli italiani si può uscire dalla crisi se si imposta una nuova governance del sistema in cui tutti sono responsabili e partecipano attivamente ad un cambio di passo, che non può essere più rimandato».

domenica 5 settembre 2010

Nucleare, a gennaio i primi due siti

Nucleare, a gennaio i primi due siti

R.E.F. Il Messaggero, il 24/08/10

A gennaio 2011, quando arriveranno le prime domande per la costruzione delle centrali nucleari, si conosceranno anche i siti, almeno i primi due, dove saranno realizzate. Lo ha annunciato al Meeting di Rimini il sottosegretario allo Sviluppo, Stefano Saglia.
Ad ottobre arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri un «decreto per la strategia nucleare», di concerto tra i ministeri dello Sviluppo, dell'Ambiente e delle Infrastrutture. E nel testo saranno previste anche le «garanzie per le aziende», cioè gli indennizzi a tutela di chi investe dal rischio che, per un cambio di governo o «qualsiasi altro intoppo» il progetto si arresti. Misure per evitare che i danni, dopo forti investimenti, si scarichino sulle stesse imprese. Sui siti il governo vuole scelte di intesa con le Regioni: «Il percorso con i territori deve essere di condivisione e non di impostazione militaresca», garantisce Saglia. Il governo potrà comunque avvalersi dei poteri sostitutivi, «ma è un'evenienza che vorremmo scongiurare». Bisogna, ha sottolineato il sottosegretario, rispondere «all'esigenza che sul fronte energia ci sia una politica di buon senso e una strategia a lungo termine». Che si deve andare avanti lo dicono anche le aziende.
Per l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti non si può continuare a pensare che «uno sviluppo ordinato e sostenibile» sia possibile «senza ricorrere a tecnologie che in maniera infondata vengono considerate in maniera invasive, nocive». Nell'interesse generale del Paese è necessario che il progetto venga supportato «da un governo centralmente molto forte» che tracci linee guida solide a lungo termine. Anche per il presidente del consiglio di gestione di A2A Giuliano Zuccoli «non è più tempo per guerre ideologiche», il Paese non può rinunciare anche al nucleare in un mix di fonti. «Ai cittadini vanno spiegate le cose come stanno, così potranno farsi una loro idea consapevole». E la scelta dei siti, aggiunge Zuccoli, «sarà il momento nodale, il punto critico, un passaggio importante». Che deve fare il governo, non le amministrazioni locali. Intanto il numero uno di Enel, a margine del Meeting, ha anche parlato della previsto collocamento sul mercato di una quota della società del gruppo per le energie rinnovabili, Enel Green Power, destinata alla quotazione in Borsa e ad un eventuale private placement.
«Andiamo avanti con l'obiettivo di chiudere la cosa entro ottobre -ha indicato Conti - vogliamo raccogliere almeno 3 miliardi, questo è l'obiettivo, non abbiamo mai detto quale è la percentuale da cedere. Sono indiscrezioni», ha concluso l'a.d. di Enel, in merito alla quota di Green Power che verrà dismessa, come anche quelle sul riparto tra investitori istituzionali e mercato retail.

venerdì 20 agosto 2010

La Germania minacciata dalle sue scorie nucleari

La Germania minacciata dalle sue scorie nucleari

Italia Oggi - 15/07/10

La Germania minacciata dalle sue scorie nucleari. Tra il 1967 e il 1978 nella miniera di sale ormai in disuso di Asse, nel cuore del paese, è stato immagazzinato un volume di materiale radioattivo pari a 60 edifici. Queste 126 mila fusti di scorie radioattive avrebbero dovuto giacere lì per l'eternità. Ma trent'anni dopo, Asse sembra ormai prossimo alla catastrofe ecologica. Il luogo, geologicamente instabile, è oggetto di infiltrazioni d'acqua e alcuni contenitori sono arrugginiti. Così, di fronte alla gravità della situazione, l'ufficio federale incaricato della gestione del sito ha optato in gennaio per l'evacuazione. Un'operazione inedita e molto complessa, che richiederà vent'anni di tempo e potrebbe costare allo stato dai 2 ai 3 miliardi di euro. E anche per finanziare questa operazione che il governo cerca da alcuni mesi di costringere i produttori di elettricità a versare una parte degli utili derivanti dall'allungamento della durata di funzionamento degli impianti. I gestori del sito devono lottare contro due flagelli: il possibile crollo di alcune cavità e l'infiltrazione di acqua contaminata nella falda freatica. «Uno dei problemi è che noi non sappiamo veramente cosa si trova nei fusti», spiega Wolfram Koenig, presidente dell'ufficio federale della sicurezza nucleare civile. «L'etichettatura degli anni 60 e 70 non rispondeva agli standard attuali. In questi ultimi anni ne abbiamo aperti 25. La metà non conteneva quello che figurava sui registri». Davanti alla instabilità del sito, «riportare i fusti in superficie è parso come il minore dei mali». Le autorità tedesche hanno optato per il trasferimento provvisorio delle scorie di Asse verso l'antica miniera di ferro di Konrad, a qualche decina di chilometri. Ma nessuno per ora sa come avvicinarsi senza pericolo ai fusti né come estrarli, un giorno, dalla miniera.

domenica 15 agosto 2010

Prestigiacomo. La nuova regina dell’atomo

Prestigiacomo. La nuova regina dell’atomo
20 luglio 2010, Terra

Non appena arrivarono le dimissioni di Scajola, il primo pensiero di Stefania Prestigiacomo fu il nucleare: «La costruzione di nuove centrali è un progetto fondamentale che va portato avanti comunque», annunciò durante la Festa delle Oasi del Wwf. Era la mattina del cinque maggio. Solo qualche ora prima, Scajola si era dovuto far da parte dopo l’annuncio di aver avuto una casa «pagata a sua insaputa». La mancanza di tatto della ministra è però giustificabile: evidentemente, ci teneva al ruolo da protagonista nella rinascita del nucleare in Italia. Nel dicembre del 2009, fece scoppiare una “quasi” crisi di governo sulla questione. Soltanto la mediazione di Gianni Letta fece rientrare il conflitto. Ma l’obiettivo alla fine lo ha raggiunto. Ieri, infatti, la ministra è volata fino a Washington per firmare, in pompa magna, il trattato di sicurezza nucleare con gli Stati Uniti. È comprensibile, quindi, che abbia relegato a impercettibili rumori di fondo le polemiche sulla finanziaria di Tremonti che taglia drasticamente i soldi destinati ai Parchi e all’ambiente. Ora, la cosa che preme di più alla Prestigiacomo è soltanto una: autoeliminatosi Scajola, lei è rimasta da sola a gestire l’intera partita delle nuove centrali atomiche. Da quando c’è la vacatio al ministero per lo Sviluppo economico, si nota per il suo iperattivismo. Il 22 giugno è stata a Flamanville, in Francia, per visitare l’impianto atomico dell’Areva, la società francese che rientrerebbe nell’accordo per le nuove centrali italiane. Qualche settimana prima, aveva invece firmato un ac- procordo sul nucleare con la Slovenia. E in ogni intervento pubblico, non perde occasione per magnificare le sorti di questa fonte che lei ritiene «pulita» e «a impatto zero». Gli Stati Uniti, dove il ministro sta partecipando al Major economics forum sulle nuove tecnologie ambientali, sono l’ultima tappa di un percorso cominciato con la decapitazione di Scajola. La Prestigiacomo oggi firmerà con l’Agenzia governativa americana un trattato sulla sicurezza nucleare. Sarà il suo personale incoronamento. «Un ulteriore passo in avanti verso la definizione di una via italiana al nucleare su cui il governo ha deciso di scommettere», spiega infatti il ministero dell’Ambiente in una nota ufficiale. Infatti domani, il ministro volerà a Pittsburgh per visitare la sede della Westinghouse, la multinazionale americana dell’atomo (acquistata nel 2006 da Toshiba) che il nostro governo ha scelto come interlocutore, assieme ai francesi e ai russi di Rosotom. Il ministro dell’Ambiente, insomma, è diventata ormai la referente unica sul tema. Per di più, in una delle fasi più delicate: la nomina dei membri dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, che gestirà l’intero processo di ritorno all’atomo. «È questione di giorni», promette da diverse settimane il ministro. Ma i veti incrociati rallentano la formazione di questo organismo chiave per i nuovi impianti nucleari, la cui spesa prevista è di 5 miliardi di dollari ciascuno. L’opposizione, però, non è entusiasta delle mosse della Prestigiacomo. «A che titolo il ministro per l’Ambiente si occupa di competenze che appartengono al ministero per lo Sviluppo economico?», si chiede Andrea Lulli, capogruppo del Pd in Commissione Attività produttive della Camera. «L’impressione - continua il deputato Pd - è che in questa fase, in cui c’è ancora l’interim di Berlusconi, tutti cerchino di spolpare e accaparrarsi le deleghe del dicastero attraverso conflitti che sono tutti interni alla maggioranza». Anche i Verdi accusano la Prestigiacomo. Soprattutto per la sua assoluta latitanza nella fase di discussione della Finanziaria che ha portato al dimezzamento dei fondi per i Parchi. «Invece di darsi tanto da fare sul nucleare - denuncia il presidente dei Verdi Angelo Bonelli - il ministro dell’Ambiente sarebbe dovuta andare da Berlusconi e mettere sul tavolo le sue dimissioni nel caso in cui la norma che di fatto decreta la fine dei Parchi fosse passata. Ma forse è più legata alla sua poltrona che alla sopravvivenza delle aree protette».

martedì 10 agosto 2010

Non esistono le centrali nucleari sicure

Non esistono le centrali nucleari sicure

Massimo De Santi - Liberazione - 15/07/10

L'utilizzo dell'energia nucleare per la produzione di elettricità attraverso le centrali è una modalità intrinsecamente insicura. Insicura perché le centrali nel loro funzionamento emettono una quantità continua di sostanze radioattive e non esiste una dose-soglia di radioattività: anche la minima quantità di radiazioni può provocare tumori, leucemie o mutazioni genetiche. Insicura perché produce sempre scorie ad alto potenziale radioattivo che non sappiamo gestire in modo sicuro e che lasceremmo in eredità all'umanità per migliaia e migliaia di anni. Purtroppo ci sono scienziati che sostengono invece la necessità e anzi l'urgenza di realizzare in Italia almeno un po' di centrali nucleari, affermando che queste servono per ridurre le emissioni di Co2 e quindi l'effetto serra. Ma ciò non è vero, perché per l'approvvigionamento dell'uranio, il suo arricchimento, la costruzione della centrale, i materiali impiegati, lo stoccaggio delle scorie e lo smantellamento dell'impianto occorrerebbe così tanta energia di origine fossile che la Co2 emessa sarebbe paragonabile a quella di una centrale a carbone. Questi stessi scienziati ci raccontano inoltre la favola che le centrali Epr di terza generazione sono molto sicure, in quanto è minore la probabilità di un incidente catastrofico rispetto alle centrali di seconda generazione (quelle che furono chiuse a seguito della vittoria del referendum del 1987), ma non ci dicono che la quantità di radionuclidi emessi durante il loro esercizio è notevolmente maggiore e di più alta intensità e pericolosità. Ci dicono, inoltre, che costano meno, ma gli ultimi dati sembrano contraddirli, perché il loro costo è lievitato di centinaia di milioni di euro e i tempi per la loro costruzione sono aumentati dagli otto anni ai dieci-dodici anni, tanto che la società Areva ha affermato che il reattore atomico in costruzione a Olkiluoto in Finlandia è in ritardo di quattro anni e la società francese Edf, nostra partner, annuncia un ritardo nella realizzazione dell'impianto francese di Flamanville che non entrerà in funzione prima del 2014. Ma allora qual è il vero scopo di questo governo che insiste nel voler realizzare a tutti i costi centrali nucleari in un Paese che non possiede uranio e deve importare dalla Francia le centrali nucleari e l'uranio arricchito? La logica ci dovrebbe portare a dire che il grande interesse è delle lobbies internazionali del settore energetico che vogliono l'assoluto controllo sull'energia, per condizionare anche le scelte sul futuro dell'economia. Lo stesso smaltimento dei residui radioattivi rappresenta una miniera di appalti esenti da rischi giudiziari, visto che le centrali sono coperte da segreto di stato o militare. E' evidente che, per un Paese come l'Italia in piena crisi economica di sistema, costruire centrali nucleari significa rilanciare la grande industria, ma senza una significativa ricaduta occupazionale. Con gli ingenti investimenti per le quattro centrali previste (30-40 miliardi di euro) si potrebbe fare un piano per il risparmio dell'energia e le fonti rinnovabili che darebbe da subito un contributo all'occupazione diffusa, al miglioramento della qualità ambientale e all'assenza di impatto sanitario per le popolazioni. Ma tutto ciò per il governo non conta e anzi si comprano i cacciabombardieri nucleari F35 (15 miliardi di euro) e si continua ad aumentare la spesa militare. Il nucleare fa parte della logica neoliberista: grandi impianti, grandi opere, grandi affari e guerre per generare distruzioni, inquinamenti e malattie per poi fare lobbies con le ricostruzioni, gli impianti di disinquinamento e nuovi farmaci. Tutto può diventare un buon affare. Noi comunisti e la sinistra ci opporremo con ogni mezzo alla follia distruttrice dell'ambiente e della vita inutile, dannoso e pericoloso: basta leggere i rapporti internazionali francesi e statunitensi delle Agenzie della Sicurezza per vedere i numerosi incidenti avvenuti alle centrali nucleari. Per questo, Prc e Federazione della Sinistra hanno aderito alla presentazione in Cassazione il 7 giugno della proposta di Legge di Iniziativa Popolare "Sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili per la salvaguardia del clima" per dire sì alle rinnovabili e no al nucleare e appoggiano in tutte le forme la campagna di raccolta firme perché si raggiunga il quorum previsto delle 50mila entro l'8 dicembre 2010. Non dobbiamo farci incantare dalle sirene di quegli scienziati che legati alla vecchia logica economicistica difendono le centrali nucleari del modello capitalistico in piena crisi di sistema, invece di guardare a soluzioni innovative più rispettose dell'ambiente e della salute umana. Siamo dalla parte della difesa dei beni comuni (acqua, energia, territorio) e per un loro utilizzo oculato e a vantaggio di tutti.