domenica 17 maggio 2009

Nucleare, l´Enel rilancia

Nucleare, l´Enel rilancia - I Verdi: "Abbiamo già detto no vent´anni fa"
SONIA GIOIA
17 MAGGIO 2009, LA REPUBBLICA - BARI

L´azienda elettrica pronta a rispondere alla chiamata del governo.
"La Puglia può competere". Ma è guerra con gli ecologisti
«La rinuncia dell´Italia al nucleare nell´87 ha costretto Enel a investire all´estero, è ora di recuperare i ritardi accumulati. Per quanto mi riguarda il dibattito sulla localizzazione, Puglia, Ostuni, è un dibattito ozioso: per me, a fronte delle necessarie valutazioni, se venisse stimata l´esistenza dei requisiti utili, una centrale nucleare potrebbe essere istallata anche nel giardino di casa mia». A parlare per la prima volta è l´azienda elettrica che lo fa attraverso il portavoce Franco D´Eramo. Ma è guerra con gli ambientalisti. I Verdi denunciano: "Abbiamo già detto no vent´anni fa".
L´Enel: nucleare in Puglia, si può fare
"Centrali sicure anche nel giardino di casa". I Verdi: abbiamo già detto no

Per la prima volta l´azienda elettrica parla della possibilità: "Ma spetta al governo"



BRINDISI - Sale di livello il braccio di ferro sul nucleare in Puglia. Dalla parte del futuro atomico l´Enel, che nel corso del festival dell´energia di scena a Lecce ha dichiarato "la strada dell´atomo, percorso ineludibile" per bocca del responsabile del nucleare Giancarlo Aquilani. Dall´altra parte i Verdi che annunciano battaglia senza sconti: "Incombe sulla Puglia una nuvola nera", ha detto Grazia Francescato a Bari, "vogliono fare il nucleare a Ostuni e vogliono fare sicuramente anche il deposito delle scorie». E ancora: «Voglio vedere chi se le piglia le centrali nucleari: se le prendano la Padania, e la Sardegna che ha votato Cappellacci e ora si becca due centrali; so che i sardi si arrabbieranno, ma ci dovevano pensare prima». L´assessore regionale al Diritto allo studio Domenico Lomelo, dal canto suo ribadisce il no pugliese al nucleare di vent´anni fa: "Il movimento - ha aggiunto - partì proprio dalla Puglia».
"Basta con lo spauracchio di Chernobyl, basta con l´ideologia della paura, basta con le falsità. La rinuncia dell´Italia al nucleare nell´87 ha costretto Enel a investire all´estero, è ora di recuperare i ritardi accumulati. Per quanto mi riguarda il dibattito sulla localizzazione, Puglia, Ostuni, è un dibattito ozioso: per me, a fronte delle necessarie valutazioni, se venisse stimata l´esistenza dei requisiti utili, una centrale nucleare potrebbe essere istallata anche nel giardino di casa mia". E´ la replica di Franco D´Eramo, responsabile Enel della comunicazione per Puglia e Basilicata, l´unico autorizzato a parlare, mentre i dirigenti tacciono. E´ il primo, a rompere il silenzio dietro il quale il colosso elettrico pare essersi barricato dal 24 febbraio scorso.
Mentre i presidenti di Francia e Italia siglavano il patto atomico che riapriva il capitolo chiuso oltre vent´anni fa con il referendum che fece del Belpaese penisola denuclearizzata, Enel e Edf siglavano un memorandum operativo per la costruzione in Italia di quattro centrali. D´Eramo replica a chi sostiene che la Puglia avrebbe "già dato" in termini di produzione energetica: "L´argomentazione di specie è quella della rinuncia, allo sviluppo e ai posti di lavoro. Sarà, s´intende, il governo a decretare i siti idonei ad ospitare le centrali, non saremo noi a metterci bocca, ma la Puglia deve competere anche su questo". Dunque, il sito idoneo potrebbe essere anche Ostuni? "Ripeto, spetterà al governo decidere dove, ma ribadisco che il sito idoneo potrebbe essere anche il giardino di casa mia".
Dal basso Salento all´alta Murgia intanto, gli ambientalisti si riarmano. Le argomentazioni contro sono più di una, dall´impatto ambientale "distruttivo", al nessun vantaggio economico per le popolazioni coinvolte. Che nella questione, insieme agli enti locali, non hanno altro che un potere consultivo. Ciononostante la Puglia si prepara a ritornare sulle barricate. Sarà il Pd ad organizzare "la prima, grande manifestazione popolare" con Anna Finocchiaro: lunedì 25, a Ostuni.

venerdì 15 maggio 2009

"Abbiamo le scorie ci bastano quelle"

"Abbiamo le scorie ci bastano quelle"

La Stampa del 14 maggio 2009, pag. 8

Marco Neirotti

Guardinghi. Non mostrano muscoli, non mescolano politica, però la storia del nucleare che torna o non torna, in questa terra piemontese di risaie e imprese, contadini e fiumi, lascia un allarme, una difesa: «Abbiamo già dato», è la battuta più veloce, «sistemiamo ieri e poi pensiamo a domani» è la risposta riflessiva. La sintesi viene da Giovanni Ravasenga, già sindaco a Trino Vercellese, ora ricandidato in una delle due liste di un centrodestra alle urne in disaccordo. Non «contrario per natura» al nucleare e anzi «favorevole a qualunque risorsa in un mix di fonti energetiche», contesta qualunque «rigidità di schemi» e dice: «Dopo cinquant’anni stiamo dismettendo impianti e non sappiamo ancora dove portare le scorie. L’errore è fare prima le centrali e poi affrontare quel che ne deriva. Si guardi bene tutto prima e allora si può discutere. La Enrico Fermi non è un capannone industriale che ha fatto il suo tempo, è altro e altro lascia sul territorio».

D’accordo, però è vero che a Roma pensano: loro sono già abituati a convivere con il futuro. Ravasenga: «Certo. Però si è anche abituati a leggere e capire: indicazioni geofisiche, geotecniche, idrogeologiche, superficialità delle falde e delle acque sorgive. Quest’area non è idonea non perché lo dico io, ma perché lo dicono le regole scientifiche. Individuare qui un sito sarebbe una grande follia».

La follia non è là dove la vede chi da queste parti - città, paesoni, campagne - non vive, non è paura di un botto, un’esplosione accanto a casa, come nei «Missili in giardino» di Max Shulman (1954), divenuto film con Joan Collins e Paul Newman. È secondo Gianni Esposito, segretario generale della Cgil, nei danni che possono scorrere silenziosi tra i giardini appunto, le case, la quotidianità. Siamo di nuovo alle scorie: «Questa è, per i tumori, una zona rossa, ad alta densità di malattia. Ci sono anche diserbanti, un inceneritore, la discarica, va detto. Ma abbiamo già dato». Non nomina Eternit, l’amianto, ma scorre tra la gente, nei caffé o tra i banchi di una libreria, il suono ritmato delle udienze torinesi per il processo sulle morti passate, presenti e future di Casale. Ancora Esposito: «La mia paura? Che si arrivi a un baratto: non volete la centrale? Siete già attrezzati, vi terrete il sito delle scorie. Non è fattibile, non è giusto». Si parla di incentivi: «Certo. Dove sono stati i vantaggi della gente? Dovevano installare la produzione di pannelli fotovoltaici, quella sì che portava lavoro. L’hanno destinata a Catania».

Il Vercellese non sta facendo le prove di resistenza come fu l’inizio di No-Tav («Sarà dura», slogan coniato in dialetto dal Bové della Val Susa) quando cominciarono le cariche della forza pubblica. Ma fa educatamente sapere di essere pronto e compatto. Giampiero Godio, Legambiente: «Il nucleare in Piemonte c’è già. E non si può aprire alcuna nuova stagione senza chiudere con decenza quella passata. Non è pensabile imporre dall’alto qualcosa con leggi vessatorie. Confidiamo nella Regione, in un piano energetico firmato da una giunta di centrodestra presieduta da Enzo Ghigo che dice “si sceglie di non fare uso di fonte nucleare a scopo energetico”. L’imposizione senza consultare, decisa a livello centrale è un’esibizione di forza che fa i conti con la gente».

Godio elenca i rifiuti radioattivi italiani: «L’85% sta in Piemonte, quasi tutti a Saluggia, sulla sponda della Dora Baltea. Il Nobel Carlo Rubbia, quand’era presidente dell’Enea, disse che era un caso di pericolosità unico al mondo». Lo stesso Godio, durante un collegamento con «Striscia la notizia», definì il sito come luogo ideale per Bin Laden. Cita Trino, Saluggia, Bosco Marengo. Cita le concentrazioni di materiale pericoloso per ogni kilowattore prodotto: «Non Cernobyl che esplode: che dissemina».

E Cernobyl a casa sua non la vede nemmeno il sindaco leghista di Novara, Massimo Giordano. Alle voci poi più o meno smentite di un sito nel suo territorio, risponde con ironica flemma: «Sapere una decisione così importante, se vera, da voi non sarebbe bello». E se vera è? «Non si passa sulla popolazione, sappiamo che sa erigere muri. Si chiede una disponibilità? si danno garanzie? si mettono sul piatto incentivi seri? Diventa interessante andare a vedere. A vedere».

Nucleare "il sì definitivo entro giugno"

Nucleare "il sì definitivo entro giugno"

La Stampa del 14 maggio 2009, pag. 8

Raffaello Masci

Il dado è tratto: in Italia torna il nucleare, dopo che un referendum dell’87 l’aveva bandito. L’ultimo dei quattro articoli del ddl «sviluppo ed energia» che riapre la corsa all’atomo, quello che istituisce l’Agenzia per la sicurezza nucleare, ha ottenuto ieri l’ok del Senato. Ora mancano solamente il voto finale sull’intero ddl, slittato a stamattina per mancanza del numero legale, ed il sigillo della Camera. Dove, ha spiegato ieri il viceministro per lo Sviluppo Adolfo Urso, si tornerà per «una breve terza lettura. Ma entro giugno tutto dovrebbe passare in maniera definitiva». «Con l’approvazione del Senato il discorso è chiuso: il ddl sviluppo non subirà altre modifiche» ha commentato, lapidario, il ministro Scajola. Che in aula ha aggiunto: «Il nucleare non è costoso, non è sbagliato e non è contro le Regioni».

A questo punto, mentre il governo sarà impegnato nei prossimi sei mesi ad esercitare le deleghe, che gli consentiranno di tradurre in decreti applicativi le decisioni della legge, nel paese si aprirà un tormentato dibattito su dove allocare le centrali venture. C’è da attendersi non solo l’opposizione di alcuni enti locali, ma anche la proliferazione di comitati «denuclearizzati».

Adolfo Urso, che è stato delegato dal governo a seguire tutto il «dossier nucleare», ieri ha passato al giornata a rispondere ai senatori e ai cronisti che chiedevano lumi. Intanto - ha chiarito - entro giugno la legge sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Dopo di che si apre uno scadenzario molto pressante: entro sei mesi il governo deve esercitare le deleghe per individuare i siti degli impianti di produzione, quelli per lo smaltimento delle scorie, e - infine - le modalità di «compensazione» economica per le popolazioni interessate da queste nuove strutture.

La prima di queste istanze è quella che più preoccupa perché ha generato da subito polemiche. Esiste un documento del Cnen (poi diventato Enea) che risale agli anni Settanta e che individua alcuni siti idonei in Sardegna (tre posti), in Puglia, e nella valle del Po dal Vercellese fino a Mantova. Roberto della Seta, senatore del pd, ha fatto anche balenare l’ipotesi che il sito di Saluggia (Vercelli) possa diventare una sorta di grande discarica delle scorie. Considerando che i siti idonei ad ospitare gli impianti devono offrire garanzie di accesso all’acqua per raffreddare i reattori e condizioni sismiche rassicuranti, Greenpeace ritiene che quelli adatti siano pochissimi: le province di Vercelli e Pavia, l’isola di Pianosa in Toscana, le provincie di Ogliastra, Nuoro e Cagliari, ma anche Montalto di Castro.

La Regione Piemonte si è detta preoccupata e ha subito alzato barriere, così come altre regioni potenzialmente toccate dal piano nucleare (Puglia, Lazio, Toscana). Urso, quindi, è subito corso ai ripari, bollando tutte queste ipotesi come boutade generate da ragioni elettorali. «Nulla sarà deciso contro la volontà degli enti locali - ha chiarito - e comunque le indicazioni contenute nel documento del Cnen degli anni Settanta sono del tutto superate. Non sarà il governo a stabilire dove fare le centrali, ma saranno i tecnici a indicare tutti i siti potenzialmente idonei. In base a questi criteri, all’interesse degli enti locali e delle imprese che dovranno gestire gli impianti, si deciderà. Ma tutto questo è di la da venire». Ma c’è anche chi si è candidato ad accogliere le nuove centrali, come la Sicilia e il Friuli. Il governo, per intanto, inizierà una «grande campagna informativa» sui vantaggi del nucleare e anche sulle ricadute economiche che l’allestimento delle centrali comporterà per le popolazioni che vorranno ospitarle. Si parla di infrastrutture e occupazione ma anche di sconti sulle tariffe energetiche per imprese e cittadini. Che questo poi possa convincere gli scettici o i titubanti è altra questione.

Il nucleare al giro di boa: ma il voto al Senato slitta oggi

Il nucleare al giro di boa: ma il voto al Senato slitta oggi

Il Messaggero del 14 maggio 2009, pag. 23

Barbara Corrao

Ritorno al nucleare con voto a sorpresa. Era tutto pronto al Senato per il secondo giro di boa del ddl sullo «Sviluppo e l`internazionalizzazione delle imprese», quello appunto che sancisce il rientro dell`Italia nell`energia nucleare dopo vent`anni dal referendum, quando è mancato il numero legale. E il presidente di Palazzo madama Schifani. non ha potuto fare altro che rinviare il voto finale a stamattina alle 9,30. E dire che il ministro dello Sviluppo Scajola aveva appena finito di spiegare che le nuove norme (si va dalla lotta alla contraffazione all`accelerata sugli impianti e infrastrutture energetiche. alla class action e molto altro) sono «riforme attese da anni, in grado di rilanciare la competitività del Paese». Aveva anche detto che con l`approvazione al Senato il ddl «è chiuso. E` necessario farlo entrare in vigore nel tempo più breve, sicuramente prima dell`estate». «Noi abbiamo scelto la linea del confronto parlamentare. tanto alla Camera quanto al Senato e questo è durato a lungo» ha ricordato il ministro precisando che c`è stata convergenza su moltissimi articoli, su altri meno. Questa è la terza lettura, ora il provvedimento è praticamente chiuso e quindi il passaggio alla Camera sarà molto breve». E` a quel punto che l`opposizione ha fatto mancare il numero legale e il voto elettronico ha messo in evidenza l`assenza dei senatori della maggioranza: pare solo tre. Schifani ha tentato di prolungare la seduta ma poi ha dovuto prendere atto e ha rinviato a stamattina. Siamo comunque ad un passo dall`approvazione finale del testo che affida al governo la delega sulla scelta dei siti perle nuove centrali (un primo pacchetto di 4 le costruirà l`Enel con la francese Edf) e istituisce l`Autorità unica a cui sarà affidato il controllo su tutta la filiera dell`atomo e la responsabilità sulla sicurezza. Dato che a Palazzo Madama sono state approvate delle modifiche, il ddl dovrà affrontare un nuovo passaggio alla Camera. Il parlamento chiude il 27 maggio per le elezioni, ma si riprenderà subito dopo. E molti si aspettano che il governo proprio per chiudere definitivamente la partita, finisca per porre, in terza lettura, la questione di fiducia. Realisticamente, dunque, si punta a concludere entro fine giugno. Il provvedimento dà via libera all`inasprimento delle pene contro il reato di contraffazione, introduce la class action (ma non sarà retroattiva e ciò a suscitato molte polemiche). aumenta le royalties sulle concessioni di idrocarburi (dal 7 al 10%) e consente la nascita di un Fondo per ridurre il prezzo dei carburanti in quelle regioni che ospitano i campi produttivi: come, Basilicata, Veneto. Calabria, Sicilia e Abruzzo. Ieri è stata anche bocciata la nonna che voleva prorogare al 2015 i tetti antitrust per l`Eni sulla vendita di gas. E` stata infine aumentata dal 5,5 al 6.5 per cento l`addizionale Ires (la cosiddetta Robin tax) il che consentirà di coprire i fondi per l`editoria. L`avvicinarsi del ddl ai voto finale ha riaperto polemiche e contestazioni da parte dell`opposizione. «Andremo al conflitto istituzionale, troveremo ogni possibile strada per opporci», ha annunciato battagliera la governatrice del Piemonte, Mercedes Bresso. Seguita da esponenti regionali Pd in Toscana,Lazio, Sardegna. Contrari al nucleare Emma Bonino come anche la capogruppo Pd al Senato Finocchiaro che attacca «la figuraccia della maggioranza, Altrettanto grave è la forzatura della presidenza del Senato che ha imposto, senza che noi lo chiedessimo, di verificare se ci fossero le condizioni per votare». E le assicurazione del vice ministro Urso sul fatto che «non c`è alcuna mappa dei siti ancora aggiornata» non sono valse a placare le acque. Oggi il voto finale.

mercoledì 13 maggio 2009

Nucleare, via libera al piano per le centrali

Nucleare, via libera al piano per le centrali
ROBERTO PETRINI
13 MAGGIO 2009, LA REPUBBLICA

Bot, rendimenti al minimo storico. Fmi: ripresa nel 2010

Via libera del Senato all´articolo 14 del ddl "Sviluppo" con cui si conferisce al governo la delega per adottare, entro sei mesi, uno o più decreti legislativi di riassetto «per la localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare». Immediata la reazione dell´opposizione: una follia. Intanto, toccano il minimo storico i rendimenti dei Bot. E per l´Fmi la ripresa ci sarà nel 2010.
Nucleare, via libera del Senato sei mesi al governo per scegliere i siti
Passa l´autorizzazione unica. L´opposizione: niente controlli

Palazzo Madama approva la norma del ddl-sviluppo Il Pdl rinuncia a ripristinare l´agente monomandatario nelle assicurazioni



ROMA - Via libera del Senato al ritorno del nucleare in Italia. Ieri l´assemblea di Palazzo Madama ha approvato (con 142 sì e 105 no: sì del Pdl e dell´Udc, no del Pd e dell´Idv) gli articoli 14-15 e 16 del disegno di legge «Sviluppo ed energia» che danno al governo la delega per adottare entro sei mesi (nel precedente testo si parlava del 30 giugno 2009), e dopo una delibera del Cipe, più decreti per il ripristino dell´intera filiera di produzione dell´energia atomica: tipologia e disciplina per la localizzazione degli impianti, stoccaggio del combustibile, deposito dei rifiuti radioattivi. Sono previste procedure velocizzate per la costruzione delle centrali da parte di consorzi: la cosiddetta «autorizzazione unica» che sostituisce ogni tipo di licenza e nulla osta tranne la Via (valutazione impatto ambientale) e la Vas (valutazione d´impatto strategica). Sono previste inoltre «misure compensative in favore delle popolazioni interessate».
Dopo più di vent´anni si riapre dunque la strada all´energia nucleare: a bloccarla fu un referendum che si tenne l´8 novembre del 1987, l´anno dopo della tragedia di Chernobyl. I tempi del ritorno, per ora sono tutti da verificare: da segnalare tuttavia che nel febbraio scorso Berlusconi e Sarkozy hanno già siglato un´intesa per la produzione di energia nucleare che coinvolge Edf e Enel.
«Una scelta sbagliata e antieconomica», ha dichiarato la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro. «L´atomo di Berlusconi e Scajola era già vecchio, ora è decrepito», ha attaccato Roberto Della Seta del Pd il quale ha denunciato un aspetto in ombra della nuova normativa: non è chiaro infatti chi debba individuare i siti delle nuove centrali e c´è il rischio che questo compito spetterà alle grandi imprese dell´energia, e ciò potrà avvenire anche contro il parere delle Regioni in presenza del principio del potere sostitutivo del governo in mancanza di intesa con gli enti locali. Inoltre, sempre Della Seta, osserva polemicamente che i siti saranno oggetto di «segreto militare». Furenti i Verdi: per Grazia Francescato il «governo persevera in una follia antieconomica», mentre per Belisario (Idv) si tratta di una delega al governo «senza controlli».
Nel corso della votazione, assai contrastata e segnata ieri mattina dalla mancanza per quattro volte del numero legale per assenze nelle file della maggioranza, sono stati comunque inseriti alcuni emendamenti «migliorativi» da parte del Pd, accolti dal governo: uno di questi prevede che i benefici compensativi ai cittadini che vivono in prossimità delle nuove centrali saranno a carico delle imprese non saranno scaricati sugli utenti finali.

Centrali in Puglia, Sardegna e Piemonte contro i rischi di terremoti e inondazioni
Il dossier

Dalla costa di Ostuni a Lanusei, da Vercelli al Mantovano, la mappa dell´Enea
Il progressivo innalzamento dei mari mette fuori gioco larghi tratti di costa italiana
MAURIZIO RICCI


ROMA - In Sardegna, dalle parti di S. Margherita di Pula a sud. O anche sulla costa orientale, fra S. Lucia e Capo Comino. O più giù, davanti a Lanusei, alla foce del Rio Mannu. In Puglia, sulla costa di Ostuni. Lungo il Po, dal vercellese fino al mantovano, dove già esistevano le centrali di Trino e di Caorso. I siti dove localizzare le nuove centrali sono pochi e rischiano di essere molto affollati. Nei prossimi mesi, dovranno essere stabiliti i parametri, in base ai quali decidere dove collocare le future centrali. Sarà una fase di intenso mercanteggiamento con le autorità e le comunità locali, ma i margini di manovra sono ristretti anche dalla particolare conformazione geologica e costiera italiana.
Si può partire dalla mappa dei possibili siti che il Cnen (poi diventato Enea) disegnò negli anni ´70. E´ una mappa, però, largamente superata dagli eventi. In molte aree si è moltiplicata la densità abitativa, che il Cnen considerava un parametro sfavorevole. Soprattutto, è cambiato il rapporto con l´acqua. Le centrali hanno bisogno di molta acqua per raffreddare i reattori (questa acqua circola, naturalmente, fuori dal reattore) e, per questo vengono, di solito, costruite vicino ai fiumi o al mare. Il rischio, quando si tratta di fiumi, sono le piene, più frequenti negli ultimi decenni. Ma è un pericolo relativo: la centrale di Trino Vercellese, sette metri sopra il livello del Po, è sopravvissuta all´asciutto a due piene catastrofiche. Il problema, in realtà, non è troppa acqua, ma troppo poca. Il riscaldamento globale sta diminuendo la portata dei fiumi e c´è il dubbio che, in estate, la portata del Po non sia sufficiente per il raffreddamento delle centrali, mentre, contemporaneamente, si acuisce il problema di salvaguardare le falde acquifere, ad esempio in una zona di risaie, come il vercellese.
L´alternativa sono le coste e l´acqua del mare. Ma il riscaldamento globale innalzerà progressivamente, nei prossimi decenni, il livello dell´Adriatico, del Tirreno e dello Jonio, ponendo a rischio allagamento centrali costruite per durare, mediamente, una cinquantina d´anni. Il Cnen, ad esempio, aveva indicato fra le aree più idonee il delta del Po e quello del Tagliamento, nell´Adriatico settentrionale. Ma il suo successore, l´Enea, definisce tutta la costa adriatica a nord di Rimini come la zona italiana a più alto pericolo di allagamento, con un innalzamento - minimo - del livello del mare di 36 centimetri. In effetti, quest´altra mappa dell´Enea ripercorre gran parte della costa italiana. Sia Piombino che l´area della vecchia centrale di Montalto di Castro, nel Lazio, ad esempio, scontano un innalzamento minimo del livello del mare di 25 centimetri.
E lontano dalle coste? Qui, il problema sono i terremoti. Sono poche, come mostra la storia recente e meno recente, le zone italiane esenti dal rischio sismico. Secondo la carta dell´Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, davvero al riparo dai tremori della terra ci sono solo, oltre alla Sardegna, l´area di confine fra Piemonte e Lombardia e l´estremo lembo della Puglia. Naturalmente, una centrale può essere costruita con le più avanzate tecniche antisismiche. Qui, però, il problema non è tanto - o soltanto - l´eventualità di uno scuotimento catastrofico, che spacchi il reattore e riversi all´esterno la radioattività. Il problema sono fenomeni che compromettano il funzionamento del reattore. In Giappone, la più grande centrale atomica al mondo (Kashiwazi-Kariwa, non lontana da Tokyo) è ferma da due anni, in seguito ad un terremoto. L´impianto era stato costruito per reggere terremoti fino al grado 6 della scala Richter, ma si è rivelato un parametro ottimistico. Il terremoto del 2007 è stato pari a 6,8 gradi, una differenza enorme: dato che la scala è logaritmica, un grado in più significa un terremoto trenta volte più distruttivo. Non ci sono stati pericoli alla salute pubblica o fughe di radioattività, ma la Tepco (Tokyo Electric Power) ha dovuto, dal luglio del 2007, fermare i reattori, con un danno economico di quasi 6 miliardi di dollari, solo nel primo anno. Solo in questi giorni la Tepco si prepara a riavviare uno degli otto reattori della centrale.
Se sovrapponete la mappa dell´Enea sull´allagamento delle coste a quella dell´Istituto di geofisica, le aree a totale sicurezza (a prescindere dagli altri possibili parametri) che ne risultano sono quelle poche zone della Sardegna, della Puglia e del corso del Po. Qui, presumibilmente, si dovrebbero concentrare le centrali del piano nucleare italiano. Ma quante? Il governo ha finora parlato di quattro centrali. L´obiettivo dichiarato, tuttavia, è arrivare a soddisfare, con il nucleare, il 25 per cento del fabbisogno elettrico italiano. Le quattro centrali di cui si è, finora, parlato, arrivano, però, a poco più di un terzo. Secondo le previsioni della Terna, che gestisce la rete italiana, infatti, il fabbisogno elettrico italiano richiederà, già nel 2018, una potenza installata di 69 mila Megawatt. Le quattro centrali prospettate - che, peraltro, anche nell´ipotesi migliore, sarebbero completate 7-8 anni più tardi del 2018 - ne offrono solo 6.400, cioè il 9,2 per cento. Per arrivare al 25 per cento del fabbisogno, occorrono 17.500 Megawatt di potenza, quasi il triplo. In buona sostanza, per centrare quell´obiettivo non bastano quattro centrali da 1.600 Mw, come quelle ipotizzate finora. Ce ne vogliono 11.
Tutte in Sardegna, Puglia e Piemonte? E a quale costo? L´industria francese calcola, oggi, per la costruzione in Francia di una centrale tipo quelle italiane, un costo minimo di 4,5 miliardi di euro. I tedeschi di E.On scontano, per la costruzione di una centrale analoga, in Inghilterra, un costo di 6 miliardi di euro. Se si ritiene più attendibile, nel caso italiano, la valutazione di E.On per la centrale inglese, il costo complessivo dei quattro impianti italiani sfiora i 25 miliardi di euro. Per 11 impianti, da varare in rapida successione, si arriva vicini a 70 miliardi di euro, una cifra superiore al 4 per cento del prodotto interno lordo nazionale.




Mercedes Bresso, governatore del Piemonte: ho già chiesto ai legali di studiare le risposte da dare al governo
"Le Regioni non resteranno fuori ci opporremo con ogni mezzo"

Ci provino, e io appena so che area hanno scelto ci metto un vincolo agricolo o quant´altro e vediamo chi la spunta
MARCO TRABUCCO


TORINO - Mercedes Bresso, governatore del Piemonte, la delega al governo per la costruzione di nuove centrali nucleari lascia alle regioni solo la consolazione di un parere consultivo. Lei ci sta?
«Nemmeno per sogno, andremo al conflitto costituzionale, troveremo ogni possibile strada per opporci».
Ha già in mente come farlo?
«Ho già incaricato alcuni legali di studiare se e come può essere bypassato dal governo il risultato di un referendum popolare. Berlusconi in pochi giorni ha dimostrato quanto gli importa della volontà degli elettori: prima ha fatto rinascere il ministero del Turismo, bocciato da un referendum anni fa, senza nemmeno la foglia di fico di un cambiamento del nome, poi adesso parte con il nucleare. E non basta».
Cosa può ancora aggiungere?
«Che una decisione come quella di oggi dimostra che questo governo è il meno federalista della nostra storia, con buona pace della Lega: invece di decidere insieme alle regioni, si impone o ne scavalca le competenze, senza curarsi di nulla. E quando non sa più cosa dire minaccia di usare l´esercito come ha fatto l´altro giorno Berlusconi sulla Tav: in un momento tra l´altro in cui tensioni al riguardo proprio non ci sono».
Tra i possibili siti di cui si parla per ospitare una nuova centrale atomica ce ne sarebbe uno nella zona di Novara, non è sismica sarebbe al riparo da alluvioni. Se sarà scelto si opporrà?
«Sono pazzi: quell´area è sotto le rotte aeree di Malpensa, non ci sono solo l´acqua e i terremoti cui guardare. Certo che mi opporrei, in ogni modo: ci provino e io appena scopro che area hanno scelto ci metto un vincolo agricolo o quant´altro, poi vediamo chi la spunta. Il Piemonte ha già pagato il suo prezzo con l´amianto e con la vecchia centrale di Trino».
Non è che in questa vicenda le fa velo la sua notoria opposizione al nucleare?
«Io non sono contraria al nucleare, ma a questo nucleare, perché è inutile e costoso oltre che pericoloso. Sono invece favorevole alla ricerca per trovare altre forme di energia nucleare meno a rischio e più convenienti. Addirittura come Regione Piemonte stiamo pensando di iniziare un collaborazione con Rubbia. In più sono convinta che così si svia l´attenzione dalle energie alternative rinnovabili che sono il futuro e in cui l´Italia rischia di rimanere al palo».
Quindi il suo è un no ad oltranza?
«Certo, anche se sono convinta che nonostante tutti i proclami Berlusconi non ce la farà a far partire nulla: ci vogliono ben più dei 4 anni di governo che ha davanti per far partire un programma nucleare. Non hanno nemmeno ancora identificato il sito in cui mettere le scorie»

Nucleare, sì del Senato alla delega al Governo

Nucleare, sì del Senato alla delega al Governo

Il Secolo XIX del 13 maggio 2009, pag. 2

Il Senato ha dato il suo ok all`articolo 14 del disegno di legge "Sviluppo" che prevede una delega al governo in materia di nucleare. Il governo ad adotterà uno o più decreti legislativi di riassetto normativo per la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione elettrica nucleare; i sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e dei materiale nucleare; la definizione delle misure compensative minime da corrispondere alle popolazioni interessate. È stato dato anche l`ok ad alcuni emendamenti. In particolare è stato approvato un emendamento dei Pd che stabilisce che i benefici che verranno riconosciuti ai cittadini residenti e agli enti locali nel territorio circostante il sito e che saranno a carico delle imprese coinvolte nella costruzione e nella gestione del sito, non siano scaricati poi a spese «degli utenti finali». Un secondo emendamento dei Pd, approvato, stabilisce che le risorse finanziarie del fondo che le imprese interessate dovranno alimentare per lo smantellamento delle centrali nucleari e per lo smaltimento delle scorie «possono essere attribuite, oltre che alla Provincia e al Comune che ospitano la centrale nucleare, anche ai Comuni confinanti con quello in cui è situata la centrale».