mercoledì 13 maggio 2009

Nucleare, via libera al piano per le centrali

Nucleare, via libera al piano per le centrali
ROBERTO PETRINI
13 MAGGIO 2009, LA REPUBBLICA

Bot, rendimenti al minimo storico. Fmi: ripresa nel 2010

Via libera del Senato all´articolo 14 del ddl "Sviluppo" con cui si conferisce al governo la delega per adottare, entro sei mesi, uno o più decreti legislativi di riassetto «per la localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare». Immediata la reazione dell´opposizione: una follia. Intanto, toccano il minimo storico i rendimenti dei Bot. E per l´Fmi la ripresa ci sarà nel 2010.
Nucleare, via libera del Senato sei mesi al governo per scegliere i siti
Passa l´autorizzazione unica. L´opposizione: niente controlli

Palazzo Madama approva la norma del ddl-sviluppo Il Pdl rinuncia a ripristinare l´agente monomandatario nelle assicurazioni



ROMA - Via libera del Senato al ritorno del nucleare in Italia. Ieri l´assemblea di Palazzo Madama ha approvato (con 142 sì e 105 no: sì del Pdl e dell´Udc, no del Pd e dell´Idv) gli articoli 14-15 e 16 del disegno di legge «Sviluppo ed energia» che danno al governo la delega per adottare entro sei mesi (nel precedente testo si parlava del 30 giugno 2009), e dopo una delibera del Cipe, più decreti per il ripristino dell´intera filiera di produzione dell´energia atomica: tipologia e disciplina per la localizzazione degli impianti, stoccaggio del combustibile, deposito dei rifiuti radioattivi. Sono previste procedure velocizzate per la costruzione delle centrali da parte di consorzi: la cosiddetta «autorizzazione unica» che sostituisce ogni tipo di licenza e nulla osta tranne la Via (valutazione impatto ambientale) e la Vas (valutazione d´impatto strategica). Sono previste inoltre «misure compensative in favore delle popolazioni interessate».
Dopo più di vent´anni si riapre dunque la strada all´energia nucleare: a bloccarla fu un referendum che si tenne l´8 novembre del 1987, l´anno dopo della tragedia di Chernobyl. I tempi del ritorno, per ora sono tutti da verificare: da segnalare tuttavia che nel febbraio scorso Berlusconi e Sarkozy hanno già siglato un´intesa per la produzione di energia nucleare che coinvolge Edf e Enel.
«Una scelta sbagliata e antieconomica», ha dichiarato la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro. «L´atomo di Berlusconi e Scajola era già vecchio, ora è decrepito», ha attaccato Roberto Della Seta del Pd il quale ha denunciato un aspetto in ombra della nuova normativa: non è chiaro infatti chi debba individuare i siti delle nuove centrali e c´è il rischio che questo compito spetterà alle grandi imprese dell´energia, e ciò potrà avvenire anche contro il parere delle Regioni in presenza del principio del potere sostitutivo del governo in mancanza di intesa con gli enti locali. Inoltre, sempre Della Seta, osserva polemicamente che i siti saranno oggetto di «segreto militare». Furenti i Verdi: per Grazia Francescato il «governo persevera in una follia antieconomica», mentre per Belisario (Idv) si tratta di una delega al governo «senza controlli».
Nel corso della votazione, assai contrastata e segnata ieri mattina dalla mancanza per quattro volte del numero legale per assenze nelle file della maggioranza, sono stati comunque inseriti alcuni emendamenti «migliorativi» da parte del Pd, accolti dal governo: uno di questi prevede che i benefici compensativi ai cittadini che vivono in prossimità delle nuove centrali saranno a carico delle imprese non saranno scaricati sugli utenti finali.

Centrali in Puglia, Sardegna e Piemonte contro i rischi di terremoti e inondazioni
Il dossier

Dalla costa di Ostuni a Lanusei, da Vercelli al Mantovano, la mappa dell´Enea
Il progressivo innalzamento dei mari mette fuori gioco larghi tratti di costa italiana
MAURIZIO RICCI


ROMA - In Sardegna, dalle parti di S. Margherita di Pula a sud. O anche sulla costa orientale, fra S. Lucia e Capo Comino. O più giù, davanti a Lanusei, alla foce del Rio Mannu. In Puglia, sulla costa di Ostuni. Lungo il Po, dal vercellese fino al mantovano, dove già esistevano le centrali di Trino e di Caorso. I siti dove localizzare le nuove centrali sono pochi e rischiano di essere molto affollati. Nei prossimi mesi, dovranno essere stabiliti i parametri, in base ai quali decidere dove collocare le future centrali. Sarà una fase di intenso mercanteggiamento con le autorità e le comunità locali, ma i margini di manovra sono ristretti anche dalla particolare conformazione geologica e costiera italiana.
Si può partire dalla mappa dei possibili siti che il Cnen (poi diventato Enea) disegnò negli anni ´70. E´ una mappa, però, largamente superata dagli eventi. In molte aree si è moltiplicata la densità abitativa, che il Cnen considerava un parametro sfavorevole. Soprattutto, è cambiato il rapporto con l´acqua. Le centrali hanno bisogno di molta acqua per raffreddare i reattori (questa acqua circola, naturalmente, fuori dal reattore) e, per questo vengono, di solito, costruite vicino ai fiumi o al mare. Il rischio, quando si tratta di fiumi, sono le piene, più frequenti negli ultimi decenni. Ma è un pericolo relativo: la centrale di Trino Vercellese, sette metri sopra il livello del Po, è sopravvissuta all´asciutto a due piene catastrofiche. Il problema, in realtà, non è troppa acqua, ma troppo poca. Il riscaldamento globale sta diminuendo la portata dei fiumi e c´è il dubbio che, in estate, la portata del Po non sia sufficiente per il raffreddamento delle centrali, mentre, contemporaneamente, si acuisce il problema di salvaguardare le falde acquifere, ad esempio in una zona di risaie, come il vercellese.
L´alternativa sono le coste e l´acqua del mare. Ma il riscaldamento globale innalzerà progressivamente, nei prossimi decenni, il livello dell´Adriatico, del Tirreno e dello Jonio, ponendo a rischio allagamento centrali costruite per durare, mediamente, una cinquantina d´anni. Il Cnen, ad esempio, aveva indicato fra le aree più idonee il delta del Po e quello del Tagliamento, nell´Adriatico settentrionale. Ma il suo successore, l´Enea, definisce tutta la costa adriatica a nord di Rimini come la zona italiana a più alto pericolo di allagamento, con un innalzamento - minimo - del livello del mare di 36 centimetri. In effetti, quest´altra mappa dell´Enea ripercorre gran parte della costa italiana. Sia Piombino che l´area della vecchia centrale di Montalto di Castro, nel Lazio, ad esempio, scontano un innalzamento minimo del livello del mare di 25 centimetri.
E lontano dalle coste? Qui, il problema sono i terremoti. Sono poche, come mostra la storia recente e meno recente, le zone italiane esenti dal rischio sismico. Secondo la carta dell´Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, davvero al riparo dai tremori della terra ci sono solo, oltre alla Sardegna, l´area di confine fra Piemonte e Lombardia e l´estremo lembo della Puglia. Naturalmente, una centrale può essere costruita con le più avanzate tecniche antisismiche. Qui, però, il problema non è tanto - o soltanto - l´eventualità di uno scuotimento catastrofico, che spacchi il reattore e riversi all´esterno la radioattività. Il problema sono fenomeni che compromettano il funzionamento del reattore. In Giappone, la più grande centrale atomica al mondo (Kashiwazi-Kariwa, non lontana da Tokyo) è ferma da due anni, in seguito ad un terremoto. L´impianto era stato costruito per reggere terremoti fino al grado 6 della scala Richter, ma si è rivelato un parametro ottimistico. Il terremoto del 2007 è stato pari a 6,8 gradi, una differenza enorme: dato che la scala è logaritmica, un grado in più significa un terremoto trenta volte più distruttivo. Non ci sono stati pericoli alla salute pubblica o fughe di radioattività, ma la Tepco (Tokyo Electric Power) ha dovuto, dal luglio del 2007, fermare i reattori, con un danno economico di quasi 6 miliardi di dollari, solo nel primo anno. Solo in questi giorni la Tepco si prepara a riavviare uno degli otto reattori della centrale.
Se sovrapponete la mappa dell´Enea sull´allagamento delle coste a quella dell´Istituto di geofisica, le aree a totale sicurezza (a prescindere dagli altri possibili parametri) che ne risultano sono quelle poche zone della Sardegna, della Puglia e del corso del Po. Qui, presumibilmente, si dovrebbero concentrare le centrali del piano nucleare italiano. Ma quante? Il governo ha finora parlato di quattro centrali. L´obiettivo dichiarato, tuttavia, è arrivare a soddisfare, con il nucleare, il 25 per cento del fabbisogno elettrico italiano. Le quattro centrali di cui si è, finora, parlato, arrivano, però, a poco più di un terzo. Secondo le previsioni della Terna, che gestisce la rete italiana, infatti, il fabbisogno elettrico italiano richiederà, già nel 2018, una potenza installata di 69 mila Megawatt. Le quattro centrali prospettate - che, peraltro, anche nell´ipotesi migliore, sarebbero completate 7-8 anni più tardi del 2018 - ne offrono solo 6.400, cioè il 9,2 per cento. Per arrivare al 25 per cento del fabbisogno, occorrono 17.500 Megawatt di potenza, quasi il triplo. In buona sostanza, per centrare quell´obiettivo non bastano quattro centrali da 1.600 Mw, come quelle ipotizzate finora. Ce ne vogliono 11.
Tutte in Sardegna, Puglia e Piemonte? E a quale costo? L´industria francese calcola, oggi, per la costruzione in Francia di una centrale tipo quelle italiane, un costo minimo di 4,5 miliardi di euro. I tedeschi di E.On scontano, per la costruzione di una centrale analoga, in Inghilterra, un costo di 6 miliardi di euro. Se si ritiene più attendibile, nel caso italiano, la valutazione di E.On per la centrale inglese, il costo complessivo dei quattro impianti italiani sfiora i 25 miliardi di euro. Per 11 impianti, da varare in rapida successione, si arriva vicini a 70 miliardi di euro, una cifra superiore al 4 per cento del prodotto interno lordo nazionale.




Mercedes Bresso, governatore del Piemonte: ho già chiesto ai legali di studiare le risposte da dare al governo
"Le Regioni non resteranno fuori ci opporremo con ogni mezzo"

Ci provino, e io appena so che area hanno scelto ci metto un vincolo agricolo o quant´altro e vediamo chi la spunta
MARCO TRABUCCO


TORINO - Mercedes Bresso, governatore del Piemonte, la delega al governo per la costruzione di nuove centrali nucleari lascia alle regioni solo la consolazione di un parere consultivo. Lei ci sta?
«Nemmeno per sogno, andremo al conflitto costituzionale, troveremo ogni possibile strada per opporci».
Ha già in mente come farlo?
«Ho già incaricato alcuni legali di studiare se e come può essere bypassato dal governo il risultato di un referendum popolare. Berlusconi in pochi giorni ha dimostrato quanto gli importa della volontà degli elettori: prima ha fatto rinascere il ministero del Turismo, bocciato da un referendum anni fa, senza nemmeno la foglia di fico di un cambiamento del nome, poi adesso parte con il nucleare. E non basta».
Cosa può ancora aggiungere?
«Che una decisione come quella di oggi dimostra che questo governo è il meno federalista della nostra storia, con buona pace della Lega: invece di decidere insieme alle regioni, si impone o ne scavalca le competenze, senza curarsi di nulla. E quando non sa più cosa dire minaccia di usare l´esercito come ha fatto l´altro giorno Berlusconi sulla Tav: in un momento tra l´altro in cui tensioni al riguardo proprio non ci sono».
Tra i possibili siti di cui si parla per ospitare una nuova centrale atomica ce ne sarebbe uno nella zona di Novara, non è sismica sarebbe al riparo da alluvioni. Se sarà scelto si opporrà?
«Sono pazzi: quell´area è sotto le rotte aeree di Malpensa, non ci sono solo l´acqua e i terremoti cui guardare. Certo che mi opporrei, in ogni modo: ci provino e io appena scopro che area hanno scelto ci metto un vincolo agricolo o quant´altro, poi vediamo chi la spunta. Il Piemonte ha già pagato il suo prezzo con l´amianto e con la vecchia centrale di Trino».
Non è che in questa vicenda le fa velo la sua notoria opposizione al nucleare?
«Io non sono contraria al nucleare, ma a questo nucleare, perché è inutile e costoso oltre che pericoloso. Sono invece favorevole alla ricerca per trovare altre forme di energia nucleare meno a rischio e più convenienti. Addirittura come Regione Piemonte stiamo pensando di iniziare un collaborazione con Rubbia. In più sono convinta che così si svia l´attenzione dalle energie alternative rinnovabili che sono il futuro e in cui l´Italia rischia di rimanere al palo».
Quindi il suo è un no ad oltranza?
«Certo, anche se sono convinta che nonostante tutti i proclami Berlusconi non ce la farà a far partire nulla: ci vogliono ben più dei 4 anni di governo che ha davanti per far partire un programma nucleare. Non hanno nemmeno ancora identificato il sito in cui mettere le scorie»

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