sabato 28 febbraio 2009

Rischioso, antieconomico e anacronistico: nucleare? No, grazie!

Rischioso, antieconomico e anacronistico: nucleare? No, grazie!

Marco Amagliani *

Liberazione del 28/02/2009

Il no deciso al nucleare non è un rifiuto preconcetto o ideologico, ma unicamente il risultato di un'analisi costi-benefici. Quella che qualsiasi amministratore, pubblico o privato, deve fare prima di procedere ad una scelta fondamentale e irrevocabile per un Paese. Soprattutto una scelta che non va fatta sull'onda della crisi energetica ed economica che ci sta assalendo, ma con raziocinio, programmazione, studi approfonditi. Le motivazioni del no sono scientifiche e acclarate dai più eminenti scienziati: impianti già obsoleti per quando saranno realizzati, costi elevatissimi e sempre a crescere in un periodo di stretta economica, problema delle scorie da smaltire, quando in Italia non riusciamo nemmeno a smaltire i rifiuti organici, figuriamoci quelli radioattivi dove potrebbero finire! Scienziati come Carlo Rubbia sono contrari. I problemi sono noti ai più: l'uranio è una risorsa scarsa, ai ritmi attuali sarà esaurito nel giro di vent'anni, giusto il tempo per l'Italia di costruire un paio di centrali. L'uranio è una risorsa presente in pochi, quattro o cinque, paesi nel mondo, rendendo così molto ricattabili i paesi che lo usano a meno di voler mantenere all'infinito i conflitti in Niger e Congo. Le centrali hanno bisogno di enormi risorse idriche e l'Italia non ha praticamente fiumi adeguati, si tratterebbe di costruire centrali sulle coste o sul Po, zone, demograficamente o ambientalmente non adeguate.
Inoltre, non è secondaria la questione legata ai miliardi di euro di traffici che si svilupperebbero attorno all'"affare nucleare" e che dubito si riesca a governare, se non si è riusciti finora a farlo con l'eco-mafia. Il nucleare è una scelta anti-economica (vantaggiosa solo per chi costruisce le centrali) rischiosa e anacronistica. Per questo, arrivo anche a pensare che ci sia un disegno preciso da parte degli apparati statali: quello di non promuovere, anzi di bloccare, la realizzazione di impianti per l'utilizzo di fonti rinnovabili (nelle Marche ne abbiamo più di un sentore con il diniego della Soprintendenza alla realizzazione di un impianto eolico). Un disegno di disincentivazione verso le fonti alternative per dimostrare la necessità del nucleare. E' un vecchio, ma ormai scoperto modo di fare politica: non per il bene di tutti ma solo di pochi.
Vi è poi da considerare che ancora non è stato risolto per tutti i vecchi siti italiani il problema della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dalla produzione prima del 1987, anno in cui un il referendum ha sancito con larghissima maggioranza l'abbandono del nucleare in Italia. Mi chiedo allora: davvero così tanti avranno cambiato totalmente idea? Su una scelta così incisiva sulla vita di tutti e soprattutto sul futuro delle nuove generazioni, non sarebbe il caso di ascoltare ancora una volta la buona, vecchia e sensata volontà popolare? D'accordo, si potrà ribattere con il luogo comune che siamo attorniati da Paesi confinanti che adottano questo tipo di fonte energetica, che i rischi di incidenti e di nubi radioattive si corrono comunque, ma il problema delle scorie è vitale. Accumulare nuove scorie non è sensato quando non si sa ancora come smaltire quelle vecchie.
C'è poi un fatto ancora più inquietante nelle Marche. E' girata da mesi una notizia, poi anche pubblicata da qualche quotidiano nazionale in questi giorni: la mappa delle possibili centrali da realizzare in Italia ed una sarebbe nella zona di San Benedetto del Tronto, con l'aggravante che il sito coinciderebbe con la Riserva naturale della Sentina. Non solo, dunque, in una zona di interesse turistico a livello nazionale, ma per di più in un'area protetta! Come dire: il paradosso dei paradossi, significa infischiarsi altamente di tutte le scelte fatte per preservare l'ambiente per i nostri figli. E naturalmente questa follia non riguarda solo le Marche, ma sembra fatta apposta per distruggere i siti di interesse naturalistico (Pianosa è un altro esempio). A dimostrazione che i no al nucleare non sono politici, sta anche il rifiuto da parte di amministrazioni comunali e regionali di centro destra. Un coro unanime da Nord a Sud. L'unico sì che sentiamo convinto è quello alla riduzione dei consumi e alle fonti rinnovabili. Eolico e solare rappresentano infatti il vero futuro. Come abbiamo affermato con lungimiranza nei contenuti del Piano Energetico Ambientale regionale: energia fotovoltaica ed eolica che riducono l'inquinamento fino al 50-60% e consentono un forte risparmio energetico e quindi economico. E non è neanche sostenibile parlare di quarta generazione di centrali nucleari, che produrrebbero scorie eliminabili in molti meno anni rispetto a quelle provenienti dalle vecchie centrali. Sapete in quanti anni? "Poche" migliaia… prima che non siano più radioattive.

* assessore all'Ambiente Regione Marche

L'insostenibile business del nucleare

L'insostenibile business del nucleare

L'Unità del 27 febbraio 2009, pag. 37

Elisabetta Zamparutti

Martedì scorso, mentre Berlusconi siglava l`accordo sul nucleare, la Camera dei Deputati votava una mozione sulla sostenibilità ambientale, frutto di un`intesa tra tutti i gruppi parlamentari che non faceva alcun accenno al nucleare e bocciava, sullo stesso tema, una mozione dell`Udc che conteneva l`impegno a ripercorrere la strada del nucleare. C`è da chiedersi quale valenza possa avere una mozione parlamentare nei confronti di un Governo e di un suo Presidente che firma accordi sul nucleare senza che vi sia neppure l`approvazione definitiva, in attesa del voto del Senato, del quadro normativo di riferimento. E c`è da chiedersi quale valenza abbia oggi l`opinione pubblica se Berlusconi afferma che fu «il fanatismo ideologico di una parte politica» a interrompere «la costruzione di centrali che erano vicine ad essere completate», mentre l`uscita dal nucleare fu frutto di un voto referendario, animato dai Radicali, i cui quesiti peraltro non chiedevano affatto l`abolizione o la chiusura di alcuna centrale. Perché il problema di fondo non è nucleare o non nucleare ma quali opportunità intendiamo cogliere a partire dalle nostre condizioni e potenzialità, a quali costi, economici e sociali e soprattutto con quale metodo, vista l`incapacità del Governo di scegliere prevedendo e considerando sempre tutte le alternative possibili. Emma Bonino (in una intervista a questo giornale, ndr) ha affermato l`anti-economicità di una scelta nucleare di terza generazione che ci vedrebbe spendere oltre 20 miliardi di euro - che non potranno essere per la maggior parte altro che fondi pubblici - per coprire un fabbisogno di energia di appena il 5%. Il fatto è che in ambito energetico compiamo scelte in nome di un`aprioristica simpatia industriale. In questo come in altri affari, penso ad Alitalia, non vedo l`interesse nazionale né minima traccia di una visione strategica che dia al nostro Paese prospettiva e dimensione sovranazionali, le sole in grado di risolvere i problemi del nostro tempo e della nostra società e che approfondiremo al Congresso italiano del Partito Radicale Transnazionale che si apre oggi a Chianciano. Di fronte al vuoto politico, gli interessi di parte si impongono come la sola politica del nostro Paese. Accade così che, assecondando le richieste di Confidustria, ci distinguiamo in Europa solo per leadership nella tattica dei ritardi e dei rinvii rispetto agli obiettivi «20-20-20» di uno sviluppo eco-sostenibile, e seguendo, in tema di gas e petrolio, la linea dettata dagli interessi dell`Eni, ci troviamo a perseguire una politica estera che, vincolandoci a Russia e Libia, segna una rottura del quadro storico di alleanze e allontana sempre più il nostro Paese dalla comunità delle democrazie.

giovedì 26 febbraio 2009

Chernobyl 1986-2006. Una storia lunga vent'anni

AA. VV.
Chernobyl 1986-2006. Una storia lunga vent'anni
Edizioni del Capricorno, 2006, 193 pagine

Quarta di copertina

26 aprile 1986: il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplode. È la peggiore catastrofe tecnologica della storia. Sono passati vent'anni. Che cosa è accaduto da allora? Potrà succedere ancora? Questo libro è un viaggio con Legambiente al centro di un grande disastro scientifico prodotto dall'uomo. Centinaia di immagini e il racconto di chi, in questi anni, ha vissuto il lento evolversi del dramma.

Chernobyl. Confessioni di un reporter

Igor Kostin
Chernobyl. Confessioni di un reporter
Edito da EGA - Edizioni Gruppo Abele, 2006, 237 pagine

Quarta di copertina

Soprannominato "l'uomo leggendario" dal Washington Post, Igor Kostin è un testimone chiave della catastrofe di Chernobyl. Il 26 aprile 1986 soltanto qualche ora dopo l'esplosione, Kostin sorvola la centrale. La radioattività è così forte che quasi tutte le sue fotografie diventano nere. Una fotografia soltanto si è salvata e ha fatto il giro del mondo. Sopreso per la dimensione della catastrofe e per il silenzio dell'autorità Kostin decide di restare sul posto insieme agli 800.000 "licquidatori" che si sono alternati sul luogo dell'incidente e di documentare le terribili conseguenze della contaminazione su uomini e animali in Ucraina, Bielorussia e Russia.
La sua storia si confonde co quella di Chernobyl. Ha visto l'evaquazione dei villaggi, la disperazione e il coraggio della gente, la costruzione del "sarcofago"; ha visto gli uomini rimuovere a mani nude i blocchi radioattivi, i cimiteri delle macchine, i giardini e gli orti contaminati ritornati terre selvagge, dove l'uomo non ha più posto. Per la prima volta racconta tutto questo, con parole e immagini.

Scorie. L'irrisolto nucleare

Virginio Bettini
Scorie. L'irrisolto nucleare
Edito da Utet Libreria, 2006, 190 pagine



Quarta di copertina

Negli Stati Uniti come luogo di deposito delle scorie nucleari è stato scelto Yucca Mountain, nel Nevada, un'area collocata all'interno della A 51, sito di test nucleari superficiali e sotterranei, di un'ipotetica presenza extraterrestre, ma soprattutto, completamente sotto controllo militare. In Italia un tentativo simile è stato fatto a Scanzano suscitando un'agguerrita protesta da parte degli abitanti della regione. Il nocciolo del dibattito, quello a cui è principalmente dedicato "Scorie", riguarda il tentativo di dare una risposta alla domanda: dove metteremo le scorie radioattive esistenti, e quelle che continuamente si stanno formando?

Patto scellerato sul nucleare

Patto scellerato sul nucleare

Carlo Lania

Il Manifesto del 25/02/2009

Accordo Italia-Francia per la costruzione di quattro centrali nel nostro Paese. Ma manca la legge che autorizza l'intesa. Berlusconi attacca la sinistra

La via italiana al nucleare parla francese. A 22 anni dal referendum che mise al bando le centrali nucleari, il governo Berlusconi si prepara a reintrodurre l'atomo nel nostro Paese. E lo fa con un accordo siglato ieri a Roma tra il premier e il presidente francese Nicolas Sarkozy che prevede la partecipazione italiane nella costruzione di una centrale Oltralpe, ma anche l'avvio delle procedure per realizzare nel nostro Paese - grazie alla tecnologia francese - quattro impianti atomici di terza generazione entro il 2020.
Accordo che, almeno sulla carta, non dovrebbe valere molto, visto che prima di ripartire con l'atomo il governo avrebbe dovuto attendere almeno l'approvazione da parte del Senato del disegno di legge sullo sviluppo che, all'articolo 14, affida all'esecutivo le deleghe in materia di nucleare. Berlusconi invece ha fretta di tornare al passato, come ha spiegato chiaramente nella conferenza stampa tenuta ieri insieme al presidente francese: «Dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, perché il futuro è nell'energia rinnovabile è nel nucleare», ha detto prima di tornare ad attaccare la sinistra e quanti, nel 1987, rifiutarono di convivere con una centrale: «Eravamo protagonisti del nucleare negli anni '70 - ha polemizzato Berlusconi - , poi per il fanatismo ideologico di una parte politica abbiamo interrotto la costruzione di due centrali che erano vicine ad essere completate».
Adesso invece la corsa può riprendere, anche se non è chiaro dove porterà. Il documento siglato ieri avvia una collaborazione tra l'Enel e il gruppo francese Edf per la ricerca, la produzione di energia nucleare e lo stoccaggio delle scorie e prevede anche la costruzione di quattro centrali con la tecnologia dei reattori di classe Epr. In cambio l'Enel potrebbe entrare con una quota del 12,5% nel progetto per la costruzione di un secondo reattore nucleare a Penly, in Normandia.
Nonostante l'entusiamo del premier, la strada in realtà è ancora tutta in salita. L'iter da compiere perché l'Italia possa davvero ripartire con il nucleare è infatti ancora lungo e passa prima di tutto attraverso l'approvazione del disegno di legge sullo sviluppo. Il testo viene votato oggi dalla commissione Industria del Senato e poi passerà all'esame dell'aula. Ma solo dopo il via libera definitivo del parlamento, potranno cominciare i contatti con gli Enti locali alla ricerca dei quattro siti ritenuti idonei per le centrali.
Su questo punto vale però la pena sottolineare almeno due cose. La prima è che già nello scorso mese di giugno il ministro Scajola annunciò la creazione di un «comitato di saggi» che avrebbe dovuto avviare il confronto con le popolazioni e gli enti locali. Sono passati otto mesi e il comitato non ha mai visto la luce. La seconda è che le regioni hanno già messo le mani avanti manifestando la propria opposizione al nucleare. In n documento inviato al governo il 22 ottobre scorso, infatti, gli assessori all'Ambiente di tutta Italia ribadiscono come «incompatibile» l'opzione nucleare e invitano alla ricerca di fonti rinnovabili di energia. Solo un po' più aperto un secondo documento scritto questa volta dagli assessori regioni allo Sviluppo economico e in cui gli amministratori chiedono di essere interpellati prima di ogni decisione.
Pareri importanti che però il governo, forse prevedendone l'opposizione, si prepara a ignorare. Sempre nel ddl sullo sviluppo, infatti, l'articolo 14 al punto f prevede la possibilità per il governo di decidere d'autorità in caso di mancato accordo con gli enti locali.
Entro l'inizio dell'estate, infine, e per la precisione non oltre il 30 giugno, il governo dovrà varare un decreto con i criteri morfologici e geologici che dovranno avere i nuovi siti.
Resta da capire la cosa più importante, vale a dire dove sorgeranno le nuove centrali. Un'ipotesi potrebbe essere quella di riutilizzare i quattro impianti dismessi (Trino Vercellese, Caorso, Latina e Sessa Aurunca sul Garigliano). Il piano del governo prevede che che due centrali siano costruite al Nord, una al Centro e una al Sud. Siccome gli impianti di terza generazione hanno bisogno di molta acqua per il raffreddamento, c'è chi ipotizza che per quanto riguarda il nord le centrali potrebbero sorgere lungo il Po, ma se si considera la secca che ha colpito due anni fa il primo fiume italiano, l'ipotesi si perde di credibilità. Escluse anche le località di mare per la salinità dell'acqua, resta solo la possibilità di aprire i cantieri nelle prossimità dei laghi. Popolazioni permettendo, è ovvio.

Chi lo conosce lo evita. Tutti contro il nucleare

Chi lo conosce lo evita. Tutti contro il nucleare

Checchino Antonini

Liberazione del 26/02/2009

C'è chi è scettico (Alberto Fiorillo di Legambiente nella sua Rassegna stanca quotidiana) che davvero entro il 2020 spunteranno centrali atomiche. C'è chi fa il gradasso perché ha gli amici forzuti (il repubblicano Nucara) e dice che le polemiche non lo preoccupano. Ronchi, ministro di An alle politiche comunitarie, ne vorrebbe una anche sotto casa sua. Ecco perché è contrario alle moschee (è andato a Genova a soffiare sul fuoco), perché tolgono spazio vitale al nucleare, mica perché è islamofobo. Lo spirito della scoria. Se ci fosse un referendum, dice sicuro-sicuro, stavolta gli ambientalisti canaglia non la spunterebbero. Si lascia convincere, lo statista, da una stampa addomesticata su cui non trova spazio altro che non sia di entusiasta accondiscendenza. Articolo 21 lancia l'allarme per l'ennesimo programma a reti unificate. Intanto i Verdi sono pronti a raccogliere firme per un nuovo referendum e il forum ambientalista lancia, con Ciro Pesacane, una campagna nazionale con petizione on line.
La mappa sui siti papabili fa tornare alla mente le grandi battaglie ecologiste degli anni 80. Montalto di Castro, nel Lazio, Caorso in Emilia, Trino Vercellese, Latina. Poi ci sono Viadana e San Benedetto Po, in Lombardia, Avetrana e nardò, in Puglia, new entry nella terrificante lista delle grandi opere. Servono luoghi, per i piani di Scajola e dei suoi radioattivi amici francesi, non sismici, vicini al mare per il raffreddamento, lontano da impianti industriali e da città. Ma dalle Regioni arrivano fumate nere. L'Italia è una striscia allungata e densamente popolata, ricorda Vendola, governatore della Puglia, che sa quanto sia costosa e ingovernabile e neppure redditizia la svolta nucleare. La Puglia, per l'atomo, sarà «confine non superabile». Più contorta la posizione del suo omologo laziale: «Nei rapporti con il governo nazionale abbiamo bisogno di interventi oggi, di non disperdere le risorse in progetti futuribili e che arriveranno a tempo scaduto, di rincorsa a un nucleare, magari con tecnologie obsolete e magari collocate in aree del nostro territorio che già soffrono di un'elevatissima concentrazione di strutture di produzione energetica». Secondo Marrazzo, «l'insufficienza delle politiche nazionali non può e non deve costituire per noi nè un pretesto nè un alibi. Dobbiamo comunque fare la nostra parte, così come, ad esempio, abbiamo già fatto per i lavoratori dell'Alitalia». Voleva dire no? Nel dubbio il capogruppo Prc, Ivano Peduzzi, chiede che il consiglio regionale dica un no più chiaro: «Con i soldi degli italiani, e mettendo a rischio la sicurezza del Paese, si dà il via libera a una tecnologia di terza generazione che in Francia ha prodotto vari incidenti e messo in crisi la costruzione della nuova centrale di Flamanville. Inoltre, viene previsto l'utilizzo del surplus di plutonio prodotto in Francia dall'industria bellica. In sostanza, con l'accordo di ieri sono stati annunciati 30 miliardi di euro per produrre poco più del 5% dell'energia consumata in Italia (non il 25% come dichiarato da Palazzo Chigi) togliendo risorse alla ricerca su nuove fonti e energie rinnovabili e impedendo lo sviluppo di impianti a basso impatto ambientale e a grande richiesta occupazionale».
Contraria per ora l'Italia dei valori ma forse non ha ancora sentito il più realista Di Pietro, ultrà di grandi opere, grandi cantieri, grandi appalti, grandi disastri 8suo malgrado, si capisce). Infatti parlano (fino al momento in cui Liberazione va in macchina) solo i peones del suo partito. Invece sono preoccupatissimi in provincia di Viterbo, sia i livelli istituzionali, che quelli di movimento: sull'area incombono centrali a carbone che già mettono a repentaglio la salute pubblica. Giura il partito del tumore che quel carbone è pulito, che gli ambientalisti sanno solo dire no.
«Abbiamo già dato», dice dalla Sicilia, il segretario regionale di Rifondazione riferendosi ai costi della devastazione ambientale. Melilli, Priolo, Gela stanno lì a testimoniarlo ma Lombardo s'è detto disponibile a offrire (suo malgrado, si capisce) a Cosa nostra un posto nella cordata italofrancese. Dalla Provincia di Ragusa arriva il no secco del presidente, Franco Antoci e del sindaco di Vittoria che sospetta di essere nella lista dei 34 fortunati paesi designati. E, risalendo al nord, anche Bresso Mercedes, che pure le grandi opere non le dispiacciono (chiedere in Val Susa) mette le mani avanti assieme al suo assessore all'Energia. E poi, il Piemonte è anche la regione che più ha investito sulle rinnovabili (300 milioni di euro). Di scheletri nell'armadio non c'è scarsità: a poca distanza da Trino, c'è Saluggia col suo 75% delle scorie liquide nazionali sepolti in un'area alluvionale della Dora Baltea e sopra una falda che disseta 300mila piemontesi. Sempre più a nord: c'è il no dell'Alto Adige e quello sindacale delle Rdb perché resuscitare il nucleare sarebbe «come puntare sulle carrozze a cavalli dopo l'invenzione del vapore».
«Non è vero che sarà l'energia del futuro - dice Marco Bersani di Attac che ha appena pubblicato per Alegre "Nucleare, se lo conosci lo eviti" - che è competitivo e che serva contro il gas serra. Sono veri gli usi militari, i ripetuti incidenti e le scorie che consegneremo alle prossime generazioni». Serve un nuovo movimento. Come vent'anni fa.

Il bidone di Sarkozy: scorie, costi e tecnologia

Il bidone di Sarkozy: scorie, costi e tecnologia

L’Unità del 26 febbraio 2009, pag. 10/11

Pietro Greco

I più tranchant sono gli ambientalisti francesi: il piazzista d`oltralpe, Nícolas Sarkozy, è riuscito a «fare un pacco» al piazzista italiano, Berlusconi, vendendogli in una sola volta addirittura quattro centrali nucleari Epr. Sarkozy si starà congratulando con se stesso, visto che finora la Francia era riuscita a piazzare la sua tecnologia nucleare di terza generazione solo a se stessa. All`estero ha venduto solo alla Finlandia, che nel 2002 ne ha comprata una e ora è lì che si morde le mani. Ma cosa sono queste centrali Epr di terza generazione? E’ vero che la Francia ci ha fatto «il bidone»? Le centrali in questione, come tutte le centrali nucleari operative al mondo, hanno un reattore a fissione: un nucleo dove con una reazione nucleare a catena avviene, in maniera controllata, la divisione (fissione) del nucleo di un atomo (di uranio e in alcuni casi di plutonio), con forte liberazione dì energia. Per tenere sotto controllo la reazione e impedire che avvenga un`esplosione, il combustibile viene «refrigerato» con varie tecniche. Le centrali francesi Epr (European pressurized water reactor) di terza generazione usano della normale acqua come refrigerante. Ciò consente di aumentare la sicurezza della reazione, perché in queste centrali ci sono ben quattro sistemi indipendenti di refrigerazione ciascuno dei quali, in emergenza, basta da solo a «spegnere il nocciolo» in maniera passiva e a impedirne una disastrosa fusione con conseguente esplosione. La sicurezza, inoltre, è assicurata dal contenitore metallico che contiene il reattore e da una doppia parete esterna in calcestruzzo armato spessa 2,6 metri, progettata per resistere all`impatto di un grosso aereo di linea. Tutto questo non serve solo per impedire la fusione del nocciolo, ma anche per contenere all`interno ogni eventuale fuoriuscita di materiale radioattivo. Non c`è dubbio: le centrali Epr sono tra le più sicure finora realizzate, anche se non sono impossibili limitati incidenti: come quelli avvenuti presso la centrale realizzata a Flamanville, in Francia. Dov`è, dunque, il «bidone»? Il problema aggiuntivo delle centrali Epr, sostengono i critici, è in primo luogo nei costi. In Finlandia, la centrale in costruzione a Olkìluoto oltre ad aver subito un imprevisto ritardo nella consegna - autorizzata nel 2002, i lavori sono iniziati nel 2005 e la centrale sarà consegnata nel 2012, tre anni di ritardo - ha visto lievitare i costi da 3,2 a 4,5 miliardi. Per costruire le sue 4 centrali, l`Italia dovrà fare un assegno vicino ai 20 miliardi di euro: un`enormità. L`altro problema sono le scorie. Non è vero che ne produce in maniera ridotta rispetto alle centrali di diversa concezione. È vero, invece, che ne produce di livello radioattivo più elevato. Ad affermarlo sono due rapporti - uno redatto dalla Posiva, l`azienda finlandese che gestisce le scorie radioattive, l`altro dalla svizzera Nagra, entrambi ripresi dalla stampa inglese (The Indipendent) e americana (The International Herald Tribune). Tanto che neppure il più attrezzato impianto europeo di trattamento delle scorie, quello di La Hague, sarebbe attrezzato per smaltirle. Per questo finora il «piazzista» Sarkozy non è riuscito a vendere a nessun altro le centrali Epr. Né alla Cina, né all`India, né al Sudafrica, né ai paesi africani. Finora solo memorandum d`intesa, ma nessun impegno reale. Poi è arrivato Berlusconi ... Ma il «bidone» per l`Italia forse non consiste tanto nella spesa (enorme), nella quantità di scorie altamente pericolose (che non sappiamo trattare), e nel tempo di realizzazione (almeno una dozzina d`anni), quanto nel fatto che per le nostre industrie e per la nostra economia ci sarebbe ben poca ricaduta economica dell`investimento: la tecnologia è tutta francese. E la gran parte di quei 20 miliardi andrebbe oltralpe. Sarebbe dunque la Francia a beneficiare dell`investimento italiano, mentre il grande problema energetico del nostro paese - la forte dipendenza dall`estero - non diminuirebbe affatto. Al contrario.`

Int. a Emma Bonino: "L'atomo non serve, basterebbe evitare gli sprechi energetici"

Int. a Emma Bonino: "L'atomo non serve, basterebbe evitare gli sprechi energetici"

L’Unità del 26 febbraio 2009, pag. 12

di Massimo Franchi

Non è possibile che una scelta strategica ed epocale come il ritorno al nucleare sia presa a margine di un incontro bilaterale. Nei paesi normali sono in corso dibattiti parlamentari infiniti. Qui Enel ed Edf firmano un accordo con Berlusconi e Sarkozy come padrini senza nessuno che ne abbia discusso». Emma Bonino, vicepresidente del Senato, passava per essere una "pro-atomo". E invece per lei «questo nucleare» non serve.

Senatrice Bonino, la sua posizione è giunta forse inaspettata. E’ una delle poche voci contrarie all`accordo di martedì.

«La mia è una posizione ponderata. A luglio abbiamo fatto un`intera giornata di convegno dal titolo "Ritorno al nucleare. Conviene? Risolve?". Abbiamo messo da parte il tema della sicurezza e delle scorie, non perché non sia importante, ma proprio perché volevamo fare un confronto con esperti, politici e manager favorevoli al ritorno al nucleare. Il tema era molto pratico: costi-benefici. La risposta, anche da parte di chi è favorevole al nucleare, è che la tecnologia nucleare attuale è inefficiente. L`ultimo esempio di centrale in corso di costruzione con la tecnologia francese è in Finlandia. Bene: sono in ritardo di due anni e con un raddoppio del bilancio iniziale. Stiamo parlando di soldi statali».

E allora perché tutti brindano per l`accordo con la Francia?

«Abbiamo fatto solo un favore a Sarkozy, comprando a peso d`oro una tecnologia assolutamente superata. Parlano di una copertura del 25 per cento dei consumi elettrici attuali, ma in realtà sarà del 4% dei consumi totali di energia. Il tutto, ben che vada, per una cifra fra i 20 e 25 miliardi che non darà frutti prima del 2020. Ripeto: non ha senso».

Quindi quello del governo Berlusconi è il solito spot: non vedremo mai nuove centrali nucleari?

«Credo proprio di sì. Sarà difficile trovare siti per costruire nuove centrali, non mi sembra ci sia la corsa a dire: "Fatela da noi". É un annuncio a futura memoria anche perché i lavori inizierebbero fra anni e anni. Senza dimenticare che il referendum del 1986 potrebbe creare problemi dal punto di vista costituzionale».

La vulgata comune considera però la Francia una nazione all`avanguardia in fatto di fabbisogno energetico...

«Vanno sfatati alcuni miti. Primo, la potenza installata prodotta in Italia con l`energia elettrica è il 30%, ma l`inefficienza fa sì che il prodotto energetico risulti scarso. Secondo, la Francia consuma pro-capite più petrolio ad esempio della Germania. Perché è vero che ci vende energia elettrica nelle ore morte (è sovracapacitata), ma nelle ore di punta la compra dalla stessa Germania. Quindi la Francia non può essere un modello. È cosciente di avere una tecnologia superata e ha tutti gli interessi a venircela a vendere a noi».

Ma quindi lei rigetta tutta la tecnologia nucleare? Non si parla di quarta generazione sicura?

«Io non chiudo alla ricerca. Anzi. Dico solo che questo nucleare non ci conviene. E’ come se, per favorire la mobilità sostenibile, domani si decidesse di costruire carrozze. Andavano bene nell`800, non nel 2009. Se in futuro si troveranno tecnologie che faranno del nucleare una energia vantaggiosa e senza rischi, ben vengano».

Ma quali reali alternative ci sono al nucleare?

«L`alternativa c`è ed è puntare sull`efficienza energetica che è la più grande fonte di energia a detta di tutti gli esperti. Significa evitare gli sprechi. La via è quella di un mix di energie rinnovabili: efficienza energetica, solare, eolico e quant`altro la tecnologia odierna può offrire. E poi la ricerca. Un recente studio (The case for investing in Energy productivity) dell`istituto McKinsey, uno dei più accreditati a livello mondiale, spiega come con l`efficienza energetica nella costruzione di edifici si può coprire il 4% del nostro consumo nazionale. La stessa cifra delle centrali nucleari. Questa è la strada da percorrere. E lo si può fare da subito, spendendo molto meno».

martedì 24 febbraio 2009

Energia nucleare, via libera all'alleanza italo-francese

Energia nucleare, via libera all'alleanza italo-francese

Secolo XIX del 24 febbraio 2009, pag. 14

di R.E.

Italia e Francia firmeranno oggi a Roma un accordo per la cooperazione sull`energia nucleare. Lo ha confermato ieri il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. «Il presidente del Consiglio Berlusconi e il presidente francese Sarkozy firmeranno a Roma un importante accordo di cooperazione tra Italia e Francia sull`energia nucleare», ha annunciato il ministro in una nota. «L`accordo riguarda tutti gli aspetti del nucleare, dalla collaborazione in sede europea ai temi della sicurezza, dalla cooperazione tecnologica alla formazione dei tecnici, dallo smantellamento degli impianti alla collaborazione industriale in Paesi terzi». Secondo indiscrezioni, l`accordo prevede che Edf partecipi alla costruzione di una centrale nucleare di nuova generazione in Italia. Per Enel si profila una quota della futura centrale Epr di Penly che sarà costruita da Edf. «Edf e Enel lavorano per allargare il loro accordo di cooperazione, la trattativa procede molto bene», ha riferito una fonte dell`Eliseo citata dalla Reuters, senza entrare nei dettagli. La collaborazione tra Enel e Edf è iniziata dopo il vertice di Nizza di fine 2007, quando Italia e Francia hanno siglato la Pax electrica che ha posto fine ai contenziosi degli ultimi anni. Roma, rimasta scottata per l`opposizione francese alle mire di Enel su Suez (poi fusa in Gaz de France), aveva allora ottenuto impegni sulla partecipazione di Enel al programma nucleare francese. Enel ha infatti acquisito il 12,5% del progetto di costruzione della prima centrale nucleare francese Epr a Flamanville (Manche) e potrebbe ottenere una quota analoga nella seconda, quella di Penly appunto, stando a quanto scritto dai giornali La Tribune e Le Figaro. La fonte francese dice che questo accordo di «partenariato forte» dà ad Enel accesso all`elettricità prodotta in Francia e, soprattutto, accesso in loco alla tecnologia di Edf, di cui il gruppo italiano ha bisogno. L`intesa arriva poi dopo che Berlusconi ha deciso di rilanciare il nucleare italiano, il cui sviluppo è stato interrotto a causa del referendum del 1987 che ha fatto seguito al disastro della centrale ucraina Chernobyl. Per Scajola, con l`accordo di oggi e «con le norme del disegno di legge Sviluppo che il Parlamento approverà in marzo si compie un significativo passo avanti verso la nuova strategia energetica del Paese, che prevede maggiore sicurezza degli approvvigionamenti, con la diversificazione delle fonti e delle aree geografiche, e maggiore tutela dell`ambiente». Come ulteriore rafforzamento della politica energetica nazionale il ministro cita nella nota la «crescita internazionale dell`Enel», che ha chiuso venerdì l`accordo con Acciona per rilevare il 25% della spagnola Endesa, diventando il secondo gruppo elettrico europeo. Il governo italiano ha già annunciato l`intenzione di costruire da otto a dieci reattori nucleari sul modello degli Epr. Oltre all`accordo sul nucleare, francesi e italiani riaffermeranno domani la volontà portare avanti il progetto della linea ferroviaria a gran velocità Torino-Lione, come ha detto Berlusconi in un`intervista al quotidiano Le Figaro pubblicata ieri.

Nucleare, apre il cantiere Enel-Edf

Nucleare, apre il cantiere Enel-Edf

Corriere della Sera del 24 febbraio 2009, pag. 26

Stefano Agnoli

La prima centrale del nuovo nucleare italiano, quando e se sarà avviato, sarà con tutta probabilità figlia dell`ex monopolista nazionale Enel e del quasi monopolista francese Edf. Se si vuole ridurre all`osso l`esito dell`accordo quadro tra Roma e Parigi, annunciato ieri nelle linee principali e alla firma oggi da Berlusconi e Sarkozy, potrebbe essere questo il risultato di maggior rilievo del vertice transalpino. Al centro dell`incontro ci saranno non solo energia e ambiente, ma anche i trasporti (la riconferma della Torino-Lione), la crisi finanziaria, il Medio Oriente e la sicurezza europea. E anche i delicati rapporti tra banche e imprese e la presenza dello stato nell`economia, di cui avrebbero dialogato le delegazioni industriali guidate da Antoine Bernheim e John Elkann. Il piatto forte sarà però l`accordo politico di collaborazione nucleare, anticipato sempre ieri dal ministro per lo Sviluppo Claudio Scajola, al quale se ne dovrebbe affiancare in parallelo uno Edf-Enel per la costituzione di una joint-venture al 5o%. Una società comune che dovrà valutare e coordinare la fattibilità di progetti nucleari a livello mondiale, anche se poi in Italia Enel potrebbe avere la maggioranza. Il gruppo di Conti potrebbe anche entrare con la stessa quota che ha già in Normandia, il 12,5%, nel secondo «Epr» francese (il reattore nucleare di terza generazione) che sarà realizzato a Penly. L`intesa nel campo dell`energia sarà a largo raggio: i governi si impegnano infatti a sviluppare politiche e legislazioni «convergenti» e a trovare anche all`interno dell`Ue posizioni comuni su temi come la proliferazione, la sicurezza, lo smantellamento. Le collaborazioni potrebbero così riguardare anche i costruttori (con Areva, sebbene Ansaldo abbia accordi con la nippo-americana Westinghouse), ma anche la società del de- commissioning Sogin e l`Enea per la ricerca. Sulla base del presupposto, ovviamente, che il ddl che staziona al Senato e contiene il pacchetto legislativo sul «nucleare italiano» sia presto approvato. Roma si aggancia quindi al carro nucleare francese? L`accordo, precisano fonti governative, non è esclusivo e potrebbe essere ripetuto. Anche se, di fatto, solo i francesi (e non gli americani) hanno insistito a lungo per arrivare a esiti concreti. Complice, fa notare qualcuno, anche la rottura dell`asse atomico con i tedeschi di Siemens e l`avvicinamento di Berlino alla tecnologia nucleare di Mosca.