Niente nucleare in Puglia Legge approvata da tutti
Francesco Strippoli
26 novembre 2009, il corriere del Mezzogiorno
Consiglio regionale E’ passata all’unanimità
BARI — In assenza di intese con lo Stato «il territorio della regione Puglia è precluso alla installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare ». Lo prevede una legge approvata all’unanimità, quindi sia dalla maggioranza di centrosinistra sia dai gruppi dell’opposizione di centrodestra, dal Consiglio regionale della Puglia. La legge è stata approvata con il voto favorevole di tutti i 43 consiglieri presenti in aula. Il territorio pugliese, in assenza di intese tra Regione e Stato, è inoltre «precluso alla installazione di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del combustibile irragiato e dei rifiuti radioattivi, nonchè di depositi definitivi di materiali e rifiuti radioattivi». Il testo arrivato in aula, con il contributo tecnico-giuridico dell’Ufficio legislativo, ha modificato radicalmente quello che era all’esame della commissione.
«Senza intese niente nucleare» La legge votata all’unanimità
Sul territorio niente impianti di produzione, stoccaggio o depositi «Un testo in grado di fronteggiare eventuali impugnazioni»
BARI — Una legge per proclamare il no della Puglia all’insediamento di centrali nucleari sul proprio territorio. Il voto del consiglio regionale, ieri pomeriggio, è stato espresso all’unanimità: 43 presenti, 43 voti a favore. Il testo stabilisce che «in assenza di intese con lo Stato», il territorio pugliese «è precluso all’insediamento di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare, di stoccaggio» anche «solo provvisorio» di rifiuti radioattivi. Maggioranza e opposizione hanno votato in maniera concorde (si sono divisi dopo discutendo di beni confiscati ai mafiosi) ma la lettura della decisione è divergente. Secondo il centrosinistra si mette la Puglia al riparo da decisioni governative assunte senza preventivo accordo con la Regione. Secondo l’opposizione, la legge asseconda gli orientamenti già manifestati («a Bari, dal ministro Scajola e dal premier Berlusconi ») di non prevedere impianti nucleari in Puglia.
La produzione di energia, secondo la Costituzione, è materia «concorrente», Stato e Regione si ripartiscono la legislazione sulla base di intese. Il testo muove da questo assunto: nessun insediamento «in assenza di intese». Naturalmente nel rispetto dei principi «leale collaborazione». Come dire: si collabora, ma non si subisce.
Il testo è profondamente diverso da quello depositato in commissione da Antonio Maniglio (Pd). La versione originaria, ben più severa, vietava l’insediamento di centrali, lo stoccaggio e persino il transito di materiale radioattivo. Più severa, ma a rischio di bocciatura della Corte costituzionale (sul trasporto di merci, la Consulta ha già dato torto alla Puglia in fatto di rifiuti). Se il testo è stato ammorbidito, si deve soprattutto al capogruppo Rocco Palese (Fi). Maggioranza ed opposizione hanno lavorato di lima con l’aiuto dell’ufficio legislativo - fino ad arrivare alla formulazione finale. È possibile che Palese volesse evitare due cose: che la normativa passasse a maggioranza (col Pd a sbandierare il testo in campagna elettorale) e che la legge fosse impugnata dal governo (col Pd nel ruolo di vittima). Palese ha anche presentato, e poi ritirato, un emendamento che sottoponeva a referendum consultivo l’intesa tra Regione e Stato. Il ripensamento è giunto quando gli è stato fatto notare che quella norma poteva essere eccepita dal governo, giacché l’intesa non può subire condizionamenti. L’obiezione è arrivata dal centrodestra, in particolare da Roberto Ruocco (An). Questi ha osservato che la normativa approvata, votata anche da lui, è una «legge manifesto», «un’iniziativa demogogica»: esprime ciò che la Costituzione già prevede. «È vero - ha sostenuto l’assessore Michele Losappio - ma è anche vero che il decreto 'Sviluppo' di Scajola, in materia di nucleare, riduce il ruolo delle Regioni al solo intervento consultivo» (per questo è stato impugnato davanti alla Consulta). Alla fine esultano Maniglio, Mimmo Lomelo (Verdi) e Aurelio Gianfreda (Socialisti). Parlano di demagogia i capigruppo del centrodestra.
Il clima bipartisan è venuto meno quando si è discusso l’ordine del giorno proposto dal centrosinistra (Vendola primo firmatario). Chiedeva al parlamento di ritirare quell’emendamento alla Finanziaria che consente di vendere i beni confiscati ai mafiosi. Ciò nella convinzione che possano essere riacquistati dai clan: meglio destinarli a finalità sociali. Il testo ha incontrato l’opposizione del Pdl, Nino Marmo in testa: «Si tratta di beni non richiesti dagli enti locali e i cui proventi sono destinati alle forze dell’ordine. Le vendite avvengono con garanzie». Il centrosinistra ha pensato di votare il documento a maggioranza, poi ha desistito: la consuetudine vuole che gli ordini del giorno passino con voto bipartisan.
Francesco Strippoli
26 novembre 2009, il corriere del Mezzogiorno
Consiglio regionale E’ passata all’unanimità
BARI — In assenza di intese con lo Stato «il territorio della regione Puglia è precluso alla installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare ». Lo prevede una legge approvata all’unanimità, quindi sia dalla maggioranza di centrosinistra sia dai gruppi dell’opposizione di centrodestra, dal Consiglio regionale della Puglia. La legge è stata approvata con il voto favorevole di tutti i 43 consiglieri presenti in aula. Il territorio pugliese, in assenza di intese tra Regione e Stato, è inoltre «precluso alla installazione di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del combustibile irragiato e dei rifiuti radioattivi, nonchè di depositi definitivi di materiali e rifiuti radioattivi». Il testo arrivato in aula, con il contributo tecnico-giuridico dell’Ufficio legislativo, ha modificato radicalmente quello che era all’esame della commissione.
«Senza intese niente nucleare» La legge votata all’unanimità
Sul territorio niente impianti di produzione, stoccaggio o depositi «Un testo in grado di fronteggiare eventuali impugnazioni»
BARI — Una legge per proclamare il no della Puglia all’insediamento di centrali nucleari sul proprio territorio. Il voto del consiglio regionale, ieri pomeriggio, è stato espresso all’unanimità: 43 presenti, 43 voti a favore. Il testo stabilisce che «in assenza di intese con lo Stato», il territorio pugliese «è precluso all’insediamento di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare, di stoccaggio» anche «solo provvisorio» di rifiuti radioattivi. Maggioranza e opposizione hanno votato in maniera concorde (si sono divisi dopo discutendo di beni confiscati ai mafiosi) ma la lettura della decisione è divergente. Secondo il centrosinistra si mette la Puglia al riparo da decisioni governative assunte senza preventivo accordo con la Regione. Secondo l’opposizione, la legge asseconda gli orientamenti già manifestati («a Bari, dal ministro Scajola e dal premier Berlusconi ») di non prevedere impianti nucleari in Puglia.
La produzione di energia, secondo la Costituzione, è materia «concorrente», Stato e Regione si ripartiscono la legislazione sulla base di intese. Il testo muove da questo assunto: nessun insediamento «in assenza di intese». Naturalmente nel rispetto dei principi «leale collaborazione». Come dire: si collabora, ma non si subisce.
Il testo è profondamente diverso da quello depositato in commissione da Antonio Maniglio (Pd). La versione originaria, ben più severa, vietava l’insediamento di centrali, lo stoccaggio e persino il transito di materiale radioattivo. Più severa, ma a rischio di bocciatura della Corte costituzionale (sul trasporto di merci, la Consulta ha già dato torto alla Puglia in fatto di rifiuti). Se il testo è stato ammorbidito, si deve soprattutto al capogruppo Rocco Palese (Fi). Maggioranza ed opposizione hanno lavorato di lima con l’aiuto dell’ufficio legislativo - fino ad arrivare alla formulazione finale. È possibile che Palese volesse evitare due cose: che la normativa passasse a maggioranza (col Pd a sbandierare il testo in campagna elettorale) e che la legge fosse impugnata dal governo (col Pd nel ruolo di vittima). Palese ha anche presentato, e poi ritirato, un emendamento che sottoponeva a referendum consultivo l’intesa tra Regione e Stato. Il ripensamento è giunto quando gli è stato fatto notare che quella norma poteva essere eccepita dal governo, giacché l’intesa non può subire condizionamenti. L’obiezione è arrivata dal centrodestra, in particolare da Roberto Ruocco (An). Questi ha osservato che la normativa approvata, votata anche da lui, è una «legge manifesto», «un’iniziativa demogogica»: esprime ciò che la Costituzione già prevede. «È vero - ha sostenuto l’assessore Michele Losappio - ma è anche vero che il decreto 'Sviluppo' di Scajola, in materia di nucleare, riduce il ruolo delle Regioni al solo intervento consultivo» (per questo è stato impugnato davanti alla Consulta). Alla fine esultano Maniglio, Mimmo Lomelo (Verdi) e Aurelio Gianfreda (Socialisti). Parlano di demagogia i capigruppo del centrodestra.
Il clima bipartisan è venuto meno quando si è discusso l’ordine del giorno proposto dal centrosinistra (Vendola primo firmatario). Chiedeva al parlamento di ritirare quell’emendamento alla Finanziaria che consente di vendere i beni confiscati ai mafiosi. Ciò nella convinzione che possano essere riacquistati dai clan: meglio destinarli a finalità sociali. Il testo ha incontrato l’opposizione del Pdl, Nino Marmo in testa: «Si tratta di beni non richiesti dagli enti locali e i cui proventi sono destinati alle forze dell’ordine. Le vendite avvengono con garanzie». Il centrosinistra ha pensato di votare il documento a maggioranza, poi ha desistito: la consuetudine vuole che gli ordini del giorno passino con voto bipartisan.