Noi, razionali e anti atomo
Silvia Ballestra
L'Unità, 28/03/2011
Avere paura del nucleare, viste le notizie che arrivano dal Giappone, è una reazione non solo giustificata, ma doverosa: la paura è un allarme che segnala il pericolo e aiuta ad evitarlo. Eppure questa sacrosanta, sana e vitalissima paura, è stata subito archiviata - e sbertucciata e anche irrisa - sotto la voce: "emotività". Insomma, ci hanno spiegato nuclearisti vari, scienziati della lobby atomica e altri razionalissimi esperti, siamo "emotivi", non possiamo capire, non abbiamo la mente lucida, ma inquinata dalle emozioni. Poveri noi! E beati loro, invece, anche se con tutta quella scienza e incrollabile fiducia nel progresso nucleare, non ci sanno ancora spiegare dove mettere le scorie, come fare centrali sicure, come affrontare non dico disastri di livello cinque, o sei, o sette, ma nemmeno piccoli incidenti.
L'accusa di "emotività" in materia nucleare rasenta l'assurdo se si pensa alla posizione della Merkel: ammetterete che dire "emotivo come un tedesco" sembra una battuta. Con la sua moratoria di un anno, il governo punta a far passare "l'ondata emotiva", con l'obiettivo di boicottare il referendum. Una truffa. Il tutto avviene, paradosso italiano, mentre altre emotività prendono la scena. Lo sbarco di alcune migliaia di profughi che diventa "invasione". O il timore che arrivino qui dei "poligami" (si è letto anche questo). O il governatore Lombardo che davanti ai profughi dice "ci vorrebbe il fucile". Tutte le emotività più bislacche, ridicole e pericolose sono ammesse. Ma sul nucleare no, serve razionalità. E qui sta il punto: aver paura del nucleare sarà anche emotivo. Dire no alle centrali, invece, è molto più razionale che accettarle senza saperle controllare, balbettando sulle scorie, negando i pericoli anche quando esplodono evidenti a tutti.
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