Rischioso, antieconomico e anacronistico: nucleare? No, grazie!
Marco Amagliani *
Liberazione del 28/02/2009
Il no deciso al nucleare non è un rifiuto preconcetto o ideologico, ma unicamente il risultato di un'analisi costi-benefici. Quella che qualsiasi amministratore, pubblico o privato, deve fare prima di procedere ad una scelta fondamentale e irrevocabile per un Paese. Soprattutto una scelta che non va fatta sull'onda della crisi energetica ed economica che ci sta assalendo, ma con raziocinio, programmazione, studi approfonditi. Le motivazioni del no sono scientifiche e acclarate dai più eminenti scienziati: impianti già obsoleti per quando saranno realizzati, costi elevatissimi e sempre a crescere in un periodo di stretta economica, problema delle scorie da smaltire, quando in Italia non riusciamo nemmeno a smaltire i rifiuti organici, figuriamoci quelli radioattivi dove potrebbero finire! Scienziati come Carlo Rubbia sono contrari. I problemi sono noti ai più: l'uranio è una risorsa scarsa, ai ritmi attuali sarà esaurito nel giro di vent'anni, giusto il tempo per l'Italia di costruire un paio di centrali. L'uranio è una risorsa presente in pochi, quattro o cinque, paesi nel mondo, rendendo così molto ricattabili i paesi che lo usano a meno di voler mantenere all'infinito i conflitti in Niger e Congo. Le centrali hanno bisogno di enormi risorse idriche e l'Italia non ha praticamente fiumi adeguati, si tratterebbe di costruire centrali sulle coste o sul Po, zone, demograficamente o ambientalmente non adeguate.
Inoltre, non è secondaria la questione legata ai miliardi di euro di traffici che si svilupperebbero attorno all'"affare nucleare" e che dubito si riesca a governare, se non si è riusciti finora a farlo con l'eco-mafia. Il nucleare è una scelta anti-economica (vantaggiosa solo per chi costruisce le centrali) rischiosa e anacronistica. Per questo, arrivo anche a pensare che ci sia un disegno preciso da parte degli apparati statali: quello di non promuovere, anzi di bloccare, la realizzazione di impianti per l'utilizzo di fonti rinnovabili (nelle Marche ne abbiamo più di un sentore con il diniego della Soprintendenza alla realizzazione di un impianto eolico). Un disegno di disincentivazione verso le fonti alternative per dimostrare la necessità del nucleare. E' un vecchio, ma ormai scoperto modo di fare politica: non per il bene di tutti ma solo di pochi.
Vi è poi da considerare che ancora non è stato risolto per tutti i vecchi siti italiani il problema della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dalla produzione prima del 1987, anno in cui un il referendum ha sancito con larghissima maggioranza l'abbandono del nucleare in Italia. Mi chiedo allora: davvero così tanti avranno cambiato totalmente idea? Su una scelta così incisiva sulla vita di tutti e soprattutto sul futuro delle nuove generazioni, non sarebbe il caso di ascoltare ancora una volta la buona, vecchia e sensata volontà popolare? D'accordo, si potrà ribattere con il luogo comune che siamo attorniati da Paesi confinanti che adottano questo tipo di fonte energetica, che i rischi di incidenti e di nubi radioattive si corrono comunque, ma il problema delle scorie è vitale. Accumulare nuove scorie non è sensato quando non si sa ancora come smaltire quelle vecchie.
C'è poi un fatto ancora più inquietante nelle Marche. E' girata da mesi una notizia, poi anche pubblicata da qualche quotidiano nazionale in questi giorni: la mappa delle possibili centrali da realizzare in Italia ed una sarebbe nella zona di San Benedetto del Tronto, con l'aggravante che il sito coinciderebbe con la Riserva naturale della Sentina. Non solo, dunque, in una zona di interesse turistico a livello nazionale, ma per di più in un'area protetta! Come dire: il paradosso dei paradossi, significa infischiarsi altamente di tutte le scelte fatte per preservare l'ambiente per i nostri figli. E naturalmente questa follia non riguarda solo le Marche, ma sembra fatta apposta per distruggere i siti di interesse naturalistico (Pianosa è un altro esempio). A dimostrazione che i no al nucleare non sono politici, sta anche il rifiuto da parte di amministrazioni comunali e regionali di centro destra. Un coro unanime da Nord a Sud. L'unico sì che sentiamo convinto è quello alla riduzione dei consumi e alle fonti rinnovabili. Eolico e solare rappresentano infatti il vero futuro. Come abbiamo affermato con lungimiranza nei contenuti del Piano Energetico Ambientale regionale: energia fotovoltaica ed eolica che riducono l'inquinamento fino al 50-60% e consentono un forte risparmio energetico e quindi economico. E non è neanche sostenibile parlare di quarta generazione di centrali nucleari, che produrrebbero scorie eliminabili in molti meno anni rispetto a quelle provenienti dalle vecchie centrali. Sapete in quanti anni? "Poche" migliaia… prima che non siano più radioattive.
* assessore all'Ambiente Regione Marche
Marco Amagliani *
Liberazione del 28/02/2009
Il no deciso al nucleare non è un rifiuto preconcetto o ideologico, ma unicamente il risultato di un'analisi costi-benefici. Quella che qualsiasi amministratore, pubblico o privato, deve fare prima di procedere ad una scelta fondamentale e irrevocabile per un Paese. Soprattutto una scelta che non va fatta sull'onda della crisi energetica ed economica che ci sta assalendo, ma con raziocinio, programmazione, studi approfonditi. Le motivazioni del no sono scientifiche e acclarate dai più eminenti scienziati: impianti già obsoleti per quando saranno realizzati, costi elevatissimi e sempre a crescere in un periodo di stretta economica, problema delle scorie da smaltire, quando in Italia non riusciamo nemmeno a smaltire i rifiuti organici, figuriamoci quelli radioattivi dove potrebbero finire! Scienziati come Carlo Rubbia sono contrari. I problemi sono noti ai più: l'uranio è una risorsa scarsa, ai ritmi attuali sarà esaurito nel giro di vent'anni, giusto il tempo per l'Italia di costruire un paio di centrali. L'uranio è una risorsa presente in pochi, quattro o cinque, paesi nel mondo, rendendo così molto ricattabili i paesi che lo usano a meno di voler mantenere all'infinito i conflitti in Niger e Congo. Le centrali hanno bisogno di enormi risorse idriche e l'Italia non ha praticamente fiumi adeguati, si tratterebbe di costruire centrali sulle coste o sul Po, zone, demograficamente o ambientalmente non adeguate.
Inoltre, non è secondaria la questione legata ai miliardi di euro di traffici che si svilupperebbero attorno all'"affare nucleare" e che dubito si riesca a governare, se non si è riusciti finora a farlo con l'eco-mafia. Il nucleare è una scelta anti-economica (vantaggiosa solo per chi costruisce le centrali) rischiosa e anacronistica. Per questo, arrivo anche a pensare che ci sia un disegno preciso da parte degli apparati statali: quello di non promuovere, anzi di bloccare, la realizzazione di impianti per l'utilizzo di fonti rinnovabili (nelle Marche ne abbiamo più di un sentore con il diniego della Soprintendenza alla realizzazione di un impianto eolico). Un disegno di disincentivazione verso le fonti alternative per dimostrare la necessità del nucleare. E' un vecchio, ma ormai scoperto modo di fare politica: non per il bene di tutti ma solo di pochi.
Vi è poi da considerare che ancora non è stato risolto per tutti i vecchi siti italiani il problema della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dalla produzione prima del 1987, anno in cui un il referendum ha sancito con larghissima maggioranza l'abbandono del nucleare in Italia. Mi chiedo allora: davvero così tanti avranno cambiato totalmente idea? Su una scelta così incisiva sulla vita di tutti e soprattutto sul futuro delle nuove generazioni, non sarebbe il caso di ascoltare ancora una volta la buona, vecchia e sensata volontà popolare? D'accordo, si potrà ribattere con il luogo comune che siamo attorniati da Paesi confinanti che adottano questo tipo di fonte energetica, che i rischi di incidenti e di nubi radioattive si corrono comunque, ma il problema delle scorie è vitale. Accumulare nuove scorie non è sensato quando non si sa ancora come smaltire quelle vecchie.
C'è poi un fatto ancora più inquietante nelle Marche. E' girata da mesi una notizia, poi anche pubblicata da qualche quotidiano nazionale in questi giorni: la mappa delle possibili centrali da realizzare in Italia ed una sarebbe nella zona di San Benedetto del Tronto, con l'aggravante che il sito coinciderebbe con la Riserva naturale della Sentina. Non solo, dunque, in una zona di interesse turistico a livello nazionale, ma per di più in un'area protetta! Come dire: il paradosso dei paradossi, significa infischiarsi altamente di tutte le scelte fatte per preservare l'ambiente per i nostri figli. E naturalmente questa follia non riguarda solo le Marche, ma sembra fatta apposta per distruggere i siti di interesse naturalistico (Pianosa è un altro esempio). A dimostrazione che i no al nucleare non sono politici, sta anche il rifiuto da parte di amministrazioni comunali e regionali di centro destra. Un coro unanime da Nord a Sud. L'unico sì che sentiamo convinto è quello alla riduzione dei consumi e alle fonti rinnovabili. Eolico e solare rappresentano infatti il vero futuro. Come abbiamo affermato con lungimiranza nei contenuti del Piano Energetico Ambientale regionale: energia fotovoltaica ed eolica che riducono l'inquinamento fino al 50-60% e consentono un forte risparmio energetico e quindi economico. E non è neanche sostenibile parlare di quarta generazione di centrali nucleari, che produrrebbero scorie eliminabili in molti meno anni rispetto a quelle provenienti dalle vecchie centrali. Sapete in quanti anni? "Poche" migliaia… prima che non siano più radioattive.
* assessore all'Ambiente Regione Marche