l’Unità 10.2.10
«Il nucleare non produce posti di lavoro»
di Ma.Ge.
Il sondaggio è già fatto. L’80 per cento degli italiani vorrebbe che le energie rinnovabili fossero la fonte principale con cui produrre l’elettricità. Solo il 14 per cento opta per il nucleare. Emma Bonino l’ha portato con sé, insieme a qualche dato (studi della Bocconi, dati Enea e del Centro Europeo di Ricerche) che spiega perché «No» al nucleare. Un tema che entra direttamente nella campagna elettorale per il Lazio visto che «il governo ha già annunciato il piano delle nuove centrali nucleari e anche se non vuole dire prima delle elezioni dove saranno localizzate, pensando alla tecnologia scelta, quella francese di terza generazione, che ha bisogno di moltissima acqua per raffreddare i reattori, si può immaginare facilmente Lazio dove saranno collocate». Nel Lazio, i luoghi deputati sono due: Montalto di Castro e Borgo Sabotino. Ma il «no» alle centrali nucleari in questi due siti del Lazio ha ragioni anche più generali. «Usiamo delle cifre, così ci capiamo», dice Emma, che ha con sé uno studio dell’Enea e alcuni dati sull’impatto che avrebbe in termini di economia e occupazione puntare davvero sulle energie rinnovabili. Si parla di 10mila posti di lavoro solo nel Lazio entro il 2020, 250mila in tutta Italia. «Poi ci sono tutte le altre questioni, le scorie e tutto il resto». Ma il punto è anche che «di fronte alla crisi occupazionale, oltre a sostenere i lavoratori bisogna avere una visione del futuro», spiega la candidata del centrosinistra. E la scelta del nucleare come visione del futuro proprio non funziona. Quattro reattori doppi spiega infatti Emma costano 25-30 miliardi di euro. Se pure si comincia a costruirli nel 2013 il primo reattore sarà in funzione nel 2020. E secondo le «loro stime» quando tutto sarà in rete, «nel 2030, forse, non so bene», il nucleare coprirà il 4,5% dei consumi finali di energia. «È chiaro che non stiamo parlando di fondi privati, perché non conosco imprenditore che investe nel 2013 per avere il primo chilowatt nel 2020, al mondo non se ne sono trovati, dubito che ne troviamo da queste parti». Di contro lo studio dell’Enea «che non è esattamente un gruppo di Tupamaros» dice che un piano di efficienza energetica può partire subito, perché la tecnologia in Italia c’è già, che porterebbe occupazione perché si tratta di tecnologia media. E che può produrre in termini di efficienza energetica il doppio della scelta nucleare. «Ecco basterebbe partire da qui, dal rapporto tra costi e benefici e dall’immediatezza, per dire che è evidente che l’alternativa che indichiamo noi efficienza, ricerca, potenziamento rinnovabili è molto più fattibile, convincente e redditizia sia dal punto di vista occupazionale che energetico».
«Il nucleare non produce posti di lavoro»
di Ma.Ge.
Il sondaggio è già fatto. L’80 per cento degli italiani vorrebbe che le energie rinnovabili fossero la fonte principale con cui produrre l’elettricità. Solo il 14 per cento opta per il nucleare. Emma Bonino l’ha portato con sé, insieme a qualche dato (studi della Bocconi, dati Enea e del Centro Europeo di Ricerche) che spiega perché «No» al nucleare. Un tema che entra direttamente nella campagna elettorale per il Lazio visto che «il governo ha già annunciato il piano delle nuove centrali nucleari e anche se non vuole dire prima delle elezioni dove saranno localizzate, pensando alla tecnologia scelta, quella francese di terza generazione, che ha bisogno di moltissima acqua per raffreddare i reattori, si può immaginare facilmente Lazio dove saranno collocate». Nel Lazio, i luoghi deputati sono due: Montalto di Castro e Borgo Sabotino. Ma il «no» alle centrali nucleari in questi due siti del Lazio ha ragioni anche più generali. «Usiamo delle cifre, così ci capiamo», dice Emma, che ha con sé uno studio dell’Enea e alcuni dati sull’impatto che avrebbe in termini di economia e occupazione puntare davvero sulle energie rinnovabili. Si parla di 10mila posti di lavoro solo nel Lazio entro il 2020, 250mila in tutta Italia. «Poi ci sono tutte le altre questioni, le scorie e tutto il resto». Ma il punto è anche che «di fronte alla crisi occupazionale, oltre a sostenere i lavoratori bisogna avere una visione del futuro», spiega la candidata del centrosinistra. E la scelta del nucleare come visione del futuro proprio non funziona. Quattro reattori doppi spiega infatti Emma costano 25-30 miliardi di euro. Se pure si comincia a costruirli nel 2013 il primo reattore sarà in funzione nel 2020. E secondo le «loro stime» quando tutto sarà in rete, «nel 2030, forse, non so bene», il nucleare coprirà il 4,5% dei consumi finali di energia. «È chiaro che non stiamo parlando di fondi privati, perché non conosco imprenditore che investe nel 2013 per avere il primo chilowatt nel 2020, al mondo non se ne sono trovati, dubito che ne troviamo da queste parti». Di contro lo studio dell’Enea «che non è esattamente un gruppo di Tupamaros» dice che un piano di efficienza energetica può partire subito, perché la tecnologia in Italia c’è già, che porterebbe occupazione perché si tratta di tecnologia media. E che può produrre in termini di efficienza energetica il doppio della scelta nucleare. «Ecco basterebbe partire da qui, dal rapporto tra costi e benefici e dall’immediatezza, per dire che è evidente che l’alternativa che indichiamo noi efficienza, ricerca, potenziamento rinnovabili è molto più fattibile, convincente e redditizia sia dal punto di vista occupazionale che energetico».
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