La Bomba dimenticata
di Emanuele Giordana
Il Manifesto del 12/11/2008
Scoop della Bbc: nel 1968 gli americani, in gran segreto, smarrirono una atomica nei ghiacciai di Groenlandia
«Il mistero della bomba nucleare americana scomparsa». Titolo secco per lo scoop con cui la Bbc ha allietato con un nuovo incubo atomico i suoi vasti lettori. La notizia rimbalza su giornali e siti Internet e si può riassumere in poche righe. Corre l'anno 1968. Il mondo si occupa d'altro e gli americani perdono, in gran segreto perché sono anche in territorio danese dove le operazione nucleari sono vietate, una... bomba atomica.
Finisce sotto il ghiaccio del Nord della Groenlandia, a seguito di un incidente a un bombardiere B-52. Il fattaccio accade a pochi chilometri dalla base militare di Thule (e forse qualche mattacchione ricorderà «Ho veduto», una canzone dei New Trolls, gruppo in voga degli anni Sessanta-Settanta, che parlava appunto dei...ghiacci di Thule). In realtà c'è ben poco da ridere.
La Bbc, sulla base di documenti declassificati grazie alla legge americana sulla libertà di informazione, il Freedom of Information Act (Foia), scopre infatti che il 21 gennaio del 1968, un B-52 si è schiantato sul ghiaccio a pochi chilometri dalla base militare americana, sulla costa nord-occidentale della Groenlandia (territorio danese), perdendo il suo pericoloso carico di bombe. Thule è la base più settentrionale delle forze armate americane ed era un centro nevralgico del sistema di radar che proteggevano il paese durante la Guerra fredda. Le squadre di recupero si mettono al lavoro per cercare le bombe e bonificare il terreno (come racconta anche un video desecretato che mostra appunto l'operazione) ma ne trovano solo tre. Una non venne mai recuperata, nonostante le ricerche anche sottomarine. Probabilmente è rimasta imprigionata nei ghiacci settentrionali ad aspettare che venga restituita dall'effetto serra.
L'incidente è stato tenuto segreto per quarant'anni e per altro, riferisce la Bbc, gli americani ritengono che la radioattività si sia dissolta nella massa d'acqua e che non ci sia dunque più pericolo. Ma la faccenda resta inquietante: Per diversi motivi.
Il primo è strettamente connesso alla pericolosità di una bomba all'uranio e al rilascio dei suoi veleni. Difficile accettare a scatola chiusa le rassicurazioni di Washington. La seconda riguarda invece l'effetto positivo del Freedom of Information Act, una legge ottima che consente (cosa che in Italia avviene da pochissimi mesi) di poter leggere i documenti desecretati. Ma se questa è una buona notizia che di preoccupazioni non ne desta, l'Amministrazione si riserva di far rimanere segreti alcuni documenti ritenuti troppo sensibili. In buona sostanza, quando arriviamo alla verità, trenta o quarant'anni dopo, la conosciamo solo a fino a un certo punto.
La battaglia per la legge sulla libertà di informazione è però in continua evoluzione e la legge americana è un ottimo provvedimento pur con tutti i distinguo: qualche caso?
Iniziamo dal nucleare. Grazie ai National Security Archives (Nsa), una istituto di ricerca indipendente che studia i documenti desecretati per merito del Foia, sappiamo ad esempio quasi tutto su un documento che arrivò il 7 febbraio del 1969 sul tavolo di Henry Kissinger. Era un memorandum segreto sul possibile impatto della capacità nucleare di Israele sulla politica degli Stati Uniti. Il primo capoverso, intitolato «Il problema», spiegava che le fonti di intelligence indicavano come Israele stesse «sviluppando rapidamente la capacità di produrre e schierare armi nucleari»: missili terra-terra oppure ordigni da sganciarsi dall'aria. «Avendo coscienza delle implicazioni negative» che comporterebbe rendere nota la cosa, proseguiva il documento redatto da Henry Howen del dipartimento di Stato, Israele stava lavorando al programma «clandestinamente» finché non fosse stato in grado di decidere il modo in cui dispiegare la sua forza nucleare. I documenti rivelarono dunque, e solo nel 2006, non solo che Israele lavorava clandestinamente all'atomica, ma che gli americani se ne preoccupavano. E molto. Nondimeno le carte più «sensibili» (i famosi file Nssm 40 custoditi in un'apposita valigetta) resteranno coperti dal segreto di stato.
I Nsa hanno rivelato moltissimo dei segreti della Casa bianca, della Difesa e del Dipartimento di stato con un'operazione di grande trasparenza: dalla luce verde all'indonesiano Suharto per invadere Timor Est, a quella non meno verde al dittatore cileno Pinochet o ai militari argentini.
Proprio qualche giorno fa, il 5 novembre, il giudice Gladys Kessler del distretto giudiziario della Columbia, ha riconosciuto ai Nsa lo status di media e dunque il diritto di fare una serie di richieste che la Cia aveva rispedito al mittente giudicando improprio il soggetto che le richieste aveva sottoposte. Ma il giudice ha stabilito che se i Nsa sono un «new media», hanno anche il diritto di porre i quesiti che più ritengono opportuni, ossia richiedere i documenti che meglio possono far loro attendere al lavoro di un media: informare il pubblico. Ma la battaglia è dura.
Nel febbraio del 2006 diverse associazioni statunitensi (i Nsa ma anche National History Coalition, Public Citizen Litigation Group, Society for the Historians of American Foreign Relations) scrissero a a William Leonard, direttore dell'Information Security Oversight Office (Isoo) facendogli presente una «cultura della segretezza» dura a morire. Si trattava proprio di la secretazione di documenti desecretati da parte di diverse agenzie di intelligence: circa 55mila pagine che erano oramai da tempo disponibili e che, tra l'altro sono state già in parte rese note dalla stampa o dagli storici. La giustificazione risederebbe nel fatto che taluni documenti che dovevano restare segreti sarebbero stati desecratati per «errore», cioè inavvertitamente, da parte dei National Archives and Records Administration (Nara). Alcuni di questi documenti, secondo gli storici, sarebbero totalmente inoffensivi (le mappe ad esempio) mentre altri erano effettivamente «imbarazzanti».
Lettera22
di Emanuele Giordana
Il Manifesto del 12/11/2008
Scoop della Bbc: nel 1968 gli americani, in gran segreto, smarrirono una atomica nei ghiacciai di Groenlandia
«Il mistero della bomba nucleare americana scomparsa». Titolo secco per lo scoop con cui la Bbc ha allietato con un nuovo incubo atomico i suoi vasti lettori. La notizia rimbalza su giornali e siti Internet e si può riassumere in poche righe. Corre l'anno 1968. Il mondo si occupa d'altro e gli americani perdono, in gran segreto perché sono anche in territorio danese dove le operazione nucleari sono vietate, una... bomba atomica.
Finisce sotto il ghiaccio del Nord della Groenlandia, a seguito di un incidente a un bombardiere B-52. Il fattaccio accade a pochi chilometri dalla base militare di Thule (e forse qualche mattacchione ricorderà «Ho veduto», una canzone dei New Trolls, gruppo in voga degli anni Sessanta-Settanta, che parlava appunto dei...ghiacci di Thule). In realtà c'è ben poco da ridere.
La Bbc, sulla base di documenti declassificati grazie alla legge americana sulla libertà di informazione, il Freedom of Information Act (Foia), scopre infatti che il 21 gennaio del 1968, un B-52 si è schiantato sul ghiaccio a pochi chilometri dalla base militare americana, sulla costa nord-occidentale della Groenlandia (territorio danese), perdendo il suo pericoloso carico di bombe. Thule è la base più settentrionale delle forze armate americane ed era un centro nevralgico del sistema di radar che proteggevano il paese durante la Guerra fredda. Le squadre di recupero si mettono al lavoro per cercare le bombe e bonificare il terreno (come racconta anche un video desecretato che mostra appunto l'operazione) ma ne trovano solo tre. Una non venne mai recuperata, nonostante le ricerche anche sottomarine. Probabilmente è rimasta imprigionata nei ghiacci settentrionali ad aspettare che venga restituita dall'effetto serra.
L'incidente è stato tenuto segreto per quarant'anni e per altro, riferisce la Bbc, gli americani ritengono che la radioattività si sia dissolta nella massa d'acqua e che non ci sia dunque più pericolo. Ma la faccenda resta inquietante: Per diversi motivi.
Il primo è strettamente connesso alla pericolosità di una bomba all'uranio e al rilascio dei suoi veleni. Difficile accettare a scatola chiusa le rassicurazioni di Washington. La seconda riguarda invece l'effetto positivo del Freedom of Information Act, una legge ottima che consente (cosa che in Italia avviene da pochissimi mesi) di poter leggere i documenti desecretati. Ma se questa è una buona notizia che di preoccupazioni non ne desta, l'Amministrazione si riserva di far rimanere segreti alcuni documenti ritenuti troppo sensibili. In buona sostanza, quando arriviamo alla verità, trenta o quarant'anni dopo, la conosciamo solo a fino a un certo punto.
La battaglia per la legge sulla libertà di informazione è però in continua evoluzione e la legge americana è un ottimo provvedimento pur con tutti i distinguo: qualche caso?
Iniziamo dal nucleare. Grazie ai National Security Archives (Nsa), una istituto di ricerca indipendente che studia i documenti desecretati per merito del Foia, sappiamo ad esempio quasi tutto su un documento che arrivò il 7 febbraio del 1969 sul tavolo di Henry Kissinger. Era un memorandum segreto sul possibile impatto della capacità nucleare di Israele sulla politica degli Stati Uniti. Il primo capoverso, intitolato «Il problema», spiegava che le fonti di intelligence indicavano come Israele stesse «sviluppando rapidamente la capacità di produrre e schierare armi nucleari»: missili terra-terra oppure ordigni da sganciarsi dall'aria. «Avendo coscienza delle implicazioni negative» che comporterebbe rendere nota la cosa, proseguiva il documento redatto da Henry Howen del dipartimento di Stato, Israele stava lavorando al programma «clandestinamente» finché non fosse stato in grado di decidere il modo in cui dispiegare la sua forza nucleare. I documenti rivelarono dunque, e solo nel 2006, non solo che Israele lavorava clandestinamente all'atomica, ma che gli americani se ne preoccupavano. E molto. Nondimeno le carte più «sensibili» (i famosi file Nssm 40 custoditi in un'apposita valigetta) resteranno coperti dal segreto di stato.
I Nsa hanno rivelato moltissimo dei segreti della Casa bianca, della Difesa e del Dipartimento di stato con un'operazione di grande trasparenza: dalla luce verde all'indonesiano Suharto per invadere Timor Est, a quella non meno verde al dittatore cileno Pinochet o ai militari argentini.
Proprio qualche giorno fa, il 5 novembre, il giudice Gladys Kessler del distretto giudiziario della Columbia, ha riconosciuto ai Nsa lo status di media e dunque il diritto di fare una serie di richieste che la Cia aveva rispedito al mittente giudicando improprio il soggetto che le richieste aveva sottoposte. Ma il giudice ha stabilito che se i Nsa sono un «new media», hanno anche il diritto di porre i quesiti che più ritengono opportuni, ossia richiedere i documenti che meglio possono far loro attendere al lavoro di un media: informare il pubblico. Ma la battaglia è dura.
Nel febbraio del 2006 diverse associazioni statunitensi (i Nsa ma anche National History Coalition, Public Citizen Litigation Group, Society for the Historians of American Foreign Relations) scrissero a a William Leonard, direttore dell'Information Security Oversight Office (Isoo) facendogli presente una «cultura della segretezza» dura a morire. Si trattava proprio di la secretazione di documenti desecretati da parte di diverse agenzie di intelligence: circa 55mila pagine che erano oramai da tempo disponibili e che, tra l'altro sono state già in parte rese note dalla stampa o dagli storici. La giustificazione risederebbe nel fatto che taluni documenti che dovevano restare segreti sarebbero stati desecratati per «errore», cioè inavvertitamente, da parte dei National Archives and Records Administration (Nara). Alcuni di questi documenti, secondo gli storici, sarebbero totalmente inoffensivi (le mappe ad esempio) mentre altri erano effettivamente «imbarazzanti».
Lettera22
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